Critica Sociale - Anno XXII - n. 5 - 1 marzo 1912

ClUTICAsOCtALE dernisti e i democratici cristiani ed è piena di ammi=– razione per Pio X, « custode dell'ordine », difensore immutabile e jeratico, non solo della fede cattolica tradizionale, ma della civ.iltà tutba quanta! GJ.i stessi teorici e dottrinari, accaniti avversari del nazionalismo metafisico, quando si manifesta sot– to la specie di filosofia « germanica», diventano a JQII'volta nazionalisti e .metafisici quando· si tratta deUe idee latine e greche di cui è nutrita la civiltà f.ranoes-e, e si rìferi·scono insistentemente alla ragione dogmatica e universale, criterio deJila civiltà, inoar– nata nelLa tradizione greco-latina. In conformità a questa ·concezione tradizionalista, i n:azionalisti pensano che o·ccorre, anzitutto, forti– fioare nel fanciullo abitudini, sentimenti, credenze e, per questa cultura pratica, non vi è, secondo essi, miglior disciplina che l'insegh.amento mediante le corporazioni religiose; che la cultura del.J'intelligenza deve essere tardiva e, per non diventare un eJ.e– ment-0 di disorganizzazione, essa non deve essere univ,ersalizzat-a, ma restare il privilegio di una élite, perchè le f-unzioni sociali devono essere il monopolio di organi differenziati, ed è sci-entifico, secondo Bour– get, che vi si-ano caste distinte: il popolo, che -as– simila e · che deve perciò conserva-re il suo istinto costiituendosi in corporazioni che l-0 fissino, con una cultura unicamente professionale, nel mestiere ere– ditario, impedendogli di evaderne, salvo eccezioni rare e lente; e una élite, che disassimila, che « pensa idee », che sola può elevarsi, medi-ante l'insegna.men- . to secondario e superiore, al disopra dei mestieri; o, piuttosto, che ha per mestiere proprio ed esclu– sivo quello di dirigere, coordinare, filosofare. L'errore della democrazia -sta nel voler dare al popolo idee generaJ.i. Il risultato di questo formi– dabile errore è che il produttore manual•e, il quale· d-eve r.estare manuale, una volta che ha qualche tinta di istruzione astratta, mal compresa e mal digerita, non vuole più obbedire al suo direttore inteI.lettuale. Ta1le la spiegazione delle lotte sociali! « La guerra attuale delle classi è propriamente la rivolta del muscolo contro -il nervo. » - « Essa è in funzione di questa semi-istruzione, di questo semi-risveglio di facoltà critiche di cui mena vanto la nostra civiltà». La divi&ione delle classi, la lotta delle cl•assi, è un terribile ostacolo all'unità della: nazione, per quanto l'esistenza delle classi sia un fatto e un fatto benefico, secondo i nazionalisti. 1 Che se, persuasi del predominio del fattore politico sugli altri fattori sociali, e particolarmente su quello e_conomico, i na– zionalisti credono poco alla spontaneità delle lotte ·sociali e, in tutti gli scioperi, in tutte le rivolte operaie, · essi cercano anzitutto ,Ja mano dello -stra– niero; essi riconoscono, però, che nelle lotte sociali vi è un elemento propriamente economico e morale, che è nella natura delle cose. Per rendere meno in– tense e per ·prevenire possibilmente queste lotte, al– cuni -nazionalisti, come Bourgel vorrebbero che « il nervo reagisse sul muscolo », cioè che le classi ric– che e dirigenti facessero uno sforzo energico per org,anizzarsi, onde affermare la loro forza e il loro diritto e rompere la forza operaia, specialmente di- . struggendone i Sindacati. Altri, come De Mun o Maurras, vorrebbero vedere invece un'intesa tra I'e– lement-0 operaio e l'elemento padronale, entrambi · organizzati,· ma riconciliati, fusi nella corporazione. Però anche Bourget non sarebbe cosi nemico del– I'orgamizzazione operaia, quando