Critica Sociale - Anno XX - n.13-14 - 1-16 luglio 1910

zoo CRITICA.SOCIALE · sempre paralizzata, sino a quando la mala pianta del " banchista 11 o del " padrono ,, coniiuuerìl a vivere rigogliosamcnto fra i nostri connazionali. " r.·opera sinistra dei parassiti di vario nome durerà, fin che l'emigrante sarà tenuto nella condizione di un irregolare del sistema industrialo americano, fino a quando il ratto del collocamento non sarà stato sottratto all'aziono dei mezzani disonesti o dogli organismi pro– tetti,•i di carattere filantropico, o ricondotto nel campo delle legittime attivi!:~ dei Sindacati.,. S'Impone dunque la creazione di un istituto che, all'infuori di ogni forma, 11iapur lanata, di crumiraggio, serva a mettere in rela– zione la folla immigra.1!te con le Unioni; d'un organo che compia, per dir così, l'allenamento sindacalista dei cafoni analfabeti, dimostrando loro la possibilità di tro– vare lavoro alle migliori condizioni consentite dal mer– cato, senza l'ausilio del compare o del banchista. Oc• corre pertanto non già. soJ)primere l'Ufficio del lavoro, attualmente manteuuto a New York dal Commissariato dell'Emii:m1ziono, come paro vorrebbe il dott. Luigi Vil– lari, nostro addetto di emigrazione a Filadelfla, ma piuttosto riorganizzarlo in modo da farlo diventare lo strumeuto dell'auspicata organizzazione economica della mossa emigrata. li collocamento avverrebbe per opera dei Sindacati e l'aziono statalo si llmiterobbo a incana– lare nei quadri dell'organizzazione sindacale l'offerta di rnano d'opera 1 tumultuariamente rappresentata dalla rolla emigrante ,, (I). ... Una simile funziono Integratrice, tutt'altro che estranea a una concezione moderna del c6mpiti dello Stato, po– trebbe raggiungere, oltre gli accennati vantaggi, un altro di somma importanza: quello di affle\'olire le osti– lità della classe opornia. indigena contro i nostri lavora– tori. Sin qui l'opera del Governo o delle varie associa– zioni sussidiate dal Governo è parsa più diretta a fo. montare il crumiraggio che a frenarlo. Quando invece si dimostrasse l'aperta iotonzione di non mettere in con– correnza tra loro glì operai del luogo e quelli di fuori, si attenuerebbero certo lo antipatie e lo odiosità pre• son ti. Mai a tale scopo, pure altri moz:-:iefficaci potrebbe e dovrebbe usare il Qoyerno. Qui sì, in questo campo, la nostra diplomazia avrebbe modo, sapendo, di far valere Fim1)ortanza economica della nostra emigrazione italiana e cli trovare quel punto di coincidenza fra gli interessi ,lei nostro e degli altrl paesi, al quale accenna,•a nel suo discorso l'on. Ferri. Perchè ò indubitato che, mentre oscure nubi si ad– rlensano all'estero sulla nostra emigrazione, nessun paese avrebbe tornaconto a chiurlorle in raccla le porte. Oli stessi Stati Uuit:, che sembrano i piì1 intenzionati o. questo ostracismo, sono ben lontani dall'essere 8aturi di popolazione straniera. Un recente scrittore americano, citato dal Villari, afferma che nella grande repubblica Yi sarebbe ancora posto per 150 milioni di emigrati C). Nè c'è da credero che Pavversione contro i nostri lavo– ratori dipendn forse dall'essere ritenuti ioreriori di fronte ai lA.voratorl delle altre parti del mondo. A giudizio di tutti gli 8passionati, condiviso da parecchi scrittori ame– ricani, l'operalo italiano supera i suoi simili cli tutte le altro naiioni. :. L'immhrraziono Italiana costituisce una dolle ml– uliori e pii'1sane correnti onde si rin~anguano gli Stati Uniti, paese che 11offredi sviluppo precoce ... Como ter– razziere e ll\\'Oratore, ardito, sobrio e robudto, l'italiano, discendente eia quei Romani lo cui strade magnifiche si irradia\·ano attraYerso il mondo allora conosciuto, ri– tiene ancora racilmente il primato. n (') (') \'. ,1vm11'! <lei 'li 1,etternllre 1909. ~I llfC0U0IIT0S lrn.1.sm :BUl'W: fo11><>•·tt1l .Ame.-itlmB, New York, ( 1 J DI\ un articolo di t 'lt.l.SK )IAllSU.