Critica Sociale - Anno XXIV - n. 1 - 1-15 gennaio 1914

CRITICA SOCIALE 11 'invecchiata, meno reale che costruita di maniera, se– -condo un archetipo fiss0, valevole ·per tutte le latitu– <lini. E le nuove formazioni, i nuovi centri ideali gli . t1fuggono: c'è tutto un mondo ignorato, voluto ignorare, -che si sviluppa, si accresce, si espande; che non im- -contra la critica, perchè i critici son di qua; che è 'l'ultimo a parlare (e quindi ad aver ragione), perchè gli altri han parlato prima, -credendo di a'(erlo già de– molito; che è ormai il ~olo cui arride l'avvenire, perchè tutti gli altri appartengono al passato. Eppure iJ. socialismo, se vuol restare nella storia, non può negare a prio?'i i valori che in questa si vengono formando. Se esso non è aspettazione, ma " realizza– -zione ,, , Ja storia gli appartiene, e gl'impone accetta– zioni, riconoscimenti, adesioni. Dell'idealismo esso può accogliere quasi tutti i punti essenziali, e farli suoi, fecondarli, potenziarli. I valori immateriali non sono monopolio d'alcuno, nè è in potere d'alcuno l'elimi– narli. Il socialismo, specialmente, non ne ha l'inte– Tesse, esséndo u'n mdvimento di volontà e non una meccanica di forze, un'opera di critica e di negazione, non un accrescimento piatto e opaco della realtà esi- . ,stante. Inoltre, volontà, critica, negazione non possono utilmente esercitarsi che su una semplice fase di storia, -e pure grossolanamente tagliata; non già sui valori umani immanenti, che, creduti vinti oggi, risorgono più impetuosi domani, ad affermare un diritto alla vita, il ·quale trascende questo o quel momento, e in– veste l'umanità nella pienezza della sua storia, nella -singolarità del suo éssere. Io n.on so proprio qual -danno verrebbe al socialismi), se sostituisse alla sua materialistica una premessa idealistica; se al posto di -:Biichner o di Spencer ponesse Cartesio, Kant, Hegel o J3ergson; se facesse un po' i conti, per esempio, col ve~covo Berkeley; o se si ricordasse, talvolta, del Ji'ichte. C'è, forse, davvero· bisogno di credere alla -scienza di Ernesto Haeckel, per poter affermare che il proletariato esproprierà la borghesia, o costruirà, in un avvenire più o meno prossimo, tutto un sistema di -controlli alla produzione e alla distribuzione della rie· chezza, nel che sara propriamente il socialismo? E _c'è proprio bisogno di negare il " cogito ,, cartesiano o l' " esse est percipi ,, di Berkeley, per poter sostenere la efficacia rivoluzionaria della prassi operaia? O non -è possibile, per esempio, conciliare la fede nel " nou– meno,, kantiano con quella nel socialismo, la filosofia {lei valori col valore della nuova formazione proletaria? Vi seno incompatibilità, vi sono dissidi, che non si · spiegano se non psicologicamente. Frutto di educa– -~ione, e spirito di contraddizione. Il materialismo fu il pane· intellettuale della passata generazione, nella quale l'idea socialista si sviluppò; e, d'altra parte, basta che .gli avversari affermino il loro idealismo, perchè ci si -creda in dovere di opporvisi. Di que~ta opposizione non vi sono ragioni intrinseche. Non c'è nulla di più -conservatore del positivismo. E, se il socialismo avesse voluto davvero ascoltarne i precetti, a quest'ora forse 110n sarebbe; perchè il proletariato attenderebbe dalla meccanica .... celeste, appunto, il sole dell'avvenire. Ad ogni modo, la nuova fase idealistica presenta tt'itti i caratteri di una rivoluzione borghese, e il ·so– -cialismo fa male ad ignorarla, poichè si toglie la pos– sibilità di criticarJa validamente, cioè toglie a se stesso la propria funzione rivoluzionaria. Constatare che tutti i salmi dell'idealismo, quale oggi è " cantato ,,, finiscono in gloria del capitalismo, e quindi tener quello