Critica Sociale - Anno XXII - n. 13 - 1 luglio 1912

I CRITICA SOCIALE 205 varietà di tattica, garentendo del proprio sociali– smo la bontà della via scelta,. Il nucleo elementare e primordiale di sentimenti, l'a priori inscritto nella coscienza di un partito, pur riproducendosi auto– maticamente nel processo pratico, non può d'altra parte circoscriverlo, mutilarlo, limitarlo, spegnerlo. Le transigenze, le collaborazioni, gli accordi pas– seggeri non possono sopprimere la fisionomia e la lotta delle classi, nè distruggere un idealismo etico che sia ognora presente e fervente. Così, dalla quo– tidiana vicenda della vita, ch'è combattimento ala– cre ed è pure virile transazione, patteggiamento, . concordamento, l'individuo non perde se stesso; può smussare i propri angoli - che sori talvolta angolosità -, ma non mai annientare il- proprio essere. La vita, in ogni sua forma, sì individuale che collettiva, persiste con tenacia : 'chi per essa teme, teme di essa, della sua vigoria, della sua ca– pacità di sviluppo infinito. Chi paventa per il socia– lismo, non ha fiducia nel socialismo, nel suo socia– lismo, in se stesso. La Tebaide è dispersa. Il programma massimo è transfuso nel programma minimo. E l'uno e l'altro vivono - sempre presenti ed operanti - nell'orien– tazione dèlla nostra coscienza e neH'istantaneità del nostro atto. L'atto è veramente ciò che noi co– nosciamo, e per cui noi conosciamo. È una novità, una creazione, la fonte del dinamismo nel mondo. La vita è un intreccio di atti, è il trionfo del fatto sul nulla. E vita, pel socialismo, vuol dire appunto sviluP.pO di forzé proletarie, creazione di « fatti » proletari, per opera e per virtù consapevole, e· se– condo la linea ideale di una umanità progressiva. La partecipazione alla vita, con tutto il proprio essere e con la coscienza precisa e severa del ·pro– prio còmpito, sarebbe la più valida prova d'un vero, sentito, fecondo rinnovamento del socialismo. La crisi pratica è la più tormentosa ed insieme la più appariscente crisi del socialismo, Essa ha già assunto forme spasmodiche ed originato violente reazioni. Oggi l'Italia sociali,;ta segue, non so se ammirando, il fenomeno Salvémini. Ch'è un sin– tomo, :çiotevole, eloquente, suggestivo. Di sociali– smo non v'è più nulla: o appena un'ombra, ch'è rimpianto o augurio. Ma che importa? C'è qualcosa che il socialismo oggi non ha, o non ha ancòra: la nausea, il disprezzo dei partiti (e quindi pure del partito socialista), quali sono stati, quali con– tinuano ad. essere, quali 'dovrebbero non essere più; e, al cli sopra cli tutto, la impetuosa affermazione di valori morali sinceramente erl efficacemente ope– ranti. Valori. pmi, certamente; i quali, al di fuori d'ogni men!,alità preconcetµi, si propongono - in nome di una vap;a confusionaria democrazia -- di anelare affrontando, uno ad uno ed a tu per tu, con nreparazione e perseveranza .. tutti i problemi del– l'odierna vita italiana, per risolverli, e passare ol– tre, in una ideale crociata di rigenerazione civile e morale del popolo italiano. Ma valori, che il so– cialismo, se vuol rinascere, se vuol essere vera– mente fecondo - perchè non c'è vera fecondità ove non sia anche moralità -, se vuole ancora una volta fiammeggiare nella sua luce ideale ed C'tica r raccog-lier" intorno a sè falangi d'animosi e cli credenti, non deve tardare a rifare, in certo modo, suoi, a ripossedere, in quanto hanno di più essenziale- ed a;,soluto: . Occorre - perchè il socialismo riacquisti un carattere etico - che la storicizzazione di esso 1 ope– rata da Marx, e degenerata nella supposta coinci– denza tra effettuazione etica e soddisfacimenti edo– nistici, venga, nelle nostre coscienze, smentita e di– strutta. Occorre che non sia più oltre