Critica Sociale - XXIII - n. 18 - 16-30 settembre 1913

CRITICA SOCIALE 277 la forca e l'odio antisocialista (oh! se l'aveste veduto da presso, là dove il socialismo vive e lavora e si crea dei nemici!); mentre un contagio di barbarie pareva travolgere anche i buoni, gli innocui, non vi doveva essere qualcm;io che salvasse - non di– ciamo gli interessi veri della patria, e quelli del pro– letariato - ma le ragioni della nobiltà umana, della civiltà, che h.1tti han sul labbro, ma che è ufficio nostro' affermare, «confessare», difendere, nell'ora appunto in cui 1'.onda selvaggia la sommerge? In che ci distingueremmo dagli altri, se non << pra-· ticassimo », a certe ore, ciò che gli altri si conten– tano di professare tepidamente o di predicare ipo– critamente? L'educazione della massa è una parte, e non ul– tima, della nostra funzione. Ed essa si fa, più assai che con i sermoni, con l'esempio di saper andare contro conente, a ogni costo, quando la coscienza lo impone. « Abbasso la guerra!» - mentre la guerra tuona e il sangue dilaga, pare a voi, destri, un grido stupido. Lo paragonate a chi gridasse (Bo– nomi - discorso di Torino) « abbasso la pioggia!», mentre la pioggia 'cade. Peric·olose 'similitudini! La pioisgia è in potere di forze estranee a noi. La guerra è d1 questa terra su cui viviamo : è - positivamente o negativamente. - opera nostra. · La propaganda contro la guerra - oltre la sua funzione cli contravveleno alla barbarie - crea, pre– para, aduna forze per l'avvenire. Perchè, o destri, c'è anche l'avvenire, benchè voi ve ne dimentichiate! Ma essa suscita e costituisce forze anche per il presente: forze, la cui efficacia è inavvertita, ma non perciò meno reale. Che sarebbe accaduto, se tutti fossero andati dietro alla corrente, se tutti avessero fatto come i destri? Se non vi fosse stato chi, met– tendosi contro, formasse una « opinione pubblica », che pur serve di freno, di contrappeso, che modera gli eccessi e fa esitanti quei della guerra a fondo, un po' più efficacemente che non le elucubrazioni personali dei destri sulla politica estera e sull'equi– librio europeo? È ·questa forza morale delle folle, che i destri nè vedono, nè valutano più. Pare ad essi forse di aver raggiunto l'a.ssoluto della verità e della probità men– tale, distruggendo quel tanto di dissidio• che v'è sem– pre fra il possibile immediato e l'aspirazione ideale. Pare ad essi un inganno - e ne repugnano, i mi– gliori tra loro - quell'andar fra le masse a predi– care contro la guerra, nel tempo stesso che la guer– ra avviene: mentre v'è, secondo essi, un'azione assai più utile da svolgere, sul terreno del relàtivo e del possibile, per impedire mali maggiori, per la con– quista del meno peggio. In ciò è la· loro crisi morale, la fonte dei loro dubbi, la· ragione del loro progressivo raffredda– mento. Vedono un inganno, teso a se stessi, alle folle, al pubblico, nel proclamare, nel propugnare, nel chiedere più, di ciò che sia immediatamente pos- sibile attuare, conquistare, ottenere. · Ebbene: nella occasione della guerra, come in tutto il resto, questa loro voluttà di realismo, questa repugnanza clall'« utopia», è ciò che più profonda– mente li distingue da noi - che li esclude dalla mi– lizia e dalla funiione d'un pai:tito d'avvenire. Il dilatarsi incessante, nello spazio e nel tempo; dai coscienti a quelli che non lo sono; dai presenti ai venturi; per cerchi concentrici, che via via si al– largano, per germi, che si trasmettono cli gene~a– zione in generazione; è qui la forza di un parllto che ha méte e orizzonti senza confini. È in questo ritmo - che par talora illusorio. - tra ciò che può essere e ciò che si vuole che sia, tra l'attuale o l'at– tuabile, e l'aspirazione; è in questo co~tin~o !