Critica Sociale - Anno XIX - n. 22 - 16 novembre 1909

350 CRITICA SOCIALE o per famiglia troppo numerosa, neppure risparmiare i i dicci centesimi settinrnrrnli che la mutualità scola– stica, come abbiamo visto, richiede. I figli degli ùuligenti rimarrebbero così "indi– genti JJ; cresciuti all'ombra della beneficenza, conti– nuerebbero a sperare in questa; evidentemente così non deve essere e non dobbiamo volere che sia. Se la scuola ha la possibilità. di togliere all'accattonag– gio, che, non combattuto, diventa quasi un'abitudine e quasi nn diritto, un certo numero dc' suoi frequen– tatori, noi dobbiamo Yolere che ciò avvenga. La mutualità scolastica, col destare il sentimento della previdenza, serve potentemente a lottare con– tro il desiderio della beneficenza; chi sa prevedere nou avrà bisogno, in genere, mai di stendere la mano per elemosinare, ma sentirà anche tutta la vergogna di doYerlo fare e di farlo. I Comuni quindi, in un'opera tanto civilmente ut.ile 1 hanno il dovere di inten•enire. In Francia ed in Belgio sono, coi patronati scola– stici, colle opere di beneficenza 1 ecc. ecc., in parte intervenuti: ricordo qui il regolamento comunale di Dìnaut (Belgio). Ogni fanciullo, che frequenta la scuola, ricevo, a titolo di premio, a fine d'anno, un " libretto di pensione ,, col Yersamento di 3 lire fatto dal Comune. "Le quote sono pagate, fino a concorrenza del 50 °lo per i /ct11ciulli nou cwent-i ancora 14 anni, a profitto d€:lle famiglie operaie indigenti, composte di 4 memb,·i almeno, iscritti ad una Società di mutuo soccorso. " In Belgio l'intervento dei Comuni a favore degli indigenti è abbastanza esteso; ma sempre domina un concetto: " quello di richiedere il sacrificio per– sonale dell'interessato, sia pure piccolo 1 ,. Di questo avviso sono io pure: il Comune deve, col sorger e della mutualità scolastica nelle sue scuole 1 iscrivere speciali somme che servano a con– correre nel pagamento delle quote degli a.lunni " in~ digenti "' ma mai e poi mai non deve il Comune pagarle per iote1·0. Ricordo che, al Congresso testè tenutosi a Firenze per la mutualità scolastica in 'l'oscana, vi fu qualcuno che combattò la tesi enun– ciata dalla relatrice, prof. Panella-Zanni ; - " dovere il Comune, col concorso di altri enti, risolvere il pro– blema degli indigenti di fronte alla mutualità scola– stica"' - sostenendo trattarsi di nuova forma di beneficenza. L'obiezione non ha valore: trattasi e deve trat– tarsi di preYidenza sussidiata da parte del Comune, e noi, che crediamo nella graduale e solo gralluale trasformazione dell\rnirna umana, mercè un'opera paziente di educazione, vediamo una enorme utilità nell'azione del Comune che, c0l suo misurato con– corso al risparmio degli alunni indigenti delle scuole, tende a prepararli gradatamente alla fiducia nella previdenza. Come i Comuni possano attuare il principio che abbiamo enunciato, non possiamo qui molto bene precisare: ricordiamo l'istituzione, in Francia, di borse dì previdenza istituite per gli alunni migliori e più poveri, i p1·e111i dì f1·eque11za gli alunni indi– genti, dati sotto forma di concorsi nel pagamento delle quote; i "compen~i " dati per piccoli lavori straordinari, poi rimboschimento di terreni comunali, acl esempio .... In mille modi può intervenire iL Comune i ma, dico, esso ha il dovere di pensare e di provvedere ad un'opera che tende a creare degli uomini nuovi. Poichè io credo che la scuola della previdenza e della mutualità fra i fanciulli delle scuole, sia il complemento della scuola dell'alfabeto. Questa istrui– sce, quella educa. Ho risposto alle domande che mi ero posto; io credo che noi socialisti e in genere tutti quelli, che sperano dalla scuola