Critica Sociale - Anno XXII - n. 20 - 15 ottobre 1912

306 CRI-TICA SOCIALE su di esso allegramente noi stessi e parecchie, do1?0 di noi, gen~razioni avvenire. . . . . . L'espiazione vera sta per rn1ziars1. Fmora ~ono state querimonie cli importu1~e Cassan~re. L'irie~– fabile ignoranza, in fatto eh problemi colomah? della borghesia italiana ha permesso a quattro este~1 annoiati èti costituirsi rappresentanti di quella « opi– nione pubblica » in argomento, che di fatto non è mai esistita. Il paese, posseduto dalla fatua mania dello sport che lo invasò eia qualche anno,, ha· scam– biato la conquista cieli'Africa per un'allegra_« ma– ratona». Avanti, dunque, con gioia! Ma l'« avanti!» fu breve e la gioia è quasi dis– sipata. Tal e quale come ai giocatori, la gioia si dilegua col dileguarsi ciel peculio. E, tal e quale come al gioco non tanto perde chi perde, quanto !}erde chi vuol rifarsi, così, nell'impresa africana,, se il nuovo e più largo suffragio avesse tutto il senno che dovrebbero infÒnclergli - quando i partiti lo sapessero illuminare - gli interessi reali e pro– fondi che rappresenta, esso ben potrebbe arrestare Governo e Parlamento sulla china c~el-precipiiZio,, del quaJe, per una mala ventura che è forse una buona ventura, siamo ancora a un dipresso sull'orlo. Purché il senno, che !'.esperienza immancabilmen– te produrrà, non abbia, ad essere di quello, del quale, secondo si racconta, sono piene a ribocco le fosse - le fosse, sopratutto, dei cimiteri! LA CRITICA Socu,LE. PROLETARIATO E NAZIONE - Che div,entano ma1, m ·confronto di queste pro– digiose conllagrazioni internazionali, le «vostre» me– schine e soffocanti lotte di classi, turg;ide di bassi egoismi ,e accese di pasciute visioni? Che diventa mai la <e vostra >> piocina bega, rinserrata nel brev,e e opaco cerchio dell'utilitarismo di categoria, rimpetto al « più grande>> conllitto dei po,poli, d•elle nazioni, delle razze? · A giudicare il mondo ,con squadr,e e compassi, c'è sempre qualcosa di « più grande». Ma, a profondarvi dentro lo sguardo, il « più grande» è spesso nel « più piccolo»; anzi, è, talora, appunto, il <e più piccolo~- In tema di nazionalità e di crasse, il socialismo cri– tico ha sempr•e pensato cosl. Superfluo ricordare. La lotta di classe è· il primo motore e la spina dorsale delLa storia. I conflitti di nazfonalità, se hanno un ·contenuto etni•co,, sorio, precisamente per ciò, esterni al ,fopdamentale nòocio.Jo storico; se hanno invece un'origine economica, vi restan dentro, come la parte rispetto al tutto, J',accessorio rispetto al principale. In ogni• cas·o, dunque, sono secondari. alla lotta di classe - anima del processo umano -, epperò trascurabili. Particola·rmente, il proletariato può riderne èon ama– bile sufficienza. P,erchè in.ternazionaJ.e - ed interna– zionalista. Per necessità - e per interesse. Per, natura - e per c~nvinzione. La fede pÙò venire anche dopo: ,e i «•confini» sono inutili, ·prima d'essere « scelle– rati ,,. · La doltrin,a socialistica appartiene a quella fase del, l'indagine s·ociologicà, nella quale erano in sommo: onore - e non del tutto, d'altronde, immeritamente - .J.e riduzioni della storia al minimo comur1 denomina– tor,e. Talvolta cerv,ellotiche, ma non sempre infrutti– f,ere, come metodo di studio: benchè spesso si con– v,ertissero in una riduzione., .. ai minimi termini. Ed· era una strage. Il marxismo fu - è - (chi ormai lo contesta più?) il più acuto e - pei; quanto, possibile - il più completo di. cotesti metodi; il suo schema - sempre schema - era veramente comprensivo; ve- - niva dal p.rofondo; rimescolava la storia, e ne cavavn ed esponeva i.J « l'il,o rosso », filo di realtà insoppri– mibile. Ma portava in sè la. propria contraddizione: ·era, doveva essere, un metodo, non solo di studio, ma di battaglia; una formula, non ·più della teoria, che della prassi; un verbo di scieni,a. suscitatore di r,ealtà. Doveva dar vita alla vita, •e pur ,imprigionarla nelle p.roprie categorie: creare un / atto, che copiasse e riproducesse l'idea. È la vivente contraddizione de•! socialismo contemporaneo. L'idea - la filosofia sto– ri,ca di Marx_- riduceva ed as,tr.aeva: il fatto - la prassi proletaria - doveva imitarla. Doveva - è avi– dente - la realtà astrarre daHa realtà: un assurd,o logico, un mostro di natura. Ma l'assurdo fu co~ce– pito, il mostro fu tentato. La classe proletaria - cioè • •l'idea proletaria - si• levò, si organizzò, volle oprare, ignorando tutto il resto. Era 'il <e filo rosso », che, ri– conosciutosi led impersb'natosi per ·1a «prima· volta» nella storia·, per conto suo si svolgeva, fiera e indo– mita ess.enza delle cose ... Codesto schematismo geometrico, codesto edonismo linear,e, codesto semplicismo non tenuemente mistico, · può essere an@or oggi appropriato alla classe prole– taria, o, meglio, ad un «,concetto puro » del prO'leta– ri,ato; e può costituire anche una robusta essenzà di 'fede. Nella «teoria» esiste «realmente» un proleta– riato 'internazi,01mle; .e, nella «fede», ne esiste, non meno « realmente », uno ·internaziqnalista. Cioè, · non è fuori dell'ordine logico ed ideale una classe lavo– ratrice, che abbia superato le barrie•re deHa nazione. Il proletariato non è d'una nai,ione più che non ,sia di tutte le nazioni: epperò a rig-0re - cioè per la dottrina' e p,er · la fede, o, altrimenti, per l'interesse teorizzato e per quello idealizzato - non ha politica estera. P,eTchè « di tutto 'il mondo », ignora il mondo, e le competizioni mondiali. Ignora un· conflitto, ,che n,on sia di classe. « Io_ vivo da per tutto, ad un modo: sono il produttore di tutto: e... nihil a me alienum esse puto; nulla r•eputo, e nulla voglio, mi sia stra- nieI'To>>. . Forse, in fondo, meglio che « internazionale.», do– .vrebbe dirsi « a-nazionale ». Per il suo agnosticismo, per il suo assenteismo .. cc Filo rosso», tesse - in pa– tria - la sua· ,tela: la tela del mondo. Il resto è « bor– ghe:se »: nazi,0ne, nazioni,· po,Jitica estera, pO'litica in- t•ernazionali ... · ' ·' · · · '' « Borghese » vuol dire - tal vo.Jta - « da· combat– ter.e »; ma - tal'altra - « da ignornre »: « •inesisten– te». Così. è. Si domandia a Sua Maestà l'Internazionale un •umile atto di riconoscimento. Quello delle nazioni, dalle qu,ali essa trae il nome e - in certo senso - l'e_.,_ sere. Essa, che le ha negate· prima di averle ricono– sciute, deve oggi riconoscerle dopo ',averle negate. È do1oroso, ma certo. · La realtà non si sopprime: ·se non· nella teoria - altri direbbe « nella cattiva teo– ria ~ - e nella fede. Ma, se il proletariato -- pure (anzi, appunto per– ·chè) attingendo all'una ,ed all'altra tutta intera la pro– p1·ia ideofogia - vuol in~erirsj davvero nella storia e feconda-mente opera,re; se vuol davvero essere realtà pienia ,e progr,essiva, è necessario che conosca e ric0- r\osca il mondo reale che lo circonda, è necessario

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