Critica Sociale - Anno XIX - n. 11 - 1 giugno 1909

CHl'l'ICA SOGJALE li5 dell'empirismo e della conoscibilità, rende impossi– bilo lo scetticismo che è inevitabile colla dottrina sponceriana della relatività della sensazione. Altra diversità di veduta. fra i due: quella sull'og– getto e sul metodo della filosofia. Per lo Spencer la fìlo~ofia è il riassunto di tutte le scienze; la cogni.done completamente unificata: in cui il principio unifica– tore è quello della e,·oluzionc dallo stu.to di omo– geneità a quello di eterogeneità: un prin cipio che pur essendo una pura parziale induzione cd i1>otesi biologica, è messo tuttavia a capo di ogni ordine di esistenze ed eretto iL principio indubitabilmente certo. Per l'Ardigò invece la filosofia è una scienza spe– ciale con uu oggetto suo proprio, corno la fisica. Una scienza che di vero incondizionato non ha che il dato del fatto osservato e sperimentato i una scienza nella quale i principi subordinati sono sempre rirormabili. Altra divergenza fra i due, è quella fra il prin– cipio ardighiano della fo1·mazio11euatui·ale clall 1 J}l(li– sti11lo al Distinto o quello speuceriano dell'/!,'voluzione tlall'Omogeneo all'Eterogeneo. Altrtl differenza importante è quella fra i loro due concetti del conoscere. Per lo Spencer il conoscere implica i tre coefficienti della filosofia volfra1·c; cioè un,1 :sostanza che pensa; un pensiero cou cui essa pensa; e un oggetto intesone. Per l'Ardigò ilwece il conoscere è essenzialmente e 1>rimitivamcnte la sem– plice coscienza di avere la sensazione. Altra differenza importante è quella fra le due dottrine relati\•o alla conoscenzf\ del me e del 110n me. La prima datrt, secondo l'Ardigò, dalla sensazione interna: secondo lo Spencer invece dallo stato de– bole dell'impressione; la ijecondt\ data, secondo l'Ar– digò, dalla sensazione esterna controllata dallo espe– rimento: secondo lo Spenccr invece dallo stato forte della impressione. 1\ltra dìfferenzu: al realismo lo Spencer è condotto da una fede impostagli a. credere; al realismo 11Ar– digò arriva per l'analisi di ciò che si tro,·a avvenire nel fatto psicologico della formazione del gruppo dell'Autosintesi e dell'Eterosintesi. Nell'ultimo sc1·itto infine dal titolo 111/iniloe Inde– finito, l'Ardigò, considerando come generalmente non si capisca henc che cosa s'intenda per Infinito, e come molto spesso, per trnrsi <l'impaccio da una que– Rtione filosofica, si tiri fuori l'Infinito per imbro– gliare gli oppositori, per chiuder loro la bocca e ma• g1tri anche per confortare se stessi <leinon intendere lasciandosi naufragare nel "dolce mare n di cui parla il Leopardi; si propone di mettere in chiaro come generalmente si equivochi tra il concetto negatiro e quello positit'o dell'Jnfinito, facendosi erratamente di questo secondo l'attribuzione del concreto; mentre non può esserlo che dell'astratto. A tale intento, dopo aver riportato un passo dal Cartesio e uno dal Leibnitz 1 nei quali si afferma come siano sempre finiti un numero o una linea dttta, l'Ardigò dimostra come lo stesso debba dirsi di qualunque concreto: tanto di quello estensivo com– posto o di coesistenti o di successivi (p. es. una data massa materiale o un dato processo di tempo), come di quello intensivo 1mifario, come sarebbero una data sussistenza assunta come individua; una data energia; una datit qualità.; una data proprietà. Ogni concreto per sè e quindi positivamente ò dunque un finito: in quanto però esso è 1>ensabile come aumentabile, divisibile senza fine, c,so è in questo senso infinito negativamente; ossia, come dice Vortesio, imlf'/imfo: assurdo pertanto il pensfll'IO in• finito positivamente; assurdo quindi p. es. il teismo e il panteismo che vogliono infinito positivamente un dato concreto e logica quindi soltanto, circa il farsi dolio cose 1 la tosi naturalistica del positivismo. Ma. non potrà dunque essere in nessun modo mai