Critica Sociale - Anno XX - n. 2 - 16 gennaio 1910

CRITICA SOCIALE l9 rimproveri il largo uso delle citazfoni bibliche, che, se non sono mattoni, spargono un aroma d'incenso e rendono piì1 solenne, e forse più efflcace 1 la vostra azione. Però; è giunta l'ora di integrare la legge con qualche cosa che sta fuori della legge. l!: 1 per noi, di parte estrema, è giunta anche l'orn di confessare che il rude abbraccio delle realizza– ;t.ioni ha stroncato alcune illusioni, di cui era infio– rata la p1·eistoria della nostra politica dei cm1sumi, in questa prima pagina che è quella I).elle abitazioni. Ai primi assalti elettorali poteva parer facile otte– nere la diminuzione dei fitti, fiaccando i trusts pa– dronali, unica causa, secondo l'antico latinetto, del crescente disagio. Con tanto hisoguo di case, l'in– du~tria edilizia non può essere che una buona spe– culazione; se non costruiscono gli imprenditori, co– struisca.no gli enti pubblici, o nuovi fstituti creati <ut /t()('. t un po' il 1>resupposto delle leggi passate. Non tutti videro, fin da principio, la. elementare verità che, per l'equilibrio dei prezzi, gli investi– menti in nuove costruzioni non rappresentano nlcun reddito speciale, e che i coefficienti di fabbricazione assorbono il margine degli alti fitti. Se si verificano colossali rendite di posizione per i !Jl'Oprietarl delle vecchie case, non è buon impiego di capitali quello che si fa nel costruire case nuove. Tutt'altro. Non si costruisce perchè costa troppo il costruire. Chi di noi si è provato, a capo di Comuni o Coo– pern.tive, nel mestiere di fabbricatore, ha dovuto constatare che non si possono gettare sul mercato ahitazioni nuove 1 ad un prezzo sensibilmente infe– riore a quello che corrisponde ai fitti attuali. E ciò, sia il costruttore un capomastro od una società spe- , culatrice, o !';ia - a maggiore ragione - un ente morale. J1 problema è di mattoni e di braccia. Bi– sogna che <limiuuisca il ('osto d'i costruzione. Ecco l'idea centrale, da porsi alla base delPattivifa comune per le case popolari. Lo stesso programma delle case popolari si slarga, e si l'icongiungc a quello delle case senza aggettivo. La legge Luzzatti, 1~el nohile sogno di case belle e ridenti per gli umili, urta contro le leggi economiche, che ai più poveri riservano i beni marginali di risulta. Si è detto che è come dar l'orologio a chi ha scalzi i piedi. La critica è eccessiva; non deve S()erdersi lo sforzo di elevazione del tenor di ,,ita, il contenuto etico, il lato qualUativo del problema. Ma questo è, sovratntto, di quantUù. Aumentare l'offerta di case. l~d a ciò servono pure gli speculatori, purchè co– istruiscano; e i palazzi e i villini giovano anche ai poveracci, che trovano liberi degli abituri, ultimo anello della catena. di spostamento, che produce l'accresciuta offerta. di vani abitabili. n Congresso delle cnse popolari, per aver concreta efficacia, deve in massima parte diveuirc un Con– gTesso edilizio. Sic et sùuJJUciter. Come si possono diminuire i coetlicienti cli fabbri– cazione? 1° Le aree. - Si ò esagernto sulPinfluenza che questo fattore, tranne per casi di centralità. o di eccezionale ubicazione, esercitit sul costo complcs– i:sivodelle Ca$e. Poco influiscono venti lire su due o trecento al metro quadro. Ma si apre qui, prospet– ticamente, un altro ordine <li problemi, di Boclenpo– litH,:, collegati strettamente alla vita comunale. Ed, ecco, si affacciano esperienze interessanti. Come tt Homa, ove abbiamo uua legge più ardita di taluna che invocano i socialisti d'oltralpe e d'oltremare, nllt incompleta, epperò di non certi risultati. Or siamo ancora all'inizio; e comincia appena a schiarirsi quell'incognita che fu, fino a ieri, il mercato delle aree. Che bell'osservatorio avremo tra un anno qui a Roma! Comunque, certo si è che i grandi demani edilizi saranno un cardine del Comune nuovo. ~~ son bei temi - questi - per un Congresso: realistica– mente sintetico, delle case popolari. 