Critica Sociale - Anno XXIV - n. 7 - 1-15 aprile 1914

106 CRffICA SOCIALE ROVEUIAMEnTO DITAV LE DIVAlORI ffAZIOffAllnl Lasciamole per questa volta rovesciare a più possenti braccia che non sian le nostre: l:l.lle brac~ eia del cosiddetto Barbaro Enorme che tant'altn idoli rovesciò e fu, in momenti buoni, ingegno ac– corto e profondo. Tanto più che dalla fraseologia di lui s'imbellettano, con il buon gusto di una meretrice da baiocchi, molte articolesse imperiali– ste, e ai suoi superbi van~i tolgono le penne p~r vestirsene con l'onestà d1 quella tal cornacchia maliziosa ,e fella, taluni malvagi uccelli dai quali i poveri di spirito si lasciano facilmente infmoc– cbiare. Ora ecco, per chi non li conoscesse, quali cu– riosi giudizi lasciò scritti sul nazionalismo il Nietz– sche: e cominciamo da· quel che si legge a pa– gina 118 del la traduzione italiana dell'Ecce homo: " Quando sul ponte tra due secoli di decadenza ap– parve una farce majeur di genio e di volontà, forte Non sapremmo rispondere noi: ma certo avranno essi aspirato ad una luce del futuro diversa d!l,l ìuturismo marinettiano rabbiosamente nazionalista, del quale futurismo la pll,Ilcia nitidamente borghese è tutta pregna di gas del passato. E veramente per un futurismo che gitta gridi rauchi di gioia verso la guerra di conquista (da Ciro in poi una delle forme più banali di passatismo) o che vuole ricondurre il linguaggio alle parore in libertà (pro– .cessi di reversione verso il passato in cui l'uomo pai·lait point mais c1•iait, murmurait ou g1·0-· gnait), non valeva la pena di ·mettere il mondo a rumore e di correre tanti pae~i fino in Russia e di pisciare in tanta neve, per usare una stupenda frase del Machiavelli. Dalla quale anche risulta che il parlare sboccato non è una trovata futu– rista, E poichè, a questi tempi, più volte si è parlato e si parla . in Italia di un risveglio cumulativo e parallelo di imperialismo e di intelligenza e di cultura, mi piace che sia ricordato anche su que– sto proposito il pensiero dell/J stesso autore (Was abbastanza per fare dell'Europa un'unità politica ed den Deittschen abgeht): economica, i, tedeschi, con le, loro "guerre d'jndipeµ- _ , ., " , . . . .,, , ,. , . ,, . r . 1 denza ,, impedirono all'Europa di sentire il significato, In fin .d~i contt ~:ss~u? P_uòd~r? pm .dt qu~l che il meraviglioso significato dell'esistenza di Napoleone. ha: -: COSI ~ per gh mdtv1du 1 , cosI e per I ~?poli; Se Perciò es~i hanno sulla coscienza tutto ciò che avvenne uno SI prodiga per _la potenza, la grande poht1ca, 1 ec~– poi, che oggi è: la malattia, la si:agiouevolezza più no_~ia, il co_m~e_rci~in~ernazional~, i~ parlamentarismo, conti·ai·ie alla coltu1"a: il nazionalismo questa névi·ose gh rnteress1 m1htan, - se uno diss1pa da questo lato nationale di cui soffre l'Europa, qL1esta prohrngazione, la dose di r~gione, di serietà, di volontà, di domi– all'infinito della divisione dell'Europa in piccoli Stati nio di sè che possiede, l'altro lato ne risentirà. La della piccola politica: hanno privato l'Europa persin.d CultL1ra e lo Stato - nessuno s'inganni ~u ciò - sono del proprio significato, .della sua ragione ,,. antagonisti. " Stato-Cultura ,, è puramente un'idea mo– E tre anni prima aveva scritto nell'Al cli là del bene e del male: · " Grazie alla morbosa avversione, che il delirio del nazionalismo ha suscitato tra i popoli d'Europa, e man– tiene viva oggi ancora; grazie ai politici dalla vjsta corta e dalla mano troppo ratta, i quali per virtù d'una