Critica Sociale - Anno XX - n. 24 - 16 dicembre 1910

378 CRITICASOCIALE rifuggì da tali arti e le neglessc 1 ma l'ingegnò, che altri pone nel f'al'si innanzi e nel provocar laudi e battimani, si direbbe che a bella posta egli spiegusse in ci:1cogitare e attuart' gli s1rndienti pill acconci a stornare lunge dal s110 nome e da' suoi scritti la curiosità de! volgo profano e a serbare intatta, per sè e µer eletti e numerati amici, l'intellettu,lle e si• gnorile solitudine che ern così amicamente prorizia nl fiorire della sua arte arguta e meditativa. Egli stesso, insomma, fu il fabbro, assiduo e consapevole, della sua malinconica vicenda; fu l'artefice della SlHt sdegnosa. e aristocratica oscurit~t. I suoi libri, a cominciare dal!' Alirieri c dalla Vita di Alberto Pisani, che, precocissimo autore, compose rispettivamente a diciannove e a ,-ent'anni 1 li venne via via puhblicanfio, tr..t il 1 68 e I' '87 1 in cdizioni 1 quasi tutto semiclandestinc. di numerati esemplari, o in appendice a poco diffusi giornali; li venne pubblic,111do, talora in elegantissima veste 1 più per i fidi amici, che onorò costantemente di culto di\,oto, clic per i legi.;-itori ignoti; anzi, direi, più per sò che per gli altri. I~, nell'ultimo ventennio della sua vita, si chiuse anche più austeramente e ferma.mente entro se stcsso 1 per modo che c1.hu1dio quel po 1 di nome che, quasi suo m1.ligrado1 egli si era fatto nei primi decenni della sua. ~!acre operosità. e del suo sodalizio spirituale con Luigi Perelli, era venuto svanendo del tutto e la sua opera fu atftttto assent~ dalla. circolazione libra.ria e intellettuale, per entro la. quale si è venuta educando la. generazione che ormai, pur troppo, non è lonta1m dal " mezzo del cammino ,.. E ben si accumularono tra le sue carte le lettere gratulatorie - ora piamente esumate da Gian Pietro Lucini - e i giudizi pieni di non men– tita. ammirazione di critici autorevoli e dificili, fra gli altri del Carducci j e scrittori di altissimo me• ritv. come il Correnti e il De Amicis, carteggiarono con' lui da pari a pari; e altri aneora, non prodighi lodatori, levarnno a cielo l'uno o l'altro de' suoi libri o de' suoi bozzetti. }la questa lusinghiera estima– zione rimase alcunchè di privato e d'inedito e non oltrepassò i termini di un'augusta cerchia di amici. E 1 alloraqutuido i 'l'revcs diedero fuori il primo tomo delle sue opere, il suo nome sonò 1 tranne a po– chissimi, incognito e nuovo; e le sue pagine furon lette come una " novità ,, ; non pur 1 dico, dal pub• blico che non fa professione di lettere e di coltura 1 ma in gran parte anche da' lettori meglio informati della letteratura nostrale. E subito la sua. tigura apparve notabilmente distinta dalla volgare schiera e di più s1>anne sovrastante ad altre figure che pur vanno petulantemente e chiassosamente per la mag– giore. Non - intendiamoci - ch'egli sia un perfetto e impeccabile scrittore! Difetti ne ha parecchi, e 1 a così dire 1 costituzionali. Ma 1 pur co' suoi difotti 1 val più, assai più 1 di molt'altri, e vecchi e recenti, scrittori forbiti e politi e in tutto e per tutto, sì nel pensiero e nell'invenzionc 1 sì nella stesura o, se vuoi 1 nello stile equilibrati. Chè a lui singolarmente si attaglia quella profonda sentenza del ~fachiavelli, che non l'assenza di " vizi ,,, ma la presenza di reali " virtù " rende ammirabile, in qualsivoglia campo, l'uomo. " Vizi ,, 1 dunque, ci n'ha pii, d'uno; e sovra.tutto quello cli essere troppe volte lamhiccato, sforlato, lezioso. Non è la sua mai, o quasi mai, una lamOic– catura volgare, una leziosai;g1ne fatua, uno sfor1.o grossamente sgraziato. Sempre, anzi, sotto all'imma– gine barocca, all'aggettivo scelto o collocato o rim piccinito ar~adicamente, allll. 