< pi~ oltre >> che stimola ed urge le masse, è m ciò 11di– namismo ciel nostro partito, ciel nostro principio, della nostra azione. Guai se gli mancasse, guai se il domani venisse soppresso dalla vita! V'è, tra il piatto possibilismo dei destri, e i vendi– t0iri, pazzi o ciurmaclori, di fumo catasl.rofìco, alle folle; v'è posto per un socialismo, che curi a un tem– po l'effettuabile e l'ideale, che provveda al divenire socialista, non nell'atto, ma nel suo svolgersi, con quel senso del fu.turo che non è l'antitesi, ma l'inte– grazione cli ogni pratico operare ne-I presente, e si riflette su cli esso, e lo illumina, lo feconda, lo eleva? . Io credo, io. sento che c'è posto per Ùn tale socia– lismo: e in nome di esso parlo e combatto. GwvAx:'111 ZmoRDJ. Per riparare al 1·ita1·dodel p1·esente fascicolo p1·ocu– re1·emo di anticipare di alcuni giorni la pubblicazione del successivo (n. 19), che vorremmo dedicato con spe– ciale la1·µhezza alla lotta elettorale. Rimandiamo intanto - costretti dall'angustia dello spazio - la fine delt'intei·essante 1·iassunto, fatto dal nostro Paglia1·i, degli articoli dei WEBB: Che cos'è il socialismo?, e il se,quito dei Problemi della Pic– cola proprietà del dott. GIULIO PUGLIESE. LOSCIOPERO GENERALE al Congresso socialista germanico Il proletariato germanico farà, presto o tardi, lo sciopero generale politico? La borghesia, «la mortale nemica », il proletariato internazional~, il mondo aspettavano coll'animo teso la risposta che la demo– crazia sociale germanica, radunata a Congresso in Jena, avrebbe dato alla ·duplice domanda. La risposta suonò: per ora, no; presto, neppure; più tardi, cer– tamente. Chi abbia seguita la -discussione svoltasi prima sui giornali del Partito e poi al Congresso e, quel che più importa, ascolti e comprenda l'anima del prole– tariato germanico, ch'è. poi queùo che, oltre agli ar– ticoli dei, giornali e ai diswrsi e alle risoluzioni dei Congressi, dovrebbe fare lo sciopero, sostituirà al· «certamente» un «forse», e il «più tardi Ii lo inter– preterà: « molto, molto tardi». Si sarebbe quasi ten– tati di dire « giammai », se il mestiere del profeta non fosse screditatissimo e a questo mondo non fosse possibile tutto, anc!::e e specialmente l'inverosimile. Ci contenteremo dunque di dire, con maggior cau– tela, che, secondo le previsioni possibili, non biso– gna aspettarsi che le classi lavoratrici tedesche si inducano, in un periodo di tempo prevedibile, a fare lo sciopero generale politico. E questo diciamo, sebbene la risoluzione, propo– sta dalla Direzione del partito e votata con una mag– gioranza di 435 voti contro 132, dichiari che: « lo sciopero generale va considerato come uno dei mezzi più efficaci, nqn solo per respingere attacchi contro i diritti popolari vigenti, ma anche per conquistarne dei nuovi». E sebbene gli oppositori, radicali e revi– sionisti - lo sciopero generale portò un po' di scom– piglio nei due campi che, ambedue, ebbero a lamen– tare defezioni - abbiano combattuto la risoluzione, non per tale affermazione ma, al contrario, perchè essa appariva !"oro troppo fiacca e naufragante· fra altre che le toglievano ogni vigore e ad essa abbiano aggiunto e contrapposto le seguenti più esplicite e più vibrate, che spigoliamo dal troppo lungo ordine del giorno: « Il Congresso saluta il risvegliato inle-

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