Critica Sociale - Anno XXII - n. 5 - 1 marzo 1912

76 CRITICA SOCIALE dei vivi. « I v1v1, dice Bourget, hanno un'ipoteca imprescrittibile sulla proprietà dei vivi. Questi non hanno il diritto di modificare le istituzioni fondate da quelli, se non sotto la riserva di rispettare le vo– lontà formalmente espresse dai fondatori». Con che non si vogliono negare i diritti del pre– sente; ma si intende riconoscere, come nofa Las– serre, che i cambiamenti effimeri, determinati dai progressi scientifici o dalle lr&sformazioni economi– che, non modificano le leggi eterne delle cose. Per . Bourget « la creazione della macchina a vapore non è, propriamente, un fatto nuovo; è una combinazione nuova di un fallo immutabile»; e ciò perchè, « pri– ma che Wait constatasse la forza espansiva del va– pore, questa forza si produceva»! Vi è dunque una vita morale istintiva del popolo, che riposa su le sue tradizioni, i suoi pregiudizi e i suoi -costumi, e queste tradizioni formano nel loro insieme una base definitiva ed eterna, e non v.i è scoperl(I., o sintesi scientifi,ca, nè nuova filosofia, ,-ca– pace di rinnovarle. Favorire, dunque, una semi-cul– tura o una sedi-cente morale scientifica è un delitto; e, per le stesse ragioni, nell'ordine politico, la demo– c!'azia è un Governo ~riminoso, perchè il suo mec– cani-smo invita ogni cittadino a farsi una opm10ne i,ugli affari dello Stato, a cui non capisce nulla. Amore dell'unità, della sensibilità, della ragione, della grandezza francese; dunque amore della mo– narchia, del cattoli-cismo, del classicismo, del corpo– rativismo, di tutto ciò che, secondo i nazionalisti, unisce e si ·traduce in un aumento di forza nazio– nale, in una afT,ermazione più alta della funzione della Francia nel mondo; odio del protestantesimo, del romanticismo, dell'individualismo, di tutto ciò che divide; - sono, sinteticamente, secondo Guy-Grand, le idee centrali dei nazionalisti francesi. I quali nazionalisti sono certi di possedere la ve– f-ità assoluta e sono pieni di disprezzo, di odio -e di pietà per i loro avversal'i. « Tutto ciò che pensa, finchè p,ensa, nella esatta misura in cui pensa - dioe Dimier - è con noi contro la Rivoluzione»! Perciò essi, oltrechè dei tradizionalisti ancien ré– gime, sono degli intolleranti giacobini. « Per una sin– golare ironia e quasi per una rivincita delle cose, i nazionalisti - osserva i,! Guy-Grand - sono, s,enza dubbio, nella linea della vecchia Francia autorita– ria, della Francia cattolica e rea·lista, che a<lorano, ma anche in quella della Rivoluzione terrorista, che essi esecrano ». E inutile f.ermarci alla acuta critica che il Guy– Grand fa di quèsta dottrina reazionaria e « pater– nalista» del nazionalismo, che prescinde allegramen– te dalle nuove forze sociali, e·conomiche e politiche, e pretende di far camminare a ritroso la storia per opera· di un gruppo di « eletti », assistiti da un pu– gno di camelots du roi e circondati - soggiunge Guy-Grand - dai ruderi della vecchia nobiltà, o da parvenus arricchiti, « così privi di vera cultura così insopportabili di boria e di pretensione, così ~ecchi di cuore e poveri di pensiero, così antipatici ad ogni spirito che pensa », che si preferisce ancora, mal– grado tutto, l'« aristocrazia» repubblicana, « che non è neppur essa famosa ». In questo momento di ardori nazionalisti, non è privo di interesse il vedere che cosa sia, nella sua essenza, i,l nazionalismo esotico, importato ora, come qualche anno fa il sindacalismo, dalla vicina conso- rella francese. f. p. Il possibile embrione di una grande conquista· (A proposito delle ''. rappresentanze di categoria " dei ferrovieri) IV. L'incompetenza d l Parl ment Nel loro sviluppo, le organizzazioni degli impie– gati ebbero, suppergiù, .le stesse vicende di quelle degli operai. Agli inizi furono sprezzantemente disconosciute dalle pubbliche amministrazioni, che quasi affetta– rono di ignorarne la esistenza. « Popolo di impie– gati - si pensò - popolo di lacchè». Di che te– mere? Dopo, allorché crebbero, e non si potè più oslen– tare l'indifferenza, si tentò di soffocarle. Ed esse ebbero a subire, dai borghesi di tutte le &radazioni politiche - conservatori, liberali, radicali, repub– blicani e ma·gari socialisti - le sopraffazioni e le rerressioni prepotenti che già avevano deliziato i pnmi moti sindacali degli operai. E forse maggiori; poiché la borghesia - che aveva ereditato dai re– gimi passati la concezioi;te autoritaria, che faceva dei funzionari pubblici « la cosa del principe » --:– pretendeva e vorrebbe ancora pretendere da essi, non solo la loro prestazione professionale, ma al- tresì la loro soggezione politica (1). . Infine - sperimentato che la persecuzione que– sturinesca era impotente a infrenare un movimento, collegato a quello generale e grandioso del pro– gresso umano - ·i poteri pubblici si adattarono alla situazione di fatto, creata dalle organizzazioni pro– fessionali dei loro dipendenti. In Francia i progressi del « sindacalismo ammi– nistrativo » - come è invalso denominare il moto professionale degli impiegati - sono rapidissi~ì e le sue vittoriose affermazioni veramente suggestive. Eccone una prova inc~nfutabile. ~el 1887 il m_i– nistro Spuller, dell'Istruz10ne Pubblica, scriveva m una circolare ai Rettori: « Autonomia, f,ederazion·e, organizzazione professio– nale: queste tre parole, applicate a impiegati pub– blici, non hanno senso alcuno, se non sia sovversivo ». E soggiungeva : « Una funzione- non è una pr,ofessione ». Nel 1903, il Direttore dell'insegnamento prima– rio, al Congresso dell'organizzazione degli inse– gnanti, nel quale rappresentava_ il ministro della Pubblica Istruzione, così si espnmeva: « L'evoluzione sociale, alla quale noi assisti.amo, vuole che tutti i corpi, che hann.o i medesimi inte– ressi e che partecipano alla medesima opera, si rag– gruppino sotto la forma cooperativa », E al ·banchetto annuale dell'« Associazione gene– rale. degli Agenti delle Poste» ~e~ 12 giugno 1904, Dubief, mm1stro del Commerc10, affermava: (!) Da noi, l'approvazlone-soprall'azlone della " Legge sullo stato giuridico degli Impiegati " - ohe pretese mlopemente di arre■tare l'lnarrestablle e tu battezzata " legge-capestro "' tanto sembrò !&pi– rata dalla mentalità di un•... appuntato di pubblica, slcurez~a - è storia di Ieri. Ed è anche storia .... di oggi, mentre la reazione, to– gliendo vigore dalla guerra, richiama In onore contro gli Impiegati ohe, scrivendo sul giornali, non cantano le lodi del Dittatore, Il ca– pestro Ieglslatlvo, non potendo adoperar quello autentico di solida canape, consacrato nell' " uso Iocale tripolino ,.

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