Critica Sociale - Anno XVIII - n. 5 - 1 marzo 1908

CRITJCA SOC:IALI<: il prezzo. Il calmiere può valere qualcosa in CMi cFec– cezione per date voci, non essere una norma regolamen– tatrice in perpetuo del mercato. Altro che san 'fomaso ed il giusto prezzo ! Bisogna tro,,nre congegni più adatti e moderni. Con– cetto-base è la tendenza ad accostare meglio i produt– tori ai consumatori, eliminando la fitta rete degli in– gombranti intermediari, che assorbono vistose quote del prezzo. La moltiplicazione del mobile ceto che si frap– pone fra chi produce e chi consuma ra:..cgiuogc propor– zioni allarmanti. Evviva la libertà. di commercio! .Ma intanto, chiunque non. riesce a far altro, può, con un impianto elemcntarissimo (un carretto o un cesto) ed acquistando a credito, mettersi a faro il rivenditore di generi alimentari ed acquistare il diritto di vivere del suo mestiere . .Nel!'ancien rf'gime era fissato il numero dei dettaglianti d'ogni specie. Oio ci scampi da que– st'altra esumazione che sarebbe un orrore più g1·osso del calmiere! Però ò certo (in Jnghilterra hanno ratto su questo punto perfino un'inchiesta parlamentare) che l'eccessivo numero dei rivenditori, ben lungi dal dimi– nuire con lii concorrenza il prez;,.o dei generi, lo fa au– mentare. A Romai secondo mio l'icerche 1 si hanno questi dati comparativi del mo,,imento d'affari quotidiano sui mer– cati e del numero d'intermediarì. D'erba e frutta, L 40.000 giornaliere e per lo meno 3200 intermecllari; pel pesce, i.l00 lire (l'affari al giorno e da 400 a !:>00 intermediari i per hi carne gror-sa, 50.000 lire e da 2-;oo a. 3000 inter– mediari. Ogni quindici lire di derrate alimentari che si vendono, ci cleve vivere un intermediario, ossia una fa– miglia. E sono computi larghissimi pel termine affari, senza dubbio troppo ristretti pel numero dei rivenditori. r rimedi? Tl problema di un'orgtmizzazione migliore degli scambi, eliminata l'intermediazione della concor– renza caotica o co,;tosissima, porta nel pieno mare di quello discussioni sui consumi e sulle futuro forme so– ciali, che hanno abbastanza seccato, per mia colpa, i lettori della Critica. Lasciando stare la più lontana meta di pìi1 lunghi sforzi sociali, e restando al limitato ed immediato problema dell'azione municipale, che cosa può fare un Comune nuovo di fronte al mercato attuale e alle numerose genti che lo popolano~ t; un mondo complicati~simo, che racchiude le strati– ficazioni ed i rapporti pili diversi e contrastanti: i gros– sisti sono in antitesi coi dettaglianti i i bottegai fissi coi rivenditori ambulanti; c'è perfino la g11or1·atra i carroHi e le ceste; o le trecche, le filrnose trecebe del mercato, di cui si occupavano gli economisti del settecento, hanno un lor fattivo femminismo contro altri tipi caratteristici dei vart luoghi di vendita. Si puòi subito e sonz';ltro, dichiarar guerra al ceto dei rivenditori, procla.marne la soppressione, far una lotta di consumo agli estremi? Non bo molte simpatie ed illusioni sugli esercenti i nò economiche, nè poli– tiche; la loro democrazia ~ di parata; e sono spesso nelle città cemento delle gra11dl armate retrive, nei piccoli luoghi di campagna dìteries parassitarie e domi– natrici dei buoni villici. :\fa non voglio essere l'ivolu– zionario nella politica dei consumatori, come non lo sono in quella dei lavora.tori. ln una prima fase bisogna riconoscere ed assumere come legittimi gli intere.3si del ceto dei rivenditori, che 11011 potrebbero eliminarsi su– bito e senza predisporre loro la via cli pilt proficue uti– lizzazioni sociali. C'è una prima fase in cui è possibile avere la l)aturale coiucidenzll degli interessi dei pro– duttori, dei consumatori e di grn.nde parte degli stessi rivenditori. .Bd è la lotta contro il cosidetto baaari- 1wggio1 il c1ua.le agisce nella duplico f.;,rma. dell'acca– parramento e dell'usura. :Nell'eliminazione di siffatto fenomeno para!lsitario e monopolistico possono appun• tarsi larghe comuni oo,late di sforzi. Liberare il mer– cato dal giogo ferreo dei grossisti: ecco un primo campo aperto alla politica municipale. 