i suoi membri non fossero· dei « coscienti », cioè a condizione che ·il movimento sindacale non fosse autonomo, ma fosse docilmente subordinato all'organizzazione capitali– stioa e facesse una cosa sola con questa. È l'ideale dei corporativisti. Per essi la corporazione soltanto, riorganizzata e sottomessa aUa tutela del monarca,– apportlrebbe la soluzione del problema sociale. Nella corporazione, dice Maurras, « padroni ed operai con– cepirebbero, regolerebbero gli interes~i comuni ». La lotta delle classi sarebbe dunque soffocata, p,erchè i-I re, arbitro supremo dell'interesse nazionale, pro– teggerebbe da una parte i salariati còntro gli abusi possibili del capitale, e d'altra parte protegg,e– rebbe il capitale contro l'estero e le ambizioni eccessive del lavoro. L'armonia regnerebbe, a con– dizione che gli «umili» fossero convinti che « le loro più serie garanzie ... sono J,egate alla salute e al bene dei ,potenti ». Così, conclude Maurras, « senza negare le classi, noi· le subordiniamo ai corpi di mestiere che riuniscano tutte le classi e raggruppano i mem– bri d-ella nazione, invece di dividerli». Convincere l•e classi soggette dell'eccellenza della d,isciplina e della necessità della soggez-ione, è do– _vere sociale, urg,ente e indispensabile, deJ,Je classi dirigenti - chiave di volta di questa costruzione so- 9iale, pensiero, cervello della nazione - che hail'no Lutti i doveri e tutte le responsabilità, perchè, come dice Bourget, l'umanità vive p,er op-era delle sue éli– tes. Basta, dunque, convincere queste éliles del loro dovere sociale ed esse guariranno a ,)or volta tutte le classi di11ette; ed è inspirandosi a queste idee che il Maurras ha elaborato la famosa teoria del « colpo », che deve rovesciare la l."epubblica e ristabilire la mo– narchia, guadagnando alle· idee nazionaliste la mi– noranza, che egli chiama « il si-sterna cerebro-spinah: della nazione ». Le classi dirigenti, come hanno sole dei doveri, hanno sole la responsabilità delle catastrofi -storiche. Il popolo, armento amorfo e pecorone, incur.abÌ'l– mente ignorante e irresp<Ynsabile, non deve che con– fidarsi docilmente, per la ·prosp,erità dei suoi affari e lo stabilimento dell'ordine, altla ·scienza e -alla sag– gezz:a dei suoi governanti. L'intelligenza riprend,e così, rìella gerarchia de.Jle facoltà e nella gerarchia sociale, il suo posto natu– rale, che è il primo. Ma non per ciò essa è da con– siderarsi una forza pura, senza relazione colle ·a1tre facoltà o con l'organismo. Anche per, i più intellet– t~aolisti ha i nazionalisti, •essa dipende strettamente dalla sensibi.Jità, e questi rapporti tra la sensibilità e la ragione spiegano il culto che i nazionalisti han– no per il passato, culto che è la pietra angolare della dottrina ,e che fa di loro dei tradizionalisti. L'edu– cazione, la -esperienza personale ha un peso i-nsigni– fi.cante rispetto all'esperi-enza ereditaria, accumulata dagli antenati. Da questo punto di vista, la ragione individuale appare propriamente impotente, o, se ha qualche potere, deve esercitarlo nello stesso senso della esperienza eDeditaria. La ragione non deve dun– que opporsi alle istituzioni, ai costumi, ai pregiu– dizi che ci vengono dal pas,sato; deve al contrario esercitarsi nello stesso senso dell'incosciente e ten– dere a fortificarlo, anzichè contrariarlo. Così con– corderà la duplice azione della intellig,enza e della sensibilità. È, con quello di Taine, :l'insegnamento di Augusto Comfe: « I morti governano i vivi; l'u– manità si compone più di morti che di vivi ». Dal che risulta un vero diritto dei morti sulJ.e,proprietà

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