Critica Sociale - Anno XIX - n. 9 - 1 maggio 1909

CRl'r!CA SOCIALE 131 di tutto uu popolo che si Yeclei:ise minacciato nelle fonti stesse della vita: se noi partiamo da questa ipotesi __ che per me, allo stato presente dell'Eu– ropa, è perfettamente pazzesca - allora la que– sl:.ione rlella nostra difesa sarà semplicorneute in– solubile. Allora nulla ci assicura che se, invece di mezzo miliardo, spenderemo un miliardo intero, se ci... suicideremo per vivere, riesciremo ciononostante a conservare la nostra integrità nazionale. Ma, se quella ipotesi è folle e, sopratutto, se e inutile; se - come io penso - i pericoli di guerra e di invasione non possono nascere che da una nostra partecipazione effettiva a1l intrighi, a com– plotti, ad alleanze che ci impongano determinati doveri o ci espongano a. determinate rappresaglie, e nasceranno in proporzione a cotesta partecipa– zione: allora è chiaro che la nostra politica estera, in quanto ba tratto a maggiori necessità di difesa, di pende unicamente da noi, dal nostro volere, e spet– t~rà a noi di fare quella tale politica estera che sia prudentemente proporzionata al nostro potere. Conviene insomma - per non dire sciocchezze - invertire la formula consueta.: e non far.dipendere i nostri armamenti rlalla politica estera, ma far di– pendere quest'ultima (la.Ile forze che possiamo in quelli impegnare. Ci avverrà come avviene a tutti gli uomini d'affari; che non commisurano le loro speculazioni al sogno di guadagni indf'terminati e fantastici (il risveglio dal quale sogno può anche essere la bancarotta), ma le commisurano, innanzi tutto, ai mezzi di cui possono disporre e ai rischi che, con quei mezzi, possono onesta,nente affron– tare. Ogni altra politica., se pur meriti questo nonie, non pnò essere che la politica della ;·oulette di Montecarlo. . .. Con che avrei anche, mi pare, risposto (come ne era fatta riserva) a un argomento molto abusato dall'Avanti .I e cioè che, se si ammette che nes– suna guerra è oggimai possibile in Europa ai danui dell'Italia, allora non è il nessun aumento di spesa che si deve sostenere, sibbene il disarmo completo. Innanzi tutt.o, una logica così assoluta e così semplice, in materie lauto complesse, non può che essere insidiosa e fallace. Si può OSf-;ervare che, fra le cagioni cbe rendono sommamente inverosimile (non voglio dire impossibile, perchè non poso a profeta) oggi una in1erra in Enropa, vi è anche la paura di una guerra e dei danni incommensurabili che produrrebbe per tutti - vinti e vincitori - e questi danni sono minacciati dagli armamenti e non dal disarmo, tanto meno dal disarmo <li uua sola o di alcune nazioni: ond'è che Pobiezione clel– J'A vanlt .1 si av,·olge in un circolo vizioso. Si può ngg-iungere che non ogni azione militare sbocca fatal– mente iu una guerra, e che guerre) inverosimili in 1,:w·opa, possono combattersi altJ'Ote, anche dagli 8tati l 1 ~uropei. Di fronte a queste possibilità. nno Stato completamente disarmato, ab<licante, ver ora e J)B1' sempre, a farsi comunque valere in un qualsiasi con– flitto, potrebbe maucare anche rli quella fòr;:;a ,no• rate, che è pure un coefficiente non cliRpregevole di influenza nello scacchiere internazionale. Sul quale, oltre i colossi coi quali a noi, isolatamente, sarebbe impossibile competere, vi hanno pure nazioni mi– nori, che accolgono molta parte della nostra emi– grazione, e che forse la tratterebbero anche peggio se la forza militare <lell'Italia, nell'almanacco di Gotha, fosse rappresentata da uno zero: e vi è una politica coloniale, alla qnale - infeliC'f'.mente. è