questione dell'infinito in senso positivo, di quell'in– finito, che suol definirsi come ciò a cui 11ullasia ar1- 9i1mgibile? Sì, rispomle l'Ardigò; così definito l'iofi– nito è proprio dell'astrailo. L'nstra.tto 1 essendo la cou– cozione mentale di una spe1,;ie e dì un genere, si in– chiude in esso necessariamente tutto quanto è proprio delle s1>eciee dei generi, sicchè, reat~ndo csclusala.pos• slbìlità, di <1mLlunquegiunta, esso è da dirsi un infinito in senso posith•o. Così, dicendosi l'l!,'ssere, si è coll'infi. nito in senso positivo: dicendosi un l!,'ssere 1 si è col• l'infinito in senso negatiro. !}infinità. positiva dello astratto spiega poi quella negativa del concreto por questo fatto: ohe il concreto nellfl mente del pen– sante campeggia sempre sull'idealità dell'astratto re– lativo: sicchè apparendo circoscritto tla essa appn.re anche estensibile nella infinità che è pertine nte alla stessa astratta o relativa idealità in cui esso è visto così campeggiante. Senonchè essendovi nell'astr11.tto urrn data effettf– vità determinata e quindi finita, può dir taluno, come può esso predicarsi infinito positivamente? Hfapoude I'Ardigò che un astratto può essere considerato da due punti di vista: o come essente la nota dei logici o come essente l'idea, o forma, o wtirer,,;ale, o intelli· gib1le dei i\letnfisici in geuerc. In quanto sia preso come una nota, ossia un sensibile particolare distinguibilu in un oggetto, esso è un infinito: ma viceversa l'a• stratto è un infinito in quanto funzioni qurtle campo logicocom1t1te di più particolari, in quanto sia un tipo mentale dal quale prendano forma tutti quanti i detti pa1·ticolari, quelli che già vi si tro,•ano dentro e quelli che vi si immaginino poter poi includere, così, per esempio, meutre la noia, del peso, astratta• Ja,I complesso di sensazioni che si hanno la prima volta in cui si sollevi un grave, è dn dirsi un con• creta finito, perchè fisso nella forma, circoscritto noi limiti precisi nei quali si astrae la prima volta così da essere omogenea nei diversi individui che l'ab– biano risentita e astratta ugualmente e da essere persistente nel suo essere una volta che la si abbia nella. mente; l'idea del peso, i1wece, che siasi for~ mata. in una monte per il ripetersi dello esperienze di sollevamenti di differenti gravi, è un infinito in senso positivo, pcrchè la rappresentazione Ji ogni corpo (comunque i:;iaquesto pensato o col sollevarlo, o col volerlo, o colPimmaginflrlo,) appare sempre nella mente come inquactrata nel campo dell'idea del peso o della gravità. Sempre il tipo menb1le della grnvità si riscontra nella rappresentazione del corpo comunque essa siasi effettuata; e vi si riscontra sempre adattalo proporzionata.mente a qualunque su:, grand'lzza o piccolezza, sostanza o forma, e per tutta la serie pos sibile delle int4.,nsità di peso e cli accom• pognamen.to ad essa di sentimento piacevole o dolo• roso: egli è in forza di questa adattabilità, e 11011 nitro che sotto questo 1m11todi vista, che l'infinità poaitiva compete all'idea della gravità (e analoga• monto a qualunque altro astratto), poichè nulla le vie11e a mancare di quanto occorre pel suo ufficio di tipo logico uuiversale. A sostegno delle cose predette l'Ardigò ncco1hpagna e fa seguire l'enunziazionedi molte interessantissime osserrnzioni sulla natura dell 1 astratto 1 spiegando tra l'liltro come si dia che esso possa parere innato e anteriore al fatto sensitivo e come app!lia pertinente ad un'oggettività, mentre non ò che un blocco spe– cificato di isteresi lasciate nell'orgauismo dall'espe– rienza paseata dell'individuo, un blocco quindi di contenuto sempre aumentabile: come esso non sia (quello che si ritiene comunemente) unn unità asso– lubunente impf~rtibile o, nel !:!HO rapporto col cervello, in dipendenza di una rlata singola cellula, ma sia al

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