Critica Sociale - Anno XIX - n. 7 - 1 aprile 1909

_,o_s ___________ CH.l'l'ICA so_c_r_A_L_E __ _ ________ _ IL MIO Rll'ORMISMO(I) Con un contraddittore così valoroso e. cort.ese come !'on. 'furati 1 la discussione non., p~10 essere che serena utile e interessante; perc10 10 non so ristarmi (a~che per isgravi~ <li C?Scienza) ~all'~~– giungere una qnalche cons1deraz1one al mio ~1t1_– colo pubblicato sulla Critica della passat~ qnmch– cina, replica?ùo in pari tempo alla post1lla dello stesso 1 rurat.L Premetto che col mio scritto 1 io non sono par– tito in o-uerra ~ontro le {Ò}'mHle in genere (che sono poi le forme onde spesso si vestono i n~stri o-indizi e raziocini), sibbene contro l'interpre_taz1oue <loo-matica e antipositivistica di alcune ton:irnle aut'iquate del socialismo tradizional~. del marxismo ortodosso, del siudacalismo rivo\uz1onari_oi d~l!'as– sociazionismo libertario, e simili. Le mie critiche volevano n.ppnntarsi specialmente cont_ro i prin– cipi della lotta di classe, (!el co_lletti_v1smo e rlel cosidetto programma mai:;snno, mtes1 nel senso assolutistico e, purtroppo, generalmente conente rlella parola. Per in0ominciare dalla distinzione tra. programma massimo e minimo, io l'ho -chiamat.a assurda non perchè neghi \;1, distinzione tra il prlJ!l,a e il poi, tra le conquiste più facili e quelle pm ardue ~ remote. beusì perchè credo che il programma mi– nimo non stia in ra.ppvrto di mezzo a fine col programma massimo; che, in altri termini, il pro, gramma minimo non poss,i condurre alla mèta) se pe,. meta s'intende l'abolizione conipteta ~letta p1·opJ'ietà p1·ivata, il suo asso,•bimento 1~egh 01·– {Jani dei pubblico pote1'e (comunque rf,~S1gna~o e costituito), ia effettuazione del colletticismo 1.1_ite– r11·alee la sparizione clella r·onco1·1·enza_ econonuca. Ricordo anch'io che il Congresso d1 Roma rlel 1000 h,i detto che programma massimo e pro– o-rammn minimo stanno nello stesso rapporto che la strada sta alla mèta; ma tut.to s~a nell'inten– dersi i::nl sig-nificato della parola 1 ' meta "" Ora, per " mèta 11 (!'on. 'l~ural;i me 1~ c.01JCe<lerà facilmente) tnt.ti i Congressi e la g·rand1ss11na mag– <riorn-nza dei socialisti iutendono proprio il collet: rivismo inteo-rale (passaggio di tutti i capitali nelle mani del pubblico potere), cioè quella tal cosa che io ed altri socialisti italiani e stranieri non pos– siamo accettare. E badi l'amico Turati: quando si discute intorno alln. finalità <li un partito o di nn movimento sociale non si fa del tutto discussione va.na, o:dosa od a'ccademica; giacchè ~ parti_ti -~i valutano non solo rio·uaròo ai metodi prat1cat1, ma anche alla finalità che uerseguono. I nostri avversari, anche ; più leali, cÌ designan? quotidia– namente come collettivisti, come fautori <lell'abo– lizione della proprietà privata; s~ noi ~on c~ia– riamo i nostri concetti, se non tentiamo d1 togliere gli equivoci, se scantoniamo con reticenze mentali: se passiamo oltre colle babbucce per nol?- f'~,r ru– more o cerchiamo cli cavaxcela alla sp1cc1a con qualche motto di spirito, gli avversari hanno r~– gione di ripetere le loro critiche e <li insist_erv1_. Noi <lobbiamo avvertirli di cambiare bersaglio a1 loro cOlpi, di combatterci per quello che realmente siamo; noi dobbiamo a,perliamente confessare che il cosidetto programma massimo venne formulat~ allorlìuarnlo il partito si trovava in uno stato d1 (1) Dlnmo posto di buonissimo gr;ido a queste spiegazioni dell'n• mleo Marchlo\1, le qunll, J)Ur eonrermnndo alcuni punti di dissenso e di utile dlseuasione, ne chiariscono (litri che ave\'Uno provoc11to hl nostra post\llu dcll'ulllmo numrro nl suo articolo: 1-"iloso(la riel/a v/.lforln sociaUsta uelle tlez/011, pollllc/1e. (l,A CRITICA). animo e