11 grossista o bngherino nei mercati stl'iclu se11su (che di solito concernono erbe o frutta, bestiame, pesce ed O\'aJ è pili spesso - S!l.lve le debite variazioni da regione a regione e da. mercato a mercato - un commissionario con lo star del credere, cho ha in mano le derrate pro– venienti dal di fuori e tiene soggetti, mercè anticipi, i produttori locali, o, se gli giova, ricorre a sottili espc– dieuti ed a vere manovre borsistiche per impadroui1·si ,lei generi che fluiscono a.I mercato. I bagarini for• mano t.ra loro coalizioni tendenti al monopolio del mer• ca.to , e da questa. posizione di ferro tengono flOggetti i rivenditori minuti, povera. gente per lo piì1, che dC\"e comperare a credito ecl inesorabilmente è costretta a passare sotto le forche caudine dell'usura. Rice,·ono, questi rivenJitorii le derrate seni.a sborsare nullo, ma sconteranno poi pagando (t q11attrini rifatti, e l'aggio usurario sarà incorporato nel prezzo obl)ligato, anche se non appaia computarsi a parte; o pagherauuo a. ..ate minute e di pazientissima esazione, con interessi enormi, ad esempio, il famoso II soldo a scudo per giorno n della piazza romana. I rapporti qui indicati sono riprodotti dai mercati di Roma, ma la parentela del bagarinaggio è ovunque diffusa, e1 anche oltre le mura. romulee il nome è og~etto cli aspro odio popolare. Badiamo bene. l n certi mercati. così come sono oggi foggiati, il bagarino è l'unico che proHeda a far venir roba dal di fuori; ed, in questo senso, se non ci rosse lui, la piazza sarebbe meno e uou abbastanza rifornita. Ancora: l'usura non è uo ca1lriccio o un'imposizione arbitraria dell'usuraio: ò fenomc-no che rampolla da un insieme di condizioni economiche. Jn realtà, i rivendi– tori pagano lento, e non offrouo garan;1,ie, e molti non pagano. Alla lor volta, i consumatori che acquistano nella rivendita sono spesso anche loro abituati a pagare a credito. Chi pAga 1 paga anche per chi non paga. ì,: molto semplice. E dalla catena delle ripercussioni eco• nomichei vien fuori, basata sul rischio del prestito. l'usura del Oagarino, che 1·n.ppresenta in gran parte una compensaziono ed un premio diassicurazione. Luci!uno dunqae sh.re la retorica contro i bagherini: non si tr,itt~ Alle di purificarne \a funzione, sostituendo all'accaparramento una commi:Jsione onesta ed all'usura un crndito veramente sano. Ma la funzione è insoppri– mil)ile; si può tentare solo di attribuirla acl organi so– cialmente più convenienti. Ce Cooperative? Altra volta in questo colo1rne mostrai la difficoltà che lo Cooper,itive di cousumo trova.no nel sostitLLire i commercianti all'ingrosso. Più agevolmente esse operano nel commeL·do di dettaglio, ma col riscb.io dì diventa.re migliori o pili securi clienti dei grossisti che non sieno i llottegai miuuti. Dalle Cvoperative di consumoi che non raggiungano pro1)orzioni vaste, il grossista ha, in fùndoi pili da guadagna.re oh~ da per• dere. Sarebbero utili lo Coopcrativc tra i produtto1•i, ma tutt'altro che facili a rvrmarsi in ambienti immaturi per lo più alla cooperazione. E poi in siffatto genere di Cooperative v·è il pericolo, sia pur latente e remoto, di sviluppare quel particolarismo od egoismo dei rami e gruppi di produzione, che sarà il sostrato delle lotte

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