tale avversione sono in auge e non presentono nem– meno come la politica dissolvente da essi preferita non possa essere che una politica da inter~ezzo - grazie a tutto ciò ed a qualcosa d'altro.che oggidi non si può esprimere, si trascurano o si interpretano arbitraria– mente e bugiardamente gli indizi più sicuri della vo– lontà d'unificazione delt'Eur9pa. Ttltto il lavorio segreto dell'anima degli uomini più profondi e di larghe ve– dute tendeva a prepara1'e una simile sintesi e cercare di anticipare l'Europa dell'avvenire; soltanto in appa– renza oppure nelle ore deboli o nella vecchiaia, essi parteggiar.ono pe}. principio della " naziqpalità,, ,,- .e si riposavano di loro .stessi diventando "patrioti,,. Il mio pentiero ricorre agir uomini che avean nome Na– poleone, Goethe, Beethoven, Stendhal, Enrico Heine, Schopenhauer. Non si mova rimprovero se a questi nomi aggiungo anche quello di Riccardo Wagner, sul conto del quale non bisogna lasciarsi indurre a for– marsi un falso concetto sulla base dei suoi propri ma– lintesi - geni della sua specie banno raramente il di– ritto d'intendere Re stessi. Ancor meno si deve far qualche conto del chiasso triviale che si fa in Francia contro di lui; - è un fatto cionondimeno incontrasta– bile che tra la neoromantica francese di cinquant'anni fa e Riccardo Wagner esiste un'intima affinità. Essi s'accomunano. intimamente sui culmii:.i e nelle profon– dità delle loro aspirazioni: è l'Europa una di cui l'a– nima si spinge nella loro arte multipla ed imperiosa, aspirando al di fuori e verso l'alto, - a che cosa mai? - Ad una nuova luce? ad un nuovo sole?.... ,,. BibliotecaGino Bianco derna. L'uno vive dell'altra, l'uno prospera a detrì– mento dell'altra. Tutte le grandi epoche di cultura sono epoche di decadenza politica; ciò che ·è grande nel senso della cultura è stato non-politico, e anche antipoliticv .... Il cuore di Goethe si è aperto davanti al fenomeno Napoleone, si è chiuso davanti le "guerre d'indipendenza,,.... Al momento che la Germ~nia si eleva come grande potenza, la Francia prende un'im– portanza novella come potenza di cultu1·a.... Nella sto·- ria della cultura europea il montare del!' "Impero 1 ,, significa prima di tut,to una cosa: uno spostamento del centro di gravità ,,. ' · Nietzsche in questi brani· l)a più' d!una volta nominato Goethe; a me. pare di finfr bene rile– vando dai Colloqui con Ecliermann la sdegnosa protesta goethiana contro il Tonzare dei rimpro• veri nazionalisti che 10· infastidirono negli ultimi anni: ." È un inondo' 'assurdo· - còsì egl~ proro~fEÌ' _:rie;~ Colloq-i1:io del 14. marzo 1830 - che non sa quello che si vuole e bisogna lasciarlo dire e fare come gli piace. Come avrei io potuto prendere le armi senza odio? ·E più oltre: " Scrivere canzoni di guerra e rimanermene nella mfa stanza: .così avrei dov·uto fare? No. Fuori del bivaccò, dove di notte si sentono nitrire i cavalli degli avampo– sti nemici; là mi sarebbe piaciuto di essere. Ma non era la mia vita; non era quello il fatto mio. Era il fatto di Teodoro Korner. A lui le canzoni di guerra stanno perfettamente bene. Per me, che non ho nessuna in– dole, nessun sentimento guerresco, le canzoni di guerra sarebbero riuscite una maschera, che si sarebbe· assai · male adattata'. al mio viso. La mia poesia non conosce affettazioni. Ciò che io non ho vissuto, ciò che non mi · ha bruciatò' le Ùnghie e non mi ha costretto a fare, io · non l'ho poeta.tò , non l'ho espresso mai. Io !io scritto I ' I I

RkJQdWJsaXNoZXIy