aveva un orizzonte mentale ben diversi dao·li attuali· noi dobbiamo sottoporre cotesto pro– gr:mma a u~a revisione r3:cticale, come .si è fatto pel marxismo, e cercare d1 metterlo p1eo8:mente d'accordo colla nuova esperienza del movimento operaio. E che! saremm~ forse C?SÌ atta_ccati alla tradizione da a,·ere un rispetto riverenziale per le parole? I lfabiani inglesi sono fì?r di socia,iisti, ep; pure dichiarano senza ambage_ cli non tendere_ n~ al collettivismo nè all'aboliz1one della propr1eta privata. Perchè non potreiomo fare così anche noi? * * * I motivi che mi fanno ritenere illusorio e uto- pistico il raggiungimento del collettivis1no. i.nte– o-rale coll'abolizione completa della compet1z1one :conomica sono assai nurnerC1si e, credo, cH un certo peso. Alcuni di essi ho già accennati Paltra volta. Non volenrlo fermarmi troppo su questo punto, dirò che io penso, col Girldings, c_he_la con• correnza è una delle forme colle quali si man– tiene l'energia nel mondo sociale e che senz~ la concorrenza (attiva o virtuale, ~ingoia o ~ollett1va, individuale o di gruppo, poco importa) ~1 avrebhe la stasi e la paralisi nei rapporti umarn. Inoltre (come hanno esaurientement~ dimostrato o-li economisti della scuola matematica, e spe– ~ialmente il Pareto e il Barone) le intraprese hanno nn limite di sviluppo, oltre il quale uo?- po~son~ andare senza rischiare di diventare passlve; 1 van coefficienti di produzione J1on possono essere pr~– porzionalmente aumentati all'indefinito senza di– minuire proporzionalmente il risultato utile_. Anch~ nell'ipotetico Stato collettivista, i coefflc1entt ~1 fabbricazione <lovrebbero essere esattamente stab1- l iti come lo sono dalla libera concorrenza, e le cate– o-orie economiche di salario, profitto, interesse, ecc., ;icomparirebbero sotto altra forma. Per _risolyer~ infine le equazioni dell'equilibrio economwo, 1 d_1- rige11ti la prorluzione dovrebbero .a:7ere u_n mi– racoloso genio matema,tico e statlst1co 1 ? 1 gran luno·a superiore a quello di Newton e <l1Laplace: e, Per snssistere, i,l collettivisn:io do?reb?e essere universale, giacche (se non s1 _eous1~er1 lo ~tato chiuso e isolato ~ come nelle I potesi del F1chte e del rl'hUuen) le continue oscillazioni nei valori internazionali i costi comparati differenti, non tarderebbero ~ far sentire la loro influenza nel!e importazioni ed esportazioni del;o Stato colletti– vista il qua.le dovrebbe necessariamente permet– tere ~Ila concorrenza di riapparire e di infiltrarsi nella sua massiccia compagiue, sotto pena di uu3: enorme rlistruzione di ricchezza e sotto pena d1 far paga.re ai snoi felici abitatori le merci ad un prezzo più elevato <li quello che potrebbero av.ere col cambio internazionale. In questo senso e per queste co~siderazioni (a cui molte altre si potrebbero aggmngere senza inspirarsi al futurismo a~trologico, ma te~endo presenti i risultati <lella scienza e della espe_nenza) io ho asserito che la credenza al collett1v1smo e una ossificazione 1neta(tsica, tram~?dataci dal vec~ chio utopismo francese e messa pm recentemente in circolazione dal burocratico Alberto Schi.tffi.e colla sua II Quintessenza del socialismo ,,. E' a questo ideale di collettivismo statolatra e accen– tratore (pel quale: a vero di!·e, Mar~ °:on ba colp~, non avendo mai parlato d1 col!ett1v1s~o) che 10 mi ribello e contrappongo molte delle critiche che il liberalismo ha mosse all'intervenzionismo gover• nativo; è di fronte ari esso che io mi ricorrlo che la burocrazia statale produce a costo molto ele– vato e che un'eccessiva espansione dell'ingerenza o·overnativa tenòe ad aumentare la possibilità degli :bnsi e della corrnzione politica; è di fronte ad

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