11011 felice, insorn na, virtuosità formale, lampeggia, 1>iÙo meno di:,cerni– bile1 una idea acuta o una fantasia leggiadra; ed egli, comunque, in questo s~o atteggianrnnto non imita nessuno o imita ~ ripete solamente se stesio; anche se qua e là sembri fluire per entro la sua prosa alcuno de 1 vezzi che più piacquero ed ebbero lor ventura nella letteratura milanese del periodo rovaniano 1 e tornare alcun moti ,•o degli umoristi stranieri a' quali egli più si assomiglia. E indubbia– mente, se noi le,i{giamo di seguito, per ordine cro– nologico, le cose sue, troviamo che questo suo più gran difetto va via via temperandosi e attenuandosi dagli scritti, pure per molti rispetti ammirevoli, del– l'adolescenza in p,oi; e che, in sua vece 1 vi diven• gono più frequenti ,quell'altre doti, d'immediatezza icastica, di rapidità e pienezza descrittiva o rievo– cativa, di sottil finezza analitica, che sono tra le più amabili caratteristiche della sua " nobilita.de ,,. Ma non può negarsi, neppure da' suoi leggitori meglio disposti, che quel suo abuso d'ingegnosità concet– tuale ed espositiva e quella sua sintassi così spesso capricciosa, pur nella sua valida securtà intrinseca, e ardita, stanca e angustia non rti rado lo spirito di chi legge e fa desiderare una pili corrente fluidità (l un fare più semplice, più snodato, meno sminuz• zato e spezzato: quel fare., del quale il Dossi ci of– foriscc, d~I resto, massime negli scritti, stilistica– mente dir gran lunga. i migliol'i 1 della virilità, bel– lissimi esempi. Chè egli possiede una versatilità e una duttilità, non pure <li concezioae e d'in\'enzione, ma altresì, e di conseguenza, di raffigurazione for– male1 ammirabili, e, pur serbando C08tantemeote in• tegra e schietta la sua fìsion•,mia fantastica e stili– stica, accoglie ed esem pia nella sua opera e 01:,lla sua prosa doviziosamente multiformi una invidiabile varietà. di atteggiamenti concettuali erl espositivi; e, dopo e frammezzo a p 1gine ove men piacente spesseggia il freddo luccicore de' suoi artifici verbali di più dubbio gusto, altre, e numerose, se ne leg– gono vividamente spedite,. ricche di grazia e di forza, corrusche di lampi e di chiaroscuri sapienti ed esenti d& qualsivoglia ombra di retorica virtuo• sità. E anche si yale egli con indiscreta frequenza della sua bravura in coniare nuovi vocaboli o in rinfre– scarne degli smessi e obliati o in trasferire nella sua lingua de' termini vel'llacolari, e specie ambro– siani: bravura che non sempre gli serve con la stossa felicità e prestanza. E infastidisce a tutta prima il suo abito - contratto da Carlo Cattaneo e appoggiato a ottime ragioni che non 1,ossono nè po• tranno mai nulla. contro l'uso iuv ... lso e non reJUO\'i– bile - di accentuare le parole sdrucciole, bisdruc– ciole e semipiane 1 non escluse le più facili e comuni. E paiono, co,mrnque, contraddire a tante minuziose diligenze lessicali e ortografiche certe sciatterie e negligenze di che egli talora si compiace e pare farsi bello. E infine - per' 11ou tacere de' suoi di– fetti d'altra natura - troppo spesso ei s'indugia a sermoneggiare eziandio intorno a cose ovvie e a motivi già abb6ndantemeate sfruttati e discorsi; e certi suoi quadretti sanno di genere e di maniera, e certe sue pennellate hanno una tinta falsa e im· portuna. Ma 1 in compenso e nell'insieme 1 r.he amabile e valido scrittore egli è! E com'è schietto e delicato il realismo che pervade e alimenta molti altresì d~' suoi passi e:1trinsecamente meno ben lavorati I Un realismo poetico e penetrativo, che dà un'anima di vibrante sensitività a tutto che tocctl e sorprende e ha un tremore no8talgico e un calore rievocativo pieni di mesta e pur dilettosa :.uggestione; e si con• creta in una beata e svaritt.tissima dovizia di ricordi, di de;icrizioni, di r.1ppresentazioni, di fantasie sculte o pitturate o miniate con quella fra.oca e profonda evidenz 1 1 che delle cose ti dà non pur i tratti esterni 1 ma lo spirito; non solo quello che uoi vi- vediamo, ma eziandio quello che vi sentiamo dentro. Miniare sovra.tutto egli sa: anime e soggett~. E non cfie par.

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