Critica Sociale - Anno XVIII - n. 5 - 1 marzo 1908

70 CRITICA SOCIALE sacriflct, perchè le si presenta in veste meno severa ed arcigna. Tutto ciò è, più che socialismo, vecchia democrazia alquanto demagogica: ed è u democratico" anche nelle conseguenze. 1~ per comprem1erlo, basta guardare quel che fu l'A1•a,1ti! dal 1904 al 1907, e, in certe colonne, anche oltre. · Quel q1àd 1 che avea pervaso il partito, quello spirito turbolento e nebuloso, era ben fotografato nell'Avanti!, o ne faceva un ottimo " giornale del malcontenti ,, e un difetto~o ,: giornale del proletariato socialista,, . .Ma ciò faceva convergere verso di esso e verso il· partito socia~ lista molte correnti di simpatie, cli adesioni e di speranze, che lo snaturavano: cosicchè può dirsi che il socialismo italiano non fu mai cosl ~ transigente II e sostanzialmente alleanzista 1 come quando fu capitanato dall'intransigenza del metodo rivoluzionario. E il ll~erri, senza saperlo nè imagioarlo, serviva di ponte fra la vecchia democrazia romantica e il nuovo sindacalismo labrioliata. ll suo anti– governismo di flagE)llatore delle camorre, di lottatore contro i succhioni, i mangionì 1 i ministri ladri e i mi– nisteri tassatori, quell'antigovernismo secolino caro agli esercenti e alla minuta borghesia, divenne senza fatica l'antistotalismo dei sindacalisti: come li suo dispregio semplicista dei " pannicfllli caldi ,, e la sua diffidenza contro l' 11 erba trastulla ,, 1 e il discredito contro le "de– viazioni dei viottoli tortuosi ,,, divenne facilmente, nel popolo che ha una sua logica infantile e terribilmente deduttiva, l' u azione diretta,,, mezzo più semplice, più sicuro, più spiccio e più rettilineo. Una tale concezione socialista, pericolosamente formi– dabile perchè appoggiata a una tradizione, perchè ri– spondente a una psicotog'ia collettiva, e perchè imper– sonata in un'individualità ricca di tutte le doti neces– sarie per esser più e::1pansiva e suggestiva, si esplicò, più e meglio che in ogni altro luogo d'Italia, nel Man– tovano, terra da cui era nata qt1ella strana e lussureg– giante pianta umana, degna del Tropico. . .. Accingendomi a parlare del Mantovano dopo aver parlato del Reggiano, io ho da star in guardia contro il pericolo d'un parallelo ratto in antìtesi preconcette, sistematiche, artificiose; contro il pericolo d 1 un pessi– mismo a priori, contrapposto all'ottimismo di prima: il tutto inquinato di poca sincerità. No: il confronto e il contrasto verranno spontanei, e se l'antitesi sembrerà talvolta troppo simmetrica, non sarà perciò mello vera. Unità e continuità furono le due doti fondamentali che trovammo nel movimeuto proletario socialista del Reg– giano, e ne spiegano il vigoroso fiorire. L'una o l'altra mancarono a.Ila provincia di Mantova. Reggio è circondata di 27 ville che le fanno corona, che appartengono al suo Comune, e che servono come di tramite ai paesi pii'1 e men vicini della Provincia, che a Reggio fan capo, commercialmente e politicamente. Mantova, la bella melanconica città, sequestrata dalla natura e dagli uomini in mezzo a un lago semimelmoso che le dona incanto dolcissimo di toni azzurri e verdi sfumati e trista dote di malaria, e dà al popolino il piacere addormentante della pesca, è ferroviaria.mente e moralmente un po' fuori del mondo, e quasi staccata dalla provincia stessa di cui è capoluogo. Nella vasta, sparsa, multiforme Provincia, son parec– chie le grosse borgate, che furon secie di piccole Siguorìe, e che si considerano 1 e sono in effetto, da quanto la città. Nè questa può essere politicamente centro e cer- vello socialista della provincia, quando in essa iatristisce un artigianato misero e inorganico, diviso tra l'attacca– mento servile alle poche grandi Case nobiliari ricchis– sime che gli danno lavoro, e le velleità anarcheggianti, carezzate la sera tra una caraffa. e l'altra dell'aspro e forte vin del Serraglio. Se la vagheggiata bonifica del laghi e l'incanalamento del Mincio, con relativa utilizzazione di energia motrice, muteranno Mantova, da cupa pittoresca fortezza, in città industriale, sorgerà. forse, da quel suo popolo simpatico, buono ed arguto, ma sonnolento e sfiduciato, una classe operaia moderna e un movimento) proletario-socialista, degno e capace d'esser guida 1 centro, ect esempio al– l'esercito campagnuolo. ... Ma lleggio ebbe un'altra fortuna ohe Mantova non ebbe. - Beati i popoli che non banno storia - dice un proverbio: e noi potremmo parafrasarlo così: Beati quei partiti socio.listi che non hanuo precedenti, che non tro– \l~rouo u precursoi,:i 111 che seminarono in terreno vergine. A Reggio, Ca.milio Prampolìni, poco dopo il isso,· co - minciò e contimtò la sua propaganda socialista, d'un socialismo autentico e positivo, non metafisico, non ro– mantico, non confusiouario; anzi 1 confro i sentimentali e i confusionart: vero marxismo scientifico passato tra– verso il filtro della sua mente e della sua anima giusta, pratìca 1 plastica, e umanamente italiana. V'era qualche semi •anarchico, qualche internaziona– lista, qualche rivoluzionario di vecchio stile: ma era.o JJOChissimi, e ad ogni modo l'ascendente di Prampolini vinceva ed assorbiva, con arte e virtù di persuasione che può dirsi verilmente apostolato, tutti coloro che non erano addirittura irreducibili: onde le ire di questi ul– timi, e il noto attentato del Pini e del Parmeggiani contro di lui. Mantova invece era terreno pieno di vecchie sementi di un socialismo spurio, sentimentale, mezzo umanitario e mezzo feroce, una u democrazia armata di carabina ,,, se cosl può dirsi: salvo che la carabina, per la nativa mitezza dei luoghi, non sparava che a sah·e di chiac– chiere. Figure strane e romanzesche, alcune nobilissime, tra cui Paride Suzzara Verdi e la sua Favilla più volte spenta e riaccesa, e Nobis, e Alcibiade Moneta, povero Masaniello finito in un manicomio, ed altri ed altri, agitatori del sentimento e del malcontento sempre vivi in un popolo così sveglio e così misero, ma incapaci di incanalare queste correnti psichiche per una via e ad una mèta posjtiva, eran passati,-fra le sue ~ura turrite. La tradizione delle congiure e degli odi gloriosi della città di Belflore contro l'Austria tiranna, servivano a render simpatici nel popolo quegli atteggiamenti e quelle forme dì lotta a colpi di parola e di penna. La democrazia sociale, o l'anarchismo, o il socialismo rivoluzionario di Mantova, