Critica Sociale - XXI - n. 23-24 - 1-16 dicembre 1911

CRITICA SOCIALE -361 sorpassandone la misura, agli anni terribili delle follie militari, al 1895 e 1896; gli anni che prepararono Adua... o che l'espiarono. Ci persuadevano dell'errore enorme di questo salto nel buio, sopratutto non accompagnato da quel salva- gente, da quel certo ombrello-paracadute (ahimè! un ninnolo da bazar!), che accennava l'on. Luigi Luzzatti, quando consigliava doversi far procedere di conserva il bilancio della guerra e il bilancio della pace so- ciale. Il che vuol dire, in prosa: la botte piena... e il resto (si ride). Quel paracadute che consigliava le sics =o ono- revole Alessio, accennando a quella piccola riforma tributaria (imposta progressiva sul reddito e monopolio delle assicurazioni) che il mio amico Nitti, come è na- turale, essendo dello stesso partito, si affrettava a dis- fare, pochi minuti fa (si ride); e che realmente, pro- mettendo trenta ipotetici milioni col sistema doloroso delle scarpe nuove, lasciava tanti dubbi nella mente, per quelle 28 maniere di ripercussione delle imposte, che accennava poco fa un oratore. Peccato che non sia qui l'on. Pantaleoni, che è maestro in questi argo- menti Insomma, io non sono abbastanza ferrato economista, per decidere qui, su' due piedi, se vi sieno veramente imposte che non si ripercuotano su chi lavora e pro- duce, sulle fonti stesse della ricchezza: è un mistero della fede, questo, che io non riesco a comprendere, nè a dissipare. E ho udito un altro tipo di discorsi: quello, in prima linea, del mio amico e fratello Leonida Bissolati; i quali dicevano al Governo: no, per altre considerazioni; per sottili calcoli di probabilità, che potrebbero essere veri, che potrebbero essere falsi; che potrebbero essere veri oggi e falsi dimani; (e qui hanno ragione i nostri op- positori, ha ragione l'on. Barzilai, quando dicono: Sero medicina paratur; non si può aspettare il momento dell'assalto per preparare le difese); che dicevano no per astruse cabale, che io rispetto da lontano, di poli- tica estera, riferentisi a cose ignote o malnote o mute- voli d'improvviso, custodite forse nel taschino del gité diplomatico dell'on. Tittoni; forse mal note anche a lui, perchè, in questa materia, è sempre possibile il ripe- tersi di qualche discorso di Carate... (Commenti). Questi altri discorsi dicevano no; sinceramente, non ne dubito; ma lo dicevano, sto per dire, a bassa voce; lo mormoravano, come si sussurra una preghiera, per chiarire e risolvere una delicata posizione di coscienza, per salvare l'anima. I maligni potevano osservare che era dimenticato il precetto oraziano: Si vis me fiere dolendum est Primum psi tibi. Questi discorsi, che di- cevano: no — vedete il singolare paradosso di tutta questa disputa! — a differenza da quegli altri che di- cevano: si, non persuadevano. E come avrebbero per- suaso la maggioranza, e, al di llt. della maggiaranza, il paese, quando in realtà coloro che li pronunziavano non erano riusciti a persuadere, non dico se stessi, ma gli stessi compagni di partito? quando ciascuno qui veniva a parlare per se solo? quando ciascun Gruppo dell'Estrema era in se stesso diviso e- tentennante, e perfino il nostro Gruppo,.che è il più compatto, si confessava >concorde nel voto ma discorde nei motivi? Ma il consentimento, il consentimento vivo, organico, saldo, quello che vibra, che si propaga e che sugge- stiona, è il consentimento nei • motivi; l'altro è una concordia meccanica, fuori del pensiero, fuori dell'uomo; che può dare un verdetto di giurati, ma non può dare la sentenza angusta, che si impone alle coscienze, e che lesta, quand'auche una forza maggiore le neghi di diventare immediatamente esecutiva. Questi discorsi, dunque, non persuadevano: gli altri, che persuadevano dell'errore, all'ultima battuta, con una mossa violenta di autofagia, si rivoltavano contro se stessi, dichiaravano che, per quell'errore confessato, illustrato, stigmatizzato, per quell'errore si doveva vo- tare! Non diversamente dirà l'onorevole Smanino, se debbo giudicare dal suo ordine del giorno. DI chi la colpa? — Il militarismo e la " mezza mi- cura,, dell'on. Giolitti. — Armamenti... parlamen- tari! Che rimane allora di questa battaglia? e merita essa questo nome? Colpa di uomini? colpa di cose? o è questa, come argomentano certo gli avversari nostri, la prova pro- vata dell'assoluta bontà della tesi governativa, contro la quale si sgretolano gli arieti nostri, prima ancora di venire scagliati contro di essa? Io non voglio rispondere ora, perchè anticiperei sulla chiusa: risponderò nelle ultime parole. Certo è che battaglia non vi fu. Vi fu cosi poco che, davvero, se non fosse per quella allegra farsa musicata, che si recita in queste sere al Costanzi (') e che me- ritò il sorriso compiacente del nostro primo ministro e quello perfino del re d'Italia; e la quale, se non pre- senta un interesse per se stessa, per le gaie scempiag- gini che canta, ne presenta uno signifieantissimo per la frenesia di curiosità che desta nel pubblico, il quale vi accorre sempre rinnovato, e vi si diverte e non vi si sdegna (ed è questo, mi osservava un arguto parla. montare, il significato di quella produzione: che essa rivela il gran credito crescente di cui noi godiamo, e il giolittismo del pubblico... che sono poi una sola e medesima cosa); se, dicevo, non fosse il timore di giu- stificare troppo quella allegra farsa musicata, io vorrei, anche questa volta, rivolgere un ringraziamento e una lode all'on. Giolitti (questo è bene di prammatica per gli oppositori di questa parte !) Perché, in fondo, lo sentiamo tutti, è proprio per virtù sua se questi provvedimenti.... non sono che questi; se essi non sono maggiori, come tutto lo invi- tava a proporne: la Commissione d'inchiesta, con i suoi 250 mila uomini di forza bilanciata; il giornalismo. di ogni partito, che meritò gli encomi dell'on. Spingardi ; la baldanza militarista, che da ogni parte gridava al ministro: " è questo il momento di osare: ricca è l'I- talia, ma ricca assai — chiedi ed avrai!; non. dimen- ticare, o uomo di Stato, che il carpe diem è il primo dei canoni di tutte le politiche: all'ubbriacatura segue le lendemain qui fait les trappistes. Questa è l'ora in cui tutto si può domandare, perchè tutto sarà con- cesso „. E per poco non lo accusa di alto tradimento per non aver osato di più; e si placa solo forse pen- sando che, anche epicraticamente, si arriva alla meta. Sì, alla meta; fu ben questa la parola dall'onorevole Spingardi più volte ripetuta; alla meta, cui muoviamo per tappe; e che è nei 250 mila uomini di forza bilan- ciata permanente; che è nell'aggiungere uno zero, come in Francia, ai 45 mila richiamati ogni anno, per l'istru- zione. Ma l'on. Giolitti è rimasto... giolittiano anche questa (II La Turtliptnetde, di Renato 8Imoni.

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