Critica Sociale - Anno XVIII - n. 11 - 1 giugno 1908

164 CRITICA SOCIALE quale anche i più opportunlstl del socialisti trovano qualche difficoltà a Intendersi. Io non ho bisogno di indicare le molte e varie ragioni di principio per lo quali i socialisti unificati francesi (degli altri non parlo perchò, per l'ammissione stessa dei loro organizzatori, essi non costituiscono ancora un p rtito organizzato) ban:io determinata la situazione at– tuale. Ma à perme:iso di deplorare che la rottura col radicalismo sia proprio avvenuta io tempo per dare ai timidi di questo partito il pretesto di evitare le riforme dell'imposta sul reddito e delle pensioni operaie, riforme di cui si contloua a parlare, ma contro le quali si ha gran voglia dl raccogliere una maggioranza ostile. Resterebbe, è vero, come fich~ de co11.solatio11, un altro argomento, caro al guesdism ), La baucarotta del radica– lismo dovrebbe cioè aprir la via al più rapido trionro del socialismo. Jaurès stesso avova, è vero, a più riprese, clichlara.to di non desiderare ii fallimento del partito affine. La ragione d'altroncle ha qualche cliffl.coltà.a comprendere per qual motiYO I socialisti debbono esser lieti di una catastrofe che, rovinando la ragion d'essere del radica– lismo, darebbe a loro la briga di applicare il programma radicale. Ma v'ha di più. I segni, che appaiono all'oriz– zonte politico, non predicono affatto l'avvento del par– tito sociallsta sulle rovine vergognose degli attuali pa– droni della Francia. Se qualche cosa dicono gli oroscopi odierni, questo qualcosa è appunto la costituzione pos– sibile della coalizione torbida e formidabile della quale più innanzi io parlai, e per contrasto la formazione di un'Opposizione riformatrice alla quale apparterranno i radicali pili avan;:ati, che, col Polletan, col Buissoo, col Berteaux e col Combes 1 non potranno mai adatta:-si a prendere la strada dei Centri. A questa Opposizione naturalmente aderirerebbero, per forza di cose, anche i socialisti. Aozi, già fln da ora, il Gruppo opportunista del Brousse ha ratto con esso un'alleanza formale, contro la quale l'unità socialista non ha lanciato (malgrado lo sh.tuto) i fulmini necessari. Ma simile nllennza condurrebbe puramente e sempli– cemente alla tattica di quattro anni fa 1 con questo solo divario, cbe adesso il blocco rlfO!'matore sarebbe una Opposizione e una minoranza, e non avrebbe la potenza di azione che essa ebbe in passato. 11 principio della lntransigonza socialista non sarebbe meno offeso, e la Francia, che aspetta i miracolosi progressi annunziatile, continuerebbe a perdere il tempo. ALFREDO 'l'Al,AMINI, LEELEZIONI AMMINISTRATIVE DIMILANO '1 1 1•an,..;igen~a ocl Vnt:ranslgen~a ~> Varticolo di A. Schiavi, cout.enuto nella Critica della passata quindicina, nel suo punto fondamentale è stato riprodotto con evidente compiacimento da un qualche giornale clerlco-moderato di Milano. Come i lettori ri– corderanno, lo Schiavi sostenne che il partito socialista deve adottare e preflicare la tattica intransigente nelle prossime elezioni amministrative milanesi. La tesi del– l'intransigenza sembra sia di grande agi,:Tadimento alla stampa che rappresenta e interpreta gli interessi e le opinioni dei signori che ora reggono le sorti ammini– strative della capitale morale. " Più le schiere dei nostri avversari - ragionano costoro - saranno sparse e di– vise, più facile sarà a noi conseguire la vittoria, o per- petuare il nostro dominio a Plllazzo Marino ,,. Non si può dire che, nella sua semplicità, cotesto ragionamento sia errato. Ma, qualunque po~sa essere l'intimo desiderio dei c\erico•moderati di Milano - qualunque possa es- 5ere l'e1:litodella prossima battaglia elettorale - credo che, pur partendo dalle stesse premesse dello Schiavi, si possa giungere I\ diversa conclusione, o che, date le stesse premesse, si possa cavare un corollario, che è praticamente la negazione della conclusione cui è giunto lo Schiavi. Certo, Io Schiavi imposta molto bene la questiono delle prossime elezioni milanesi. Anche per me il pro– blema del carovi"ere è preminente e assorbente nell'at– tuale vita cittadina. Sono pienamente d'accordo con lui nel ritenere che M. Comune moderoo di una grande città, sul luminoso esempio del municipalismo inglese, debba continuamente allargare la propria. sfera d'azione, as– sumere funzioni nuove, affrontare e risolvere 'problemi d'indole tecnica che finora furono abbandonati alFini– ziati\'a privata, Iniziativa che in molti casi si è addi• mostrata insufficiente, inadeguata agli scopi, o comJ)le– tamente mancante. Il Comune moderno, abbandonando gli apriorismi anti-intervenzionlstlci di un liberismo or– mai sorpassato, deve integrare ed anche surrogare l'opera dei privati quando un determinato scopo d'indole aoclale non può essere raggiunto che mediante l'intervento del– l'Ente pubblico locai~. Perciò io credo che il Municipio di Milano possa e debba svolgere una propria politica a favore dei consumatori, per modo che, ad es., il pro– blema delle abitazioni popolari e operaie sia sufficien– temente risolto e i prezzi di molte derrate alimentari, come carne, latte, erbaggi, pano, ecc., siano mitigati. Se non che, n me pare che un simile programma di agitazione a difesa dei consumatori pO!isa rientrare nel quadro di un sincero e genuino programma democratico, e quindi possa venire accettato e cald~ggiato anche dalla democrazia milanese, considerata nel suo complesso e nel suoi nuclei più attivi ed intelligenti. Mi si ammetterà. facilmente che l'unione dei partiti popolari sarà presto raggiunta allorchò si tratterà di criticare in linea amministrativa I moderati per quello che han ratto o non hanno fatto: dall'insegnamento re• ligioso, impartito nelle scuole comunali in omaggio ai principi e alle imposizioni dei clericali, alla mancata costruzione di asili laici; dai· piani regolatori fatti se– condo criteri plutocratici, alla omessa sistemazione de– mocratica dolio finanze comunali per cui il peso tribu– tario gravi meno sulle spalle dogli operai e della po– vera gent~ Il punto scabroso, che, lo ammetto volentieri, ò anche Il principale, è la politica dei. consumi. u. Possono i radicali milanesi (si domanda lo Schiavi) difendere gli interessi dei consumatori, essi cbe hanno sempre trovato il grosso del loro esercito negli eser– centi? ,, Non ,·'ba dubbio che, partendo dal caposaldo della politica a diresa dei consumatori, questa è la J>iù seria ragione che possa essere annzata. contro Punlone dei partiti popolari; non v 1 ha dubbio anche che la demo– crazia milanese finora ha trovato un forte punto d'ap– poggio negli esercenti e commercianti. :Ma occorre appena osservare che, da un Iato, di tutte le persone che esercitano il commercio a Milano, la maggior parte non contribuisce affatto ad elevare quello specifico costo della vita che noi combattiamo; e 1 dal– l'altro, che tra i democratici milanesi militano numerosi professioulstl, impiegati, piccoli proprietari ed industrlali,

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