tutto, che vedono in essa il mezzo pii't forte di preparazione e ùi elevazione umana, debbono accogliere i concetti che sono andato espo– nendo: che lo Stato ed i Comuni sacrifichino per rendere piÌl intenso le svolgimento della mutualità scolastica. Non ho parlato che dei concorsi econom·ici dello Stato o dei Comuni: potrei ancora accennare al con– tributo per la diffusione dell'idea nobilissima; ma, se dovessi anche parlare di questo, d'Ovrei ancora dire di com·orsi eco110mici: non è possibile che la scuola diventi quello che deve essere, la grande fucina. del– l'umanità nuova, se i maestri non siano alFaltezztL del còmpito loro. E, perchò siano tnli, gli stipendi bassi non devono fare sì che alla scuola vadano gli scarti della vita sociale. (Pi'fcenza). Dott. MARIOCASALl.NJ. CRONACA SOCIALE L'ORGANIZZAZIONE OPERAIA IN AUSTRIA Una interessante pagina di storia socialista. Julìus Deutsch ha pubblicato recentemente uu note– volissimo studio sulla storia del movimento "indacale austriaco (1), che raccomandiamo caldamente all'attenta lettura dei nostri compagni socialisti, perchè la storia di ieri del movimento operaio austriaco può insegnar molte cose ai nostri socialisti odierni, ancora troppo poco consapevoli delle responsabilità del Partito di fronte all'organizzazione operaia. Crediamo utilo, in questo momento, ricordare le bene– merenze del partito socialista per lo sviluppo del movi– mento operaio in Austria e, ricordando, sulla sicura guida del Doutsch, le tappe dolorose e difficili attraver– sate dal proletariato austriaco, richiamare il socialismo italiano ad una più chiara visione delle sue responsa– bilità e ad una. piì1 alta r.oscienza dei suoi doveri verso l'organizzazione operaia. 1. Gli inizì del movimento operaio. L'organizzazione operaia in Austria ha fatto solo in questi ultimi anni notevolissimi progressi, ostacolata dal tardo sviluppo dell'industria. 1 dall'1gnoranza delle masse, dall'alcoolismo diffusissimo, dalla influenza deprimente della chiesa cattolica, dalle persecuzioni dell1autorità. e dalle dissensioni nazionaliste. Alle prime Mutue dei mestieri artigiani, che rlsa!gono ai primi anni del secolo scorso e ai riallacciano alle vecchie Corporazionì,si aggiungono più tardi quelle delle fabbriche in Boemia e nell'Austria inferiore, e intorno al 1818 si attuano i primi scioperi, che sono scoppi spontanei della ribellione operaia, immiserita dalla ri– voluziono tecnica che si compio in alcune industrie. 1'antochè, quando nel 1848 la borghesia viennese scende in campo contro Passolutìsmo, la massa operaia si muove anch'essa, ma non solo contro l'aasolutismo,-bensl anche contro lo macchine, o nel marzo del 1848 assalta le fab– briche dei sobborghi, distrugge le macchiue e incendia gli edifici, chiedendo ai padroni e allo Stato 1-ano o lavoro. Però questi movimenti rivoluzionari della borghesia accendono un primo barlume di coscienza della comu nanza di interessi anche nella classe operaia. In nume– rose assemblee e mediante petizioni, ottrechè chiedere aumenti di salario, riduzioni d'orario e prov,,edimenti contro la disoccupazione, la. classe operaia reclama la eguaglianza politica e prop~gna il promovimento della cultura popolare 1 e a tale scopo istituiace la prima So– cietà operaia di Vienna. Col rapido sviluppo dello Società. operaie mutue o di istruzione, promos.;o dalla legge del 1864 sul diritto di associazio110 1 si prepara il terreno ad una pili decisa e ( 1) Jl/LIUS D•~UTSCII: Ge.<Jchlchft dei· u.~len·ekhtstlum Gewerk~elw(f,;. 1>ewe(l1111y. - Dlt so.:;ta/l.sl111clu11 Ge1a1·i•stlW(len vo11 tllreu Aufii11qe1~ bhl z10· Gcgwwart. - \Vien, 1906.

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