2° Il c~edito. ~ Si influisce sul costo del de– naro coi premi che alcune amministrazioni locali largiscono, pagando una quota parte degli interessi. ì\fa ò sistema. d'eccezione. La legge Luzzatti auto– rizzò vari enti a far mutui alle Cooperative, perchè facessero case. J1 solito critico dice che autorizzare ò bellissima cosa; ma anche chi non ha un soldo i11 tasca è.. autorizzato a comprare le gemme che splendono nelle vetrine. Snl'ehbe istruttiva una ri– cerca sulle operazioni, compiute finora, dalle Societìt tontlnarie, dalle Ca~se di risparmio, ccc., a favore delle iniziative popolari per le case. Sono piÌI che non si creda, ma sempre meno, molto meno, di ciò che bisogna. E non soltanto ad attribuir facoltà, ma a creare l'organo del credito pensa oggi 1'011. Luz– zatti, colht sua Banca del lavoro, per la quale ha l,{ià raccolto da quindici a sedici milioni. Cifra inspera– tamente alta, di fronte alle pavide opposizioni della conservazione politica e bancaria; ma ahimè! be11 altro ci vuole per l'immane bisogno di case che ha il nostro paese! Anche qui Forizzonte del problema. si slarga. Non i mutui soltanto per le abitazioni economiche; ma occorre, per accrescere sensibilmente l'offerta cli case 1 affrontare il problema del credito edilizio, che ha esi– genze e difficoltà, diverse da quello fondiario. L'arcoba– leno della cartella edilizia e del suo mezzo miliardo splendette, come promessa, al Congresso di Cremona; ma non se n 1 è fatto ancora. nulla. J:'u meditato. in con• vegni di finanzieri e di uomini della politica e dell'am– ministrazione, il progetto di una Banca <l'i anticipa– zioni e<lilizie, con un capitale versato di venticinque milioni, raccolti dagli Istituti di emissione, da quelli ordinari di credito, dalle maggiori Banche popolari e Casse di risparmio. La Banca dornva far credito solo a chi dimostrasse di poter disporre di un quarto della spesa totale di costruzione, e solo al momento in cui questo quarto fosse investito in un principio di costrur.ione. (I tasso previsto era del cinque per cento, oltre all'onere per l'ammortamento ed alla provvigione. Per legge si sarebbe autorizzata la Banca ad emettere obbligazioni di cinquecento lire, al quattro per cento, ammortizzabili in cinquant'anni, e ciò nel limite massimo del decuplo del capitale versato, come si ammette pel credito fondiario. Ma le differenze dal credito fondiario stanno in ciò, che questo dà i denari con ipoteca su stabili già in es– sere e redditizi i e con garanzia ipotecaria del cento si espone solo pel cinquanta. Mentre la Banca edi– lir.ia , durante la costruzione, largisce i tre quart.i della spesa, in conto capitale 1 con una magra ipo– teca sul primo quartoj ed, a costruzione finita, la sua esposizione non è del cinquanta, ma del settan– tacinque per cento. E si troverebbero [stituti ordi– nar! di credito disposti ad immobilizzare parte del loro capitale in siffatti pigrissimi investimenti? Ed il mercato non è ancora corso da sospetti e diffidenze contro i titoli edilizi, memore dei craks del passato:– E non si trasformerebbe la Banca di anticipitzioni, per necessità, in un colossale congegno tecnico di vigilanza sulle costruzioni in corso, per poter essere garentita? E:d, infine, l'interesse del cinque, più am– mortamento, provvigione e spese d'amministrazionc 1 non S!)ingerebbe il costo del credito su, piÌI al di su cli quanto è comportabile da un'intrapresa edilizia a questi chiari di luna? Torna fuori il leit-mofir doloroso: costa troppo il costruire. lo temo che, per ora, il progetto della grande Banca edilizia non possa divenire realtà; e penso che sarebbe opportuno, in– tanto, studiare e preparare, accanto alla Banca del lavoro, organismi più modesti e di carattere locale, specializzati pel credito edilizio. Tutto st1t nel fron-

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