Critica Sociale - Anno XXII - n. 13 - 1 luglio 1912

CRlTICA SOCIALE 197 LACRISI DEL RIFORMISMO TALIANO III. IJabe1•1•a~e di Dest1ra. È accaduto nel Riformismo italiano quello che avvenne ed avviene tante volte in arte come in po– litica: la deviazione nata dallo sviluppo eccessivo e sopratutto unilaterale di alcuni soltanto dei caralteri d'una scuola, d'una teoria, d'un genere, d'un me– todo. I Petrarchisti furono i peggiori nemici d~J Pe– trarca, i Manzoniani assassinarono il Manzoni, ge– nerando in parte l'enorme e lungo equivoco dell'an– timanzonismo carducciano, i D'J\nnunziani calun– niarono il D'Aqnunzio, i \Nagncri:rni ritardarono di qualche decennio la popolariz1.azione del grande Wagner; certi Marxisti falsarono Carlo Marx, pro– vocandone la celebre ccl arguta sconfessione. I Destri sono i deformatori del Riformismo e, se noi non avessimo altra cagione di doglianza contro cli essi, basterebbe a giustificare la nostra avversione il danno interno ch'essi procacciarono al metodo ra– zionale ciel Socialismo, offrendo la cagione o il pre– testo alla schiera rivoluzionaria per risorgere ar– mata di critiche e di accuse, pur troppo giustificate dai loro errori. · · Come tutti coloro, che di una teoria o d'una scuola abbracciano solo una parte _:_ e non sempre la mi- , gliore - e la esagerano e la ipertrofizzano, ~ la con– ducono alle estreme conseguenze con quella supre– rh_aassurdità illogica che è la logica pura e retti– linea applicala alla vita pratica, i Destri colsero del Riformismo i caratteri - anzi alcuni caratteri, e i più superficiali, esteriori, e contingenti - e li spin– sero all'eccesso, li cristallizzarono in sistema, immo– bilizzarono in teoria quel che di sua natura è più mobile e mutabile, una tattica; e osarono volgersi contro di noi chiamandoci pavidi, inconseguenti, esitanti ad ac·cettare tutti i risultati e tutte le respon– sabilità delle nostre premesse. Ma quali .premesse? Il Riformismo era sòrto con~ tro la utopia o la mascheratura rivoluzionaria: con– tro i fakiri della formula rigida, o çontro i buffoni o i demagoghi che secondavano e teorizzavano l'e– terna incongruenza delle folle, terribilmente ribelli e irreducibili a parole, pronte ad ogni transazione nel fatto. Il Riformismo affermava duttilità di azio– ne; unità di coscienza fra l'opera e il pensiero, fra la parola e la pratica. Che ci ha da fare questo con la os~ificazione dei Destri nella politica costante, stabile, consolidata çlella transigenza, del blocco, delle alleanze, del Mi– nisterialismo\ con l'aberrante lusinga di un 1\/finiste– riabilismo imminente? Che ci ha da fare una concezione plastica ed agile della vita di un Partito, con la concezione di chi sopprime di falto il Partito, immergendolo da un lalo nel calderone di un perpetuo connubio coi par– titi affini, trasferendolo da un altro lato alle orga– nizzazioni economiche dei lavoratori; suscitando cioè, anzi resuscitando, la Democrazia Sociale o il Radico-socialismo, quale erede politico del Socia– lismo, e il Corporativismo, sia pur ribatlezzato in « Partito del Lavoro», quale suo erede economico? Il Riformismo partiva da un presupposto: l'esi– ·stenza e l'incremento del Socialismo e del Partito Socialista. Il Destrismo arrivava a questa conclusione: la soppressione del Partito Socialista, il ritorno della stella del Socialismo alla nebulosa del Social-radi– calismo operaio. Per noi il Socialismo è un fiume, che accoglie affiuenti e nutre canali e non pretende, no, scorrere incassato fra due alte rive, senza rapporti col ter– reno storico che attraversa; ma è pur sempre un fiume, con una forza, un impeto suo, con delle ac– que sue, con una sua sorgente e una sua foce! Pei Destri, il Socialismo si distende, si placa in un paludoso abbracciamento con tutto il sistema di idraulica politica che lo circonda. Come poteva non venir l'ora del distacco, quando, dinanzi al cimento di fatti più salienti, l'equivoco emergesse più chiaro, e più largo l'abisso? * ** E (ripetiamolo pure!) non limitiamo la questione a Tripoli! Non rimpiccioliamo un vasto dissidio di anime, a un episodio di storia coloniale! Io vorrei che tutti quei nostri compagni e tutti quei Circoli, che votano deplorazioni contro i de– putali socialisti «Tripolini», e verran110 al Con– gresso decisi a condannare i Destri per questo ti– tolo, sentissero com'è inesatto, ingiusto, ed. inabile un simile capo d'imputazione. Inabile, perchè dà facile modo ai Destri di sca– gionarsi; ingiusto, perchè li accusa di una colpa non commessa o comunque veniale; inesatto e mon– co, perchè si tratta di ben altro che di Tripolismo! Salvo i casi isolati di Podrecca, che rivendica a sè, in nome del libero pensiero, la facoltà di discu– tere a modo suo il colonialismo, e di Zerboglio, del quale può dirsi, come cli chi dopo avere ucciso si sopprime, che si fece giustizia da se medesimo, di– mettendosi; gli altl'i Destri, imputali di Tripolismo, vi risponder'anno e vi dimostreranno che anch ·essi hanno comballuto la spedizione di Libia, a modo loro! Ma è appunto 'su questo modo loro, cioè su questo loro stato d'animo e di fatto, rispetto al So– cialismo e alla politica, nel Parlamento e nel Par– tito, che si deve fare la discussione : la quale tra– scende di gran lunga il caso di Tripoli, e investe tutto il loro atteggiamento, tutta quella serie di ca– pitolazioni, tutta quella consuetudine cli cedere, tutta quella desuetudine dal combattere, che li_ha por– tati, di fronte alla guerra, ad essere, di fatto, piut– tosto accodati all'esercito nazionalista, che schierati con noi; a sembrare (cioè ad essere - chè, in po– litica, vale lo stesso) dei colonialisti retiècnti anzieh è degli antitripolisti aperti ed energici; a potere essere considerati - dagli avversari nostri che li adope– ravano contro di noi, e dai nostri stessi compagni men capaci di distinzioni sottili - come dei fautori dell'impresa di Libia e dei dissidenti dal pensiero e dall'azione del Partito ... dal quale - a sentirli! - la domenicana nostra ferocia, e non il loro conte– gno, sta per metterli fuori! Altro che Tripoli! V'è tutto un orientamento men– tale e politico diverso, tutto un altro concetto del divenire socialista; v'è un'inversione, sopratutto, nei due termini, della lotta di classe e della collabora– zione di classe. Quel che per noi è principale, per essi si fece su– bordinato; o, se, alla loro maniera, credono ancora essere principale il fatto della lolla di classe, pen– sano però_ che essa si faccia, assai più che con forze nostre, con l'utilizzazione delle forze altrui; sognano :-- inn~moratisi del gioco degli scacchi par– lamentari - d1 poter « far fare agli allri, agli a,·– versari, la nostra lotta di classe»! S'illudono che, manovrando nei gorghi e nei molinelli della politica di Montecitorio, il proletariato debba giungere in porto col minimo di fatica sua, quasi portatovi gratis dagli altri. Giacchè la loro smania (chissù pcrchè?) è di ri– sparmiare le forze ciel proletariato; e non s'accor– gono che, a furia di risparmiarle, le atrofizzano!

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