\LL W111n:, In Oul/ook, r111or• tnto ua I/L1iercC1 ,zo mar1.o 1910. Occorre pertanto ben comprendere come le ostilità. non derivino, agli Stati Unìtl ed altrove, da interessi generali offesl 1 ma da interessi particolari, egoistici, che, nel proprio danno immediato, più preteso che reale, vedono il danno di tutto il paese. Sono lo classi operale - l'abbiamo già. dotto - e il ceto del commerciantl 1 quelli che incitano il Governo a bandire la crociata contro i cinesi d'i.:,'uropa. Nella loro cecità e nel loro spirito gretto non comprendono costoro che i salari in– tascati dai nostri lavoratori, o anche rimessi in patria, non sono sottratti nè rubati a nessuno, giacchè non altro costituiscono se non uun piccolissima parte della enorme ricchezza che la mano d'opera italiana ha saputo pro– durre o regalare al paese che l'O!ipita. Senza di essa, l'America oggi non sarebbe cosl ricca e potente come si vanta, e non potrebbe nemmeno dare ai suol lnyorl quol grandioso sviluppo, dol quale per i primi approfit– tano, facendosi la parte del leone, gli operai indigeni. Quanto ai commercianti, i quali lamentano e disprez– zano la parsimonia del nostri connazionali, ci sann') dire dì grazia quale aumento subirebbero le loro rendite se l'immigrazione cessasse e se sparis8e dagli Stati Uniti il milione e mezzo d'italiani che vi si trovano ora? Sl, non neghiàmo: il carooe meridionale mangia 1•oco, an– che troppo poco; ma, se non ci fosso, mangerebbe meno, e i bottegai americani si accorgerebbero allora che una clientela l\nche povera ò sempre meglio di nulla. . .. Non parliamo delle 011tilità.che, partendo sempre dal miseri motivi accennati sopra 1 si ammantano sotto gran-– dio9i scopi di civiltìt, di moralità e simili. Si sai per esempio, come 1 1 opera nefasta della Alano 11era, che spesso offro il pretesto di gridar In. croce ad– do~so alla immigrazione Italiana, si eserciti a quasi osclu8ivo danno dei nostri connazionali, e non costi– tuisca ne8sun grave pericolo per la società americana, la quale, d'altronde, ben poco ra per salvaguardarsene(!). Parimenti ò noto, arcinoto, e anche noi ci abbiamo itnistito piì1 volte in altri scritti, come la famosa cam– pagna. contro nta.lico analfabetismo, diretta, in appa– renza, a difendere il mondo americano dalla barbarie, non sia che una lustra per tutelar~ ben pH1 pratici e prosaici interessi. Qunlcho volta gli stessi americani so lo sono lasciato scappare di bocca: " Abbiamo scelto a pretestlJ l'a11alfabelismo 1 come il pil,. allo a t·id11rre di mollo t'immfgra-?ione, uon ve,·chè pensiamo che gli a.,10/– {abeU siano peggiori 11 ; co~l •dichiarnva il prof. Ward dell'Uulversilù. di Haward In un discorso tenuto a Bo– ston noi 1902 e). Ma ò un pretesto, per fortuna, cho non fa presa su tutti gli Americani. Oli spiriti sereni _riconoscono anche là che 11analrabeti8mo dei nostri la"o• ratori rappresenta tutt'altro che un danno per la civiltà degli Stati Uniti. "Noi abbiamo bisogno - scrive F,liot Lord (') - di emigrati che possano essere facilmente americanizzati. Ora, l'uomo che ha una coltura perde la !lua impronta nazionale assai più difflcllmoote dell'analfabeta. Il me– ridiona.le adesso è un assai buon materiale primitivo. Come emigrato, un calabrose f!.Ualfabeta è per noi pre– feribile ad un principe romano istruito, ohe qui rarebbe poca rortuna. L't<lucation text, ossia. la richiesta del saper leggere e scrivere, non ò un buon criterio quando si tratta di concedere il diritto di uaare la zappa, il pie- t'} \'. NRpoleone COIRJRnU.l, .S,llle co11dl.::lo11i elle {(li'Ol'L/JC0/10 /a Cl'l• mi1w11tù O!Jfi Stmr U11HL, In l/(1sstg,1C1 Co11temporo11eo <lei rebllrnlo 1910. ('J Cll11to lln (l10,·.1.:s:,,;1 P1O:z1os1, In Rwsseq11a t·o11temponwea del gennaio 1910. ( 1) 1'he Jlalla11 lt1 A.me, ·tta, citato dal Vll,L,uu 11oll'Emlg.-ozlo11e e B«e COl!i!t{liltllZd it1 /f«//(1.

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