Critica Sociale - Anno XXII - n. 13 - 1 luglio 1912

W4 CRITICA SOCIALE della conoscenza e della scienza, abbandonata dalla vagante moda degli spiriti. Conosciutasi come fede·, si dileguò furtiva. E il sindacalismo ed il riformi– smo ne furono i necrofori : quello, pretendendola, magari in rapporto al mito,- ineffabile uato-morto; questo, facendone a meno. - L'età c;!ella pietra è tramontata - disse il Turati. E disse giusto. E allora? E tramontato anche il socialismo? È scomparso, assorbito nella fede, con lo scomparir della fede·/ Gli era questa necessaria? Può esso vi– verne senza'/ Può degnamente sostituirla? Può rina– scere, rinnovandosi? 11 sueial is111r,dr\'e rinasce ce, per1.:hè può rinno– varsi. Può, 1.:iuè, a1.:quislar 1.:oscienza dl"l suo mwvu essere, e ri1.:on1pursi in nuova puritù ed intensitù di ene1·gie. lrnp11lso animatore, voloutù cli potenza, iclealitù morale della classe lavoratrice, può abban– donare_ la vecchia fede, come un giorno abbandonò la Lra1.:otuntesciema. E rivivere: vivere, cioè, non più ciel suo passato, ma ciel suo presente. Morto come mèta, può rinascere come sviluppo; morto come fede, può rinascere come opero-so e fecondo idealismo etico. Può. Deve. La vecchia mentalità è distrutta, ed una novella ne prende il poslo. Il finalismo diventa volontà costruttrice. E la fede, che si proiettava nel lontano avvenire, diventa la fotosfera etica, che avvolge ed accompagna il moto proletario. Il socialismo è in questo moto, in quanto circonfuso di quella luce; ed è in quesla luce, in quanto investe quel moto. La nuda µrassi dei gruppi operai non è socialismo; ma 11011 diviene socialismo, se noi non la coordinia– mo, in noi slessi prima che nella realtà, in un vaslo concetto cli dasse, se cioè non ne sentiamo l'essenza nè le diamo l'impronta rivoluzionaria, eh' è essenza ecl impronta elica. Perchè può ben concepirsi una rivolltùone, che non porti seco, preordinate, le li– nee e gli schemi dell'avvenire; ma è impossibile im– maginarne una, che non abbia, nell'anima che la mo– ve, un nuovo sistema di valori eti~i, che non abbia insomma un contenuto ideale, cioè un contenuto. Le velleità ,rivoluzionarie, che tutti possono avere (e quindi pur anche gli estremi riformisti), son la parodia della rivoluzione - e la contraffazione del socialismo. . Dirò etica del socialismo è dire socialismo. E, se In fede potè esser diss9lta, nessuno mai potrà concepire la dissoluzione dei valori etici insit.i nel proletariato, finchè sarà classe sfruttata ed avrà coscienza di sè e del suo potere rivoluzionario. Il socialismo è perciò - oggi - la forma elica nella quale il proletariato si rappresenta la propria lotta ecl il suo risultalo. Distruggerlo come tale significa distruggerlo del tutto, aprendo il varco ai tripudianti egoismi di categoria, alle utilitarie incrostazioni di interessi operai intorno alla compagine capitalistica, alle alt.re forme cli esistenza e cli accomodamento, onde s'oblitera ogni percezione cli classe e si spe– gne ogni impulso di riscossa. L'idealismo etico non implica una consapevole mèta, ma racchiude un motivo consapevole. È la necessità della lotta contro il capitalismo e della liberazione dal capitalismo, a creare nel proleta– riato la viva tenclen:a verso ciò che non è. Ecl è questa tendenza. che, sulla base del comune do– lore, diviene in lui cosciente, si generalizza, s'idea– lizza, gli si rivela còmpito, missione, dovere, gli at– tribuisce quasi una .predestinazione storica. Ma la presunzione d' essel'e qui è, in fondo, volontà cli di– ventare - al cli /!lori ed al di là del capitalismo. La contingenza di questo fatto storico è intuitiva; e l'idealismo etico è qualcosa che noi, portando in noi stessi, vi aggiungiamo volontariamente; è un modo di sentire che dà l'indirizzo e l'anima