Critica Sociale - Anno XXI - n. 10 - 16 maggio 1911

146 CRITICA SOCIALE ture dell'edificio, denudate all'improvviso, mostra– rono i sublimi impeti della. fede, anzi che le salde costruzioni della scienza. In che cosa, dunque, il socialismo scientifico si differenziava da quello che esso avea chiamato e deriso col nome di uto– pistico? . . Nè le previsioni storiche di Marx,_ che p_1ù si allacciavano alJa sua indagine econom,ca, venivano ultimamente dai fatti suffragate. Specialmente la concentrazione capjtalistica e la miseria crescente del prolelari~to si rivelavano, ogni dì più, destituite d'ogni fondamento di attendi_bili_tà :_b~nchè leggi di lenclenzai neppure come tah s1 d1chwravano e s1 affermavano. Parve la fine del socialismo. E, indubbiamente, chi rilegga ora, rinnovato di studi economici, ma senza il conforto di altre nozioni integranti, l'o– pera maggiore del pensatore di Tréviri, non lar– derà a crederlo; poichè proverà la strana sensa- 1.ione di esumare un avanzo archeologico, che, solo per qualche motivo e per qualche linea, appare ancora «attuale», utile ed utilizzabile. Il p;\nico, da cui è invaso Marx per l'infuriare della violenza liberistica, non ha più la virtù del contagio. Noi ormai sent.iamo il proletariato forte, infinitamente più forte; di qui l'impossibilità che il terrore di Marx possa impadronirsi di noi ed offuscare le nostre facoltà di osservazione e d'induzione. Il mondo s'è trasformato: e noi con esso. Altri dunque, che non ha veduto in Marx se non l'indagine e la previsione economicn, a ragione ha sospettato, allorchè quelle son cadute infrante, la morte del socialismo. Senonchè, nè questo è morto, nè, insieme, è morto il socialismo che suol chia– marsi scientifìco. Chiudendo il caduco libro di Marx, più viva e più forte - di quella vita e di quella forza che non muore - ho sentita palpitare l'anima del grande rivoluzionario, come disseminala e propagala nel gran mare dell'azione, dov'è sola la fonte delle conquiste e delle vittorie future. Al disopra di ogni elucubrazione economica, al di sopra di ogni considerazione sociologica, al di sopra d'ogni pre– visione st.orica, una legge ch'è sua, una legge im– peritura, Marx ha formulato : la lotta di classe: ed un interesse, una esigenza, un bisogno solo ha di– chiarato proprio del proletariato: la socializzazione dei mezzi di produzione. Chi ha mai distrutto quella legge? Chi_ha mai negato quell'interesse? Nessuno, mai, con sicurezza e con oneslà. Ebbene, ogni altra indagine, ogni allra jnduzione è superflua all'affermazione della finalità sociali– stica. Gli impulsi psicologici non si nutrono di dimostrazioni economiche. L'iniquità del sistema capitalistico è un concetto etico ed un motivo sen– timentale, che non esige, per sussistere, 1a prova dell'equivalenza valore-lavoro, la p.-ova della realtà del plusvalore generato dal pluslavoro, come altre prove economiche, di carattere, cioè, quantitativo. Il processo economico, invero, riesce sempre a tro– var l'equilibrio, anche là dove il conflitto d'interessi e la disparità delle condizioni sociali sono più acerbi. E l'economista, che cerchi la realtà dietro l'apparenza, il noumeno sotto il fenomeno, l'assoluto oltre il relativo, non fa opera di scienza economica, ma solo d'idealismo etico. L'Economia deve spie– gare, non giustificare, nè condannare. E chi in essa si inoltra, guidato da vedute morali, non può spie– gare, nè spiega, ma solo s'impiglia in paralogismi economici inestricabili: cosi il lcworo-ualore ciel -Marx val quanto l'astinenza-pro[illo del Senior. Il sentimento di giustizia è estraneo all'Economia. Se il proletariato lo possiede, la sua azione ne sarà BibliotecaGino Bianco riscaldata e potenziata: ma