Critica Sociale - Anno XXII - n. 6 - 16 marzo 1912

CRltlCA sòciALB e 958. dei secondi, e 1500 pr1g10nieri. Degli Abissini, furono messi fuori combattimento circa 17.000. Così si chiude la campagna militare in Eritrea, che, nel periodo di 15 anni, dal 1882 al 1896-97, è costata più di 6000 vittime bianche e 352 milioni di lire. (Co_ntinua). ALESSANDRO ScmA VI. .LEPROMESSE DELLA TERRA PROMESSA Durante la mia non breve permanenza in Tripoli– tania per conto deJ.l'Avanti!, ebbi agio di compier-e un'inchiesta, abbastanza coscienziosa, sul vero valore della Libia, e della Tripolitania in particolare. Inchie– sta, condotta con desiderio spassionato di appurare la verità, attraverso J.e·stridenti contradizioni dei gior– nali, circa le vantate meraviglie della « Terra pro– messa». Niuna pr-evenzione poteva farmi antitripo– lino per partito preso. Certo, come so,cialista e come uoµio civil,e, non simpatizzavo colla guerra, eppure neanche l'istintiva r_epugnanza a tutt·e le barbarie di una guerra, seguita da vicino giorno per giorno, mi ha meritato censura, da alcuno, di minore obbietti– vità. Con la stessa serenità mi occupai deUa questione eeonomica, la più interessante per l'Italia, che, spinta a queHe spiaggi.e dalle manovre del Banco di Roma, ignorava ancor ieri che cosa r~lmente vi troverebbe, dopo i sacrifizii della, a •dir vero un po' lunghetta ... , « passeggiata militare». S'intende che non mi fu dato - come avrei voluto - percorrere ,la Tripolitania in lungo e in largo; le 'operazioni militari impedivano di scostarsi da Tri– poli oltre pochi chilometri. Mi valsi però delle testi– monianze di p,ersone tecniche, che dimorano da 'tem– po nei luoghi, e tutte - da buoni italiani - piuttos,to propense a giudicare con ottimismo. Tutti sanno che il valore agricolo di un territorio si impernia ess·enzialmente sulla idrografia. È l'ac– qua, sopratutto, che determina la fertilità di un ter– reno. I giornalisti della Compagnia, scritturata - come li definì !'on. Musatti - nel periodo precedente l'occupazione, per turlupinare la pubblica opinione, scrissero, in proposito, mirabilia. Basta graffiare la sabbia - stampava, ad esempio, il Piazza - perchè il deserto zampilli! Panzane per i bimbi! Oltre J.e oasi, nel vero de– serto1 di acqua non è ,traccia. Or è un anno, il Go– verno Ottomano stipulò con una Compagnia francese l-0scavo di pozzi artesiani, fino a 180 metri di profon– dità, fuori dell'oasi di Mescia, che .è poi quella di Tripoli. La Compagnia scavò infatti, e in più punti, fino a 171 metri; poi stimò pazzesco profondere altri quattrini in un'impresa disperata. A circa 120 metri dal confine dell'oasi, si vedono ancora le traccie - non oolmate - di alcuni dì quegli scavi. Il Governo Turco (non è turco per nulla!) si aggrappò al cavillo di quei 9 metri scavati i-n meno, per rifiutarsi a pa– gare. La -lite pendeva, quando la guerra scoppiò. Un;i. graffiatura, dunque, 171 metri profonda, non trova l'acqua, che sprizza, così liberalmente, alla su– p,erficie... della fervida fantasia dei nazionalisti. L'ac– qua esiste nelle oasi; ma, anche lì, così avara, che ia sola coltura, che davvero vi pMsperi, è quella ar– borea, la quale si appaga di un minimo di umidità. A Tripoli, si tenta ogni anno la semina dell'orzo e, in minor misura, del grano; è quasi sempre un fallimento. Lo stesso Corradini, nèl suo L'ora di Tripoli, deve confessare che, in un decennio, due sole annate diedero un discr,eto raccolto; quasi sempre, o l'acqua ma·ncò alle messi, o la fugace furia di una inondazione J.e travolse insieme alle zolle. Le stesse cose documentò C_olajanni nel Giornale di Sicilia e nella Rivista popolare. L'oasi libica è più o meno folta di palme e di uli– veti; qua •e là allignano l'arancio e il limone; alberi ed arbusti di sobria sete. La pioggia che cade in un anno - 424 mi1limetri, per Colajanni, per altri assai meno - consente la piena maturanza dei datteri, delle uliv,e selvatiche, talvolta anche degli agrumi. Potranno prosperare gli ortaggi, che esigono poca irrigazione se il terreno è ben concimato. Un unico pozzo - Bu-Meliana - reca a Tripoli dell'acqua inquinata. Per l'uso personale, quei che possono darsene i.I lusso, anche privandosi di altre cose necessarie, ricorronò all'acqua minerale, della quaJ.e a Tripoli - massime dopo l'occupazione - è enorme lo smercio. Nel deserto, dovunque fu esplorato, l'acqua è un mito. A ,circa 120 chilometri da Tripoli, nelle mon– tagne del Gharian, è un uadi, di incerta potenzialità, p.erchè. gli esploratori non vi giunser-0, e conviene diffidare della invincibile tendenza degli Ar.abi al– l'iperbole. Ma, bagnati alcuni gruppi di oasi con poche centinaia di abitanti, anche quella sorgente muore, hevuta dalle sabbie. Nelle oasi di ·Tharsuna, i pozzi raccolgono l'acqua piovana, che pulisce i tetti delle case; a settembre è già fanghiglia, che dà, a chi se ne disseta, febbri d'infezione, le quali mietono assai vittime, malgrado gli amuleti - per lo più lunghissime striscie di carta, con versi del Corano - che sostituis-cono, presso gli Arabi, medici e farmacia. Anche nei paesi della costa, la scarsa piovana dee bastare per la gente e per l'irrigazione - onde, per lo più, -si abbandonò la coltura dell'orzo e del grano, p,er ridursi alla sola erba medica, che vi folleggia, ed è il pascolo più grato ai cammelli. Per tutto ciò, quando pure il deserto, scambio di essere di autentica sabbia, come quella delle nostre spiaggie marine, fosse invece - e non è - ricoperto del terriccio cretaceo delle oasi; quando anche non fossero quelle terre, come l'anaJisi del prof. Menozzi confermò, poverissime di sostanze azo_tate - sempre la mancanza dell'acqua, senza cui i sali non si sciol– gono, le radici non si nutrono, le aondannerebbe alla più irredimibi.Je sterilità. Ma vi sono ... le ricche miniere di zolfo, i ricchi giacimenti di fosfato. - Negli scritti dei nazionalisti vi so-no infatti! Lo zolfo - da cui _De F,elice paventava la rovina industriale della Sicili,a! - dovrebbe trovarsi fra Mi– surata e Sirt, sulla costa che scende verso il golfo di questo nome. Fan due anni, il Banco di Roma· vi man.dò un figliuolo di Federico Fabri, per un'inchie– sta segreta: quale il risultato, si induca dal fatto, che ogni idea di sfruttamento industriale venne ab– bandonata. Durante quella esplorazione - e non fu di pochi giorni - il Fabri avrebbe vedutò (mi assi– curarono) due soli cammelli, carichi di zolfo, scen– dere al mare. E si dice zolfo, ma è pietrame sulfureo, spa,rso per la rena, che gli indigeni utilizzano a fabbricare zol– fanelli pel consumo locale, e, sudando in cento un'in– te-ra giornata, non ne scovano tanto da caricare un

RkJQdWJsaXNoZXIy