alla nostra opera quotidiana. Classe lavoratrice e idea- lità etica sono i due grandi nuclei vitali del socia– lismo. L ·uno all'altro indispensabiìe; entrambi -ne– cessari. Parvero coincidere un tempo; ma ora non più: ed è bene, ed è utile, per un sano e duraturo rinascimento del socialismo. La volontà di diventare non è il volontarismo dei sindacalisti, ma è una salda sintesi di determi– nismo e d'indeterminismo. Chi ha il s.ogno dei su– peramenti e la frenesia delle demolizioni può porre l'anima in pace. Perchè qui il pensiero di _Vlarx rivive in tutta la sua forza. La teoria della « pra,ssi arrovesciata», che riceve oggi l'omaggio e la ricon– ferma dei più acut.i pensatori, può restare. a gra– nitica base della concezione socialistica ciel divonire sociale. Certo, essa, che, rovesciandola, clètte so– stanza di vita e quasi umanizzò la dottrina hege– liana, non è in grado, come mal _riteneva Marx, cli darci le grandi linee del futuro: ragione cli più, dun– que, per dichia1·ar11e la scriet~1 e la soliditù. Incita– trice di coscienze e suscit.atrice d'opere, essa offre al prole-t.ariato la compiuta filosofia della sua prassi: filosofia di potenza, di lotta, di vittoria. La storia è progressiva valorizzazione di forze umane, che si limitano e si liberano in processo infinito. Ogni forza sovvertitrice si trasforma in una forma eia sov– vertire. Il proletariato è una forza ·di distruzione, e cli autoliberazionc. Marx ha veduto in essa una legge ed una mèta. Il socialismo d'oggi ha superato l'una e l'altra, so– stituendovi un idealismo etico involgente il movi– mento. Che importa? La prassi è vera in se stessa; e, purchè frutto di bisogni materiali ed idenli as– sommantisi nella classe la,·orat.f'ice, non giova co– noscere per quali vie e dove precisamente perv~rrà. Che in essa consista il socialismo, è vero soltanto se essa sgorghi dal socialismo ch'è in noi - (ch'è, o non è in noi) - : sintesi intellettuale, sentimen– tale, etica del vasto e vario mondò degli sfruttati. * ** La. questione teorica del socialismo involge ne– cessariamente una questione pratica. Teoria e pra– tica combaciano e s'integrano, se quella è, come dev'essere, un fedele riflesso di questa. La pratica di un socialismo, che sia sviluppo di classe irradiato d'idealismo etico, non può essere che pratica fervida d'idealità: cioè vera pratica, pregna dell'impulso che riceve e largamente fe– conda dei vagheggiati risultati. Ha mai il ·sociali– smo, nell'ultima sua fase, generato una simile pra– tica, una vera e propria pratica? Noi certo siarµo vittime di una grande illusione·, allorchè parliamo di « pratica del riformismo » o di « socialismo pratico ». Qui « pratica » è il piu delle volte parola che copre il nulla, o che_ indica una fatica senza produzione, un muoversi senza procedere, un agitarsi sterile, come un vaneggia– mento dell'azione. Pratica ver;i., da un pezzo, non esiste più, nel socialismo. Essa è ·posizione e riso– luzione di problemi successivi - o tentativo di risoluzione; ma in cui siano impegnate tutte le ener– gie materiali e morali d'un partito, cioè impegnata l'anima stessa di questo partito. La pratica è frutto di nitida percezione, di fede in sè e di volontà. È figlia di ciò che al socialismo dei nostri giorni per lo più è mancato : la sintesi pratica in funzione della sintesi teorica. L'azione è l'ultimo anello di una catena psicologica : esso non ha altro valore fuor di quello che riceve dalla serie delle sue de– terminazioni. È necessario che una pratica, veramente vissuta dal socialismo - da un socialismo che socialismo sia - superi le vecchie distinzioni e le sterili be– ghe, in cui s'è sinora aduggiata; accolga con largo émpito tutte le possibilità di movimento, tutte le

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