Critica Sociale - Anno XVIII - n. 8 - 16 aprile 1908

CRITICA SOCIALE 119 cessero delle etatistiche 1 che collaborassero a un esperi• mento di organizzazione positiva e reale, che spendes• sero meno quattrini in bandiere, che celebrassero meno u funzioni da chiesa n per inaugurarle, che esigessero nÌeno "predicatori ,, a far conferenze; questo tentativo, troppo rudemente condotto, naufragò non meno che Patteggiamento di sioce,rità pedagogicamente brutale della Nuova Terra, insorgente contro un'abitudine di demagogia oscenamente adulatrice del popo1o. Ahimè! Quei riformisti cadevano anch'essi nell'errore teologico di credere che, con delle prediche, con delle ramanzine, con degli articoli di giornale, si trasformi una psicologia secolare, resultante di naturali tendenze e di duplice strato d'educazione religiosa, di ))reti neri e di preti rossi. L'arte spontanea cli CarniIlo Prampolini, frutto ti.i acuta bontà che conosce profondamente l'anima popolare, e la ammonisce senza irritarla, e la solleva senza farle male, forse avrebbe ratto quel che noi non sapemmo. Sia detto però, a nostra disc(\lpa, che fieri erano i ne– mici e molteplici le insidie contro cui dovevamo com– battere. Il vecchio socialismo mantovano, verbaiolo, sbandie– raiolo, antlgovernaiolo e chiassone, insorgeva. Che Leghe, che registri, c!:ie contabilità, che statistiche, che pedan– terie, che prediche, che sermoni 1 Roba che addormenta e che svia dalla mèta ! Si aggiunse qualche sciopero andato male i si ag– giunse (e chi non l'avrebbe previsto?) che la classe padronale, colta alla sprovveduta all'inizio, poi ordinava le file e organizzava la resistenza; si aggiun9e infine la Avanguat·dia del labriolisti, beffeggiante le Leghe del co,itadina-me, terreno di coltura del bacillo rirormista, vii pecorum'3 che non farà mai la rivoluzione, gente di stoppa chtl per una leggina favorevole rinuncia alla primogenitura dell'avvenire. Oh la felicità delle mezze calzette dei Circoli, odiatori h1tintivi della vera massa proletaria, a cui son abba– stanza lontani per non amarla e abbastanza vicini per odiarla, quando un uomo di tanto grirlo venne a dar decoro di teoria alla loro fannullaggine! Quelli, che dovean poi diventare (sia. pure per breve ora) i sindacalisti anti•politicanti e assegnanti unico va· lore e unica autorità alìe masse operaie, spregiavano quel movimento di autentici contadini, spregiavano quelle Leghe, che fluo allora erano parse favorevoli ai riformisti, e che questi anzi aveano chiamato partecipi ,ai Congressi provinciali dei Circoli, perchè giudicassero la loro condotta. Quei sindacalisti-meteora del domani, difendevano al– lora la " legalità " dei Congressi polit-ici, che non do– veano essere profanati da organizzazìoni ecouomiche; e volevano escluse le Leghe dal cenacolo sacro. Più tardi, quando videro le Leghe, fatte di coscritti più impres– sionabili e guidate e rappresentate ai Congressi da nuovi arrivati più convertibili e talvolta (diciamo pure la ve– rità dolorosa) più corruttibili, ammisero anch'essi le Leghe ai misteri eleusini dei Congressi: e del loro voto si vantavano come della adesione più autorevole o am– bita.! Mondo buffone ! •*• Così, quando le Leghedi miglio,·amento (dando a questa vasta parola il suo più ampio significato materiale e morale) dovevano rimanere e resistere, a rappresentare la continuità dell'azione campagnuola 1 un contro stabile di aggruppH.mento e di moto, un nucleo onde potevano svolgersi rorme più perfette e nuove, esse caddero in isfacelo di fatto se non di nomo, lascianclo una delusione e una sfiducia di più nell'anima contadina. Indarno i riformisti dicevano che la Lega non aveva finito la sua runzionc col finir degli scioperi e degli aumenti di tariffe, ma. che anzi ne comincia.va una più necessaria 1 cli difesa dalla reazione padronale, di con• servazione delle ratte conquiste; invano dicevano che la Lega non aveva solo l'arme o lo scopo della resi– stenza, ma doveva trasformarsi al bisogno e integrar.si in rorme cooperative di lavoro e di consumo, in scuoio e in Uffici elettorali, in varie funzioni diverse (e quello, per Dio, era integralismo di marca. buona!); ma che quel che importava era che rimanesse il gruppo, l'unità, la casa dei lavoratori in ogni villa. Niente. La resistenza aveva per allora finito il suo còmpito. Chi negli scioperi aveva guaclagnato, scioglieva la Lega percbè gli pareva superflua: chi aveva perdllto, la scio– glieva perchè la credeva. inutile. La cooperazione era roba '' borghese ,,, con l'aria che allora spirava. T.,escuole serali un narcotico. Le inscri– zioni elettorali, le facevano (veramente, 11011 lo facevano) i Circoli. L'unica rorza, che potesse tener uniti quei contadini, era il denaro, il fondo di cassa, il peculio sudato, frutto di sacrifici e di stenti, l'interesse concreto da difendere: e questo mancava. La barca, priva di questa zavorra, era in balle. dei Yentì e dei zeffiri più lievi che soffiassero nelle sue vele. La volubilità continuamente sfiduciata e continuamente credula della psiche popolare formava la cuccagna dei sempre nuovi fabbricatori di teorie e spaccia.tori di co– rotti. Cosl languiva quel magnifico movimento contadino, che, nato quasi del tutto da sè, fu ucciso quasi del tutto dagli altri. A questi delitti, il socialismo italiano dei quadri uffi– ciali, veramente, c'è avvezzo: ma quello, fu uno de' mag- giori e peggiori. G. Zrnonor. La Critica Socia.le e il 'l 1 em110: per l' ltalia, anno L. 22, semestre L. 12. DOPO Il CONGRESSO CATTOLICO DIGENOVA LA REPUBBLICA GUELFA. )[entre a Roma, in nome dell'avvenire, riformisti e sindacalisti si scambiavano fraterne contumelie, A. Genova si chiudeva un Congresso cattolico tra gli inni alla concordia e l'entusiasmo dei rinnovati pro– positi. Non dico che, fra i mille voti acclamati dal Con– grasso, non ci sia di che ridere e far buon sangue: per esempio, come non mettere le mani ai fianchi quando si ascoltano preti, e giovinotti freschi o rie• ciuti 1 tuonare con enfasi contro il mal costume e fingere di appassionarsi per quella bacchettona della Lega per la moralitù ? Ma, se lasciamo da parte queste cianfrusaglie, cui del resto gli intelligenti non facevano largo che per cattivarsi le simpatie della parte più arcaica dei cat– tolici, il Congresso, nelle sue grandi linee, resta af– fermazione salda di una volontà tenace e consa– pevole. Noi scherziamo troppo, quando si tratta di preti; ci sembrano vipere ornai prive di denti ed a cui il veleno non sia rimasto se non nella coda; ma c'in– ganniamo forse.

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