per un sempli,::e "recidivo,,, e sbrigarsene come di ibliotecaGino Bianco " vecchia conoscenza ,, , è una esercitazione di d11bbio gusto e di nessun risultato: poichè non arriva a scal– fire la sostanza di realtà della nuova formazione spiri– tuale, nè perciò a comprenderla in tutta la sua grande portata rivoluzionaria. Il socialismo non ammette altrn rivoluzione che la propria; e ignora che quelle degli avversari son vive e vere, e, in quanto compiute contro e in antitesi ad esso, ne han già superato il momento rivoluzionario: il quale, perciò, non può essere " ricon– quistato,, se non mediante il "riconoscimento ,,, che è accettazione e utilizzazione del fatto nuovo. Ciascuno è rivoluzionario per qualche cosa e in un certo senso: e, se consideriamo le azioni, come nella storia si succe– dono, in ordiue cronologico, la più rivoluzionaria è quella compiuta per ultimo. Sarà ancora rivoluzionario il socialismo, quando ha lasciato nascere e cre~cere, senza volerti riconoscere, l'idealismo e il nazionalismo? Questo mancato riconoscimento è una colpa e un danno: rivela negligenza e vecchiezza; pone fra i trapassati, fra le mummie, fra gli automi, ripetitori e seccatori fin che la carica duri. A chi guarda dall'esterno il fatto appare come " deficienza di coltura ,, o " coltura arre– trata ,,; insomma, come ·un fatto di esclusi va spettanza personale, cui possa ripararsi con una più equa distri– buzione ciel tempo, in favore della derelitta biblioteca. E il giudizio, per quel che può valere, bisogna accet– tarlo. Basta prestare benevola attenzione: e si saprà quanto è vecchio· ... l'avvenire! Ho accennato al nazionalismo: politica· estera, colo– nialismq, imperialismo. Il socialismo nega, come ne– gava ieri. Benissimo. Frattanto il nazionalismo è, oggi, in Italia, il rivoluzionario: contro lo stesso so– cialismo, che non lo ha capito, che non vuol capirlo, nè può perciò criticarlo. La posizione del nazionalismo è, - come quella, dunque, dell'idealismo - sostanzial– mente ignota al socialismo: e lo sai·à sino a quando questo non lo avrà riconosciuto e ammesso qual nuovo importante fatto di storia, sia pure " borghese ,,. Il capitalismo ha mille possibilità di battaglia e cli do– minio, e riveste di faccie sempre nuove la sua inesau– ribile vitalità. Ma queste faccie non sono una vuota maschera: coprono in usco li e nervi: e questi non ~i demoliscono e sostituiscono in astratto, come con un concetto si nega un concetto opposto; ma riconoscen– ùone tutta la realtà, tutta la novità, e adoperandosi a soppiantarla con un altro fatto nuovo: con un'azione, dunque, posteriore, e non già antei·iore. Ora il na– zionalismo è, precisamente, una realtà nuova, che il socialismo ancora non conosce, e ama e vanta di non conoscere nè riconoscere; una realtà alla quale, però, bisogna convertirsi, prima di poterla negare, prima quindi, di poter affermare se stessi. Se non sembrasse detto per celia, si potrebbe invitare i socialisti .a.... convertirsi al nazionalismo, cioè ad accettare con co– raggio, e, aggiungerei, volentieri, questa nuova espres– sione della società borghese: per il bene appunto del loro socialismo, per renderlo forte cli tutta la forza ca• pitalistica, per farlo saturo e conscio della sua funzione " ereditaria ,,, per creargli una più adeguata e valida struttura,· per colmarne i grandi vuoti spirituali, per dargli la pienezza dell'animo, per rinnovarlo e ri-gene– rarlo nella sua sostanza rivoluzionaria. Comprendere bisogna. E il socialismo non compren• derà davvero e appieno il mondo capitalistico, finchè ne avrà tagliata fuori una parte o una espressione, giudic ,ndola a priori, cioè non giudicandola. Com– prendere è la condizione del !Sovvertire. Anche il

RkJQdWJsaXNoZXIy