con ciò 11011ha più alcun rapporto l'indagine economic:i; o, se ne ha, l'ha per ragioni del lutto nuove e chvers~: per quel tanto che l'azione consapevole ed rntens,ncata della classe lavoratrice influisca sui rapporti economici. Superfluo poi, notarç che, al cli sotto di codesta fotosfera ideale ed etica, e comunque colorito, ab– bellito, idealizzato, permane ed urge sempre, nel fondo, un interesse concreto, l'interesse di classe. E questo è la molla d'ogni aspirazione, d'ogni mo– vimento, del socialismo stesso. D'altro canto, non sembra premessa necessaria del nuovo ordine sociale la preveduta, ma non av– veratasi, concentrazione capitalistica, con la conse– auente crescente proletarizzazione. Da im lato, la ~oncorrenza si ne.~a e muore nel Sindacato indu– striale; dall'altro le niedie proprietà resistono, e il proletariato migliora senza P?Sa le 1:r?p1:ie con~\– zioni economiche e le proprie « posmorn » politi– che. Lo Stato, non più « Comitato esecutivo della classe borghese», aprendo i propr1 pori alla. fil– trazione proletaria, produce, più o meno abbon– dantemente, più o meno utilmente, le misure di le– gislazione sociale, delle quali anche Marx fu, a suo tempo, propugnatore zelante ed ardente. • Ma, se tutto ciò è vero, è ve.-o allresì che non un istante cessa o si assopisce quel conflitto d'in– teressi, in cui si dilacera l'odierna compagine so– ciale, e nel quale il proletariato, raccolto in Sin– dacati di mestiere, mostra, ogni dì più, la costante, univoca tendenza socializzatrice, siccome l'aspira– zione incoercibile, che dalle cose trasvola agli ani– mi, verso l'unica risoluzione delle presenti antitesi e la liberazione economica e sociale ciel lavoro. E la forza delle associazioni e le loro crescenti ac– quisizioni tecniche dichiarano manifestamente che quell'aspirazione non è il sogno cli un solitario o l'utopia di un veggente. Il socialismo diventa sempre più un problema di forza e cli capacità. Se le indag-ini etico-econo– miche di Marx non erano ad esso necessarie, nep– pure gli è necessario l'avverarsi delle previsioni marxistiche. Gli utopisti hanno avuto il torlo di parlare cli socialismo, allorchè il proletariato non ancora esisteva, o non ancora come classe orga– nizzata: in ciò era la loro utopia. E nel contrario è la «scienza» di Marx. A parte la sua vulcanica opera pratica di ag-ita– Lore e di sovvertitore, della quale ancor oggi ab– bondanti si raccolgono e si tramandano i frutti, ciò che sopravvive dell'opera sua di pensatore è ancora il n6cciolo del socialismo contemporaneo: tutto l'aHro · è ruinato, pcrchè doveva ruinare, per– chè era l'acceso riflesso d'un fugace momento sto– rico, perchè era scientificamente assurdo, perchè era superfluo all'azione e alla vittoria proletaria. Che se da codesta paradossale costruzione viziosa potè un giorno ir.radiarsi una luce fantastica, che contribuì a svegliare, a trascinare, a sospingere per le vie clell'icleale le falangi operaie, fu perchè vi pulsava un ampio palpito umano di uguaglianza e di giustizia, vi alitava uno spirito di allo ed in– distruttibile valore etico. La «scienza» diventava «etica,,: e fu questa che sollevò ed affratellò gli animi. L'« etica>> diventava «prassi>>: e fu ed è questa che gui.dò e che conduce alla lotta ed al successo. Ma ciò non è tutto. Le basi teoriche del sociali– smo - che Marx pose, e che nessuno più rifece - si sono, non distrutte, ma solo assottigliate, solo selezionate in un ,ninimum vitale irriducibile. e slrelle e racchiuse in un fortilizio inespugnabile, che s'agguerrisce di fatti e riconosce l'azione sua legge sovrana. Aver constatato l'esistenza collettiva del prole– tariato, averne intuìlo l'interesse più acuto e la

RkJQdWJsaXNoZXIy