confuso il relativo con l'assoluto, il movimento proletario con l'idealismo etico, che è in noi, è nostro valore in- rerno, e sovrasta c involge e dirjge e modera e coordina ed accende cli bellezza il vario e basso intrecciarsi degli egoismi. Non tutto ciò che fa il proletariato, o si fa in nome di esso, è degno di esser fatto o, più ancora, è degno del socialismo. Se il socialismù deve restar se stesso, non deve identificarsi con gli interessi dei gruppi operai, so– liti, nel momento in cui vogliono essere appagali, ad amplificarsi e magnificarsi quali interessi del proletariato; e neppure può identificarsi col ri– stretto utile dello stesso proletariato, pur ricono– scendo cli doverlo, sopra tutto, ricercare e conqui– stare. L'abbaqc\ono, la dedizione delle ragioni ideali agli egoismi. della folla, comirnque evoluta e quan– tunque cosciente, fu una degenerazione del sinda– calismo, la quale durò breve ora. E, se l'estremo riformismo, oggi, in altra forma, la riproduce jn sè, ciò riguarda esso soltanto, e non può affatto impegnare l'idealità nè il nome socialista. Il socialismo pratico ha dunque bisogno di « so– cialismo», ed ha bisogno di « pratica». È neces– sario, -cioè, che sia iclealisticamente operoso; che porti, nel suo giudizio è nel suo atto, tutto se stesso; l'eco degli interessi e delle aspirazioni dell'intero proletariato; una volontà tenace, positiva, conscia dei problemi che imprende a risolvere, dei concreti fini che si propone e cfei mezzi atti a raggiungerli; un ardente soffio di moralità e di giustizia; un'ani– mosa fiducia nella vittoria e nella bontà della vit– toria. L'azione richiede chiaroveggenza,· perseveranza, passione. Il sonnambuljsmo non è in grado di pro– durla: come non l'ha mai prodotta il socialismo, che dall'azione s'è voluto intitolare. Il socialismo, anzi che· esser inorlo, ha bisogno di vivere. ·Molto è caduto di esso; ma più ac resta, e~l altro ancora vi ha aggiunto la storia. Raccolto nell'anima individuale o· diffuso nel mondo dei lavoratori, esso può, e dev'essere, tuttora, forza cli moralità e cli progresso, segnacolo cli lotta e di rivendicazione. Trasportato e t.ransfuso, dalla fine del moùmento proletario, nel cuore ciel movimento stesso, deve vi– Ycrne e dargli vita, esserne fecondalo e fecondarlo d'ineguagliabile luce ideale e d'opcros\) ardore. Solo così, pot.Pà inserirsi davvero, e vivere laborio~a– mente, nella sloria, in questo umano processo d'a11- t.itesi, in questa fantasmagorica corsa delle clas~i verso la pro]Jria vittoria e la propria clissoluzionn. Forse, nel fatto, esso non appartiene al proleta– riato molto più che non sia appartenuto alla borghe– sia dell'89 (pensate, soltanto, al fermento intellet– tuale riboccante di socialismo, che precorse la Ri– voluzione!) ed a quante altre èlassi sfruttate abbian lottato per la propria liberazione., Forse, esso non è, come Marx pensò, « produzione l> del proleta– riato, ma sua semplice e più adeguata P più fortu– nata. <( riproduzione »: quasi <( ravvivamento » di sentimento etico imperituro cd ((appropriazione» sua alla co11ting-rnzastorica, cioè al mondo operaio. che ne diviene assertore, banditore, milite operautu ed operoso. Forse. esso non è che la fiamma della vigilia; il palpito della povertà recantf' nel suo grem– bo capace tutto un mondo noYellu... Ogni classe nascente tende, nel suo sogno di vita, a ristabilire un equilibrio spezzato, a rivendicare diritti conculcati, a effettuare la giustizia sulla terra. Ma, fatalmente, essa produce, nell'atto di trionfare, nuovi squilibri, calpesta nuovi diritti, crea nuove ed acerbe ingiustizie. E l'ideale, clH' prima era suo, vien raccolto, trasformato, adattato ::i sè e vissuto

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