Critica Sociale - Anno XXI - n. 15 - 1 agosto 1911

CRITICA SOCIALE 227 ticolare concezione della vita, della storia, del mon- do. Oltre e prima che movimento obbiettivo, esso fu movimento subbiettivo. Fu sollevazione di masse; ma fu, prima, rinnovamento di coscienze. E, in questa forma, esso apparve inestinguibile fiamma pu- rificatrice e suscitatrice, nella cui luce nuova e vi- vida l'animo umano e l'aspetto delle cose sembra- rono trascolorare. Benché l'opera de' suoi maggiori teorici tratteggiasse con linee molto vaghe una nuova visione dell'universo, pure il socialismo s'impose subito come tale, come il principio d'una novella orientazione degli spiriti, come il germe d'una grande fecondazione d'anime. I comuni valori sembrarono capovolti: il mondo parve diverso e diversamente indirizzato. E non erano le fredde teorie e i calcoli astrusi, ad operare tale miracolo, o lo erano in trascurabile misura: era, invece, la maturata Meditazione degli spiriti, solle- citata dal fascino d'una rivelazione improvvisa; era l'intimo raccoglimento dell'anima; era quest'anima medesima, che si ripiegava in sè, a scrutare nelle sue fibre più riposte le radici interiori della rina- scenza sociale, le ragioni ideali, al di là della mo- neta corrente del bene e del male, d'una vita supe- riore, mèta lucente degli aneliti individuali e degli sforzi collettivi delle plebi doloranti. Il mondo fu asservito agli scopi ideali del sociali- smo. Marx divise la storia in quattro epoche: l'asia- tica, l'antica, la feudale e la borghese, corrispon- denti alle quattro fasi del lavoro umano. Ma questa storia, per lui, non era che preistoria: la vera storia « umana » sarebbe cominciata col comunismo. La lotta di classe sarebbe stata il mago sotterraneo di codesta portentosa trasformazione. Nel socialismo, l'umanità, libera dai ceppi, avrebbe padroneggiato i propri destini; avrebbe, alfine, ritrovato se stessa. Da questa visione essenzialmente idealistica del mondo, Marx scese ad articolarne dialetticamente il processo, a determinarne le forze propulsive, me- diante la dottrina del materialismo storico, non in- tesa o male intesa dai più. L'economia pone le con- dizioni passive dello sviluppo umano: l'uomo, su quel dato, pensa, vuole, opera liberamente. L'eco- nomia non'« determinai nulla: è l'uomo che fa tutto. La storia, 'come non è fatta dall'economia, così non è fatta di economia, di sola economia. La storia i un tutto, ell'è fatto di tutto. Così il socialismo, passato d'un tratto dallo stato di filosofia rudimentale a quello di filosofia compiuta, cioè al marxismo, battè vittorioso il mondo, facendo numerosi proseliti. I quali crebbero il giorno, in cui esso fu violentemente assoggettato alla mastodontica iniezione positivistico. Engels aveva già dato il se- gnale: e fu presto imitato, sorpassato, oscurato. La lotta di classe divenne la prosecuziOne, nell'uma- nità, della inferiore lotta per la vita. La progressiva evoluzione umana divenne l'episodio terminale del- l'evoluzione cosmica. Questa fu cantata su tutti i toni: dalla nebulosa al socialismo. Quale portento! Non è vero che il positivismo abbia fatto perdere al socialismo il suo carattere di idealità. Alla veste, fornitagli dal ribelle discepolo di Hegel, il sociali- smo sovrappose il manto spenceriano, opportuna- mente agghindato. Esso, bisogna convenirne, mutò del tutto il suo aspetto primitivo: da filosofo dialet- tico divenne un romantico evoluzionista. Ma la se- conda veste era trasparente; e, per giunta, gli cadde presto di dosso, In codeste metamorfosi esteriori, il socialismo non perdé la propria anima. Esso aveva un fondo umano, che niente riusciva ad occultare. Marx non l'aveva distrutto, riempiendolo d'un contenuto storico. Lo aveva, anzi, posto in valore; ne aveva operato la più grande utilizzazione, per dare una ideale via d'uscita e di salvezza alle grame energie proletarie, soffo- cate e disperse nel primo turbinio dell'industriali- smo capitalistico. Eterno quanto la sofferenza umana e le disuguaglianze sociali, forte quindi d'un conte- nuto sentimentale ed etico, il socialismo assunse, nel- l'opera di Marx, forme contingenti. Noi, così, da prima, lo conoscemmo e lo apprezzammo. Fieri, anzi, della sua e storicità s e della sua dimostrata certezza, quasi ripudiammo, come volgare e sciocca, ogni in- filtrazione affettiva: il nostro doveva essere un socia- lismo cerebrale. Ma la verità era che alcune corde sentimentali vibravano in noi. Marx aveva « razio- nalizzato n il nostro fremito, nello stesso momento in cui l'aveva determinato. Poi l'aveva storicamente suf- fragato; e al suo vago contenuto etico-filosofico aveva fornito uno scheletro solido nella dottrina del ma- terialismo storico. La filosofia del socialismo s'avvicina dunque ad un misticismo attivo e nutrito di storia. E sentimen- tale ed idealistica, con vivi accenni d'interpretazione storica: da ciò trae vita il suo spirito di battaglia. Chi specialmente legge le undici Glosse di Marx su Feuerbach non tarda ad accorgersi del vivo con- tenuto idealistico, ond'è piena la sua filosofia. La praxis ha un'importanza somma, in ispecie conosci- tiva. Marx, al vecchio punto di vista « borghese », so- stituisce il nuovo: quello della società umana o della umanità socializzata. Questa filosofia, malgrado l'innesto positivistico, non subì, dopo Marx, variazioni notevoli. Anche og- gi, in certo modo e con rinnovati criteri, vi si ritor- na, da parte del nuovo idealismo. Pure, l'atmosfera spirituale, alla cui formazione essa contribuì, sembra diventare sempre più greve ed ug- giosa. Il ritorno all'idealismo sembra corrispondere ad una fuga dell'ideale. Ciò è interessante e degno di studio. 3. LE RAGIONI DELLA CRISI. Il pensiero socialistico è oggi abbandonato. Le idee di eguaglianza, di giustizia, di libertà; i concetti di emancipazione proletaria,- di redenzione umana — che costituirono la fioritura del suo spirito filosofico e di cui esso largamente si servì — non appaiono più che fredde parole, incapaci di accendere gli ani- mi, di affascinare e di conquidere. Somigliano a vec- chi arnesi, già utilizzati, sfruttati, vuotati del loro contenuto emotivo. Il loro spirito è decisamente « su- perato ». Perehè? Chi vede il socialismo attraverso il positivismo, e crede all'efficacia dell'innesto positivistico del mar- xismo, troverà facilmente, nel tramonto del positivi- smo, la ragione del tramonto del socialismo. L'uno trarrebbe con sè l'altro, che gli è strettamente le- gato. Senonchè, il socialismo, sgorgato da altre fonti e dotato di altro spirito, non può dividere la tomba col positivismo: tutt'al più, potrà averne una pro- pria... Perché il socialismo — nel suo pensiero filo- sofico — ha vissuto di una vita tutta sua, avendo „in sè le ragioni di se stesso. E queste non furono che

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