vero - anche l'Italia partecipa, non foss'altro pei suoi possedimenti africani, che è ancora sub jiulice se sarebbe bene abb1rndouare. Comunque, qui non si è detto che l'Italia debba rinunziare a qualunque politica estera, alla quale possa giovare il conedo di uua forza armata: llll\ si è detto ch'essa deve scegliere quella politica estera che è compatibile colle attuali sue forze militari ed economiche. Che non ve ne sia proprio nessuna in queste condizioni; che, per uua nazione di 33 milioni d 1 ahitanti e che ha trn bilancio finan– ziario di due miliardi, non vi sia altro dilemma che questo: o esanrirsi iu spese pazzesche, o ridursi alla importanza diplomat,ica del Principato di Mo– naco; è tesi un µo' ardita, che spetterebbe agli avversari di dimostrare! E, infine, l'obiezione dell'Ai:anli .' è abbastanza inconcludente pel momento in cui viene opposta. J?erchè la questione, che è da risolvere in questo dolce maggio alla Camera, non è che mi consti - In questione del disarmo 1 ma è quella dell'aumento di spesa.. Su questn, so uniti e decisi, noi potremmo anche vincere, o almeno limitare i danni della Yit-" toria militarista; mentre, se ci accampassimo nella tesi est.rema del disnrmo, dato lo stato delle opi– nioni e degli interessi oggi dommanti, saremmo sbaragliati prima aucor di co1uhatt.ere. E questo lo possono desiderare i militaristi soltanto. * .. Ma a me bastava, in questo scritto, dimostrare i pericoli a cui vanno incontro quei socialisti che, nella smania di meglio corroborare la tesi che nega ogni aumento globale di spese militari, mseguono i militaristi nel dedalo <lei sofismi artificiosi con cni essi ci allettano 1 e abbandonano il terreno saldo ed aperto della pregiudiziale finanziaria ed economica, così bene posta ed illustrata dal Bis– solati. La quale non è solo, e dovrebb'essere per tutti, la pregiudiziale <leisenso comune e dell'one• stà. politica, ma è i::;ovratutto, per noi socialisti e riformisti, la nostra pregiudiziale; è, per noi, la pregiudiziale della civiltà. Perchè, spogliata la questione dai fronzoli del tecnicismo interessato e del diplomatismo involuto, imbroglione e reticente, essa si presenta uella es– senzit sua vera, corne una fase qnalunque <lell'e– terno dibattito fra civiltà militare e ciYiltà indu– striale, fra reazione e democrazia, fra politica di stasi e politica di riforme - ossia (che sono cose sinonime) come uu episodio ciella lotta di classe, che schiera i parassiti da un lato e i lavoratori chill'altro. Riconosciuta la nostra perfetta libertà di commisurare gli apparecchi militari alla nostra potenzialità economica, tutto 8i riduce aci una cii– Yersa valutazione, che le varie cla~i:.i deUbono fare, dei bisogni militari di fronte ai bisogni civili; della megalomania guerraiola di fronte alla poli– tica <li lavoro e di previdenza; della caserma di fron te alla scu ola. della legislazione sociale di fronte allo spirito.di avventurn che, in Jtalia, per troppr e b eu note c agioni, aggiungendo A.I triste il grot– tesco, si risolve nella politica del "voglio e uou JJORSO n· Quale debba essere iu questo conflitto - date le prf'senti cornhzioni flel paese - l'opzione ciei f.Ocialisti 1 non parrebbe pOsRibile soggetto di rli– spnta. Ad ogni moclo, si potrà auche riparlarne poichè uon tra gli ultimi uffici del pubblicista è quello di dimostrnre la luce del sole! E'H,IPPO TUHA1'1. La Critica Sodale e il Tcrnuo: per l'Italia, am10 L. 22, semeslre J.b J 2. Criticn So<'i:tlc e A,'1111H!: per l'/faUa 1 anuo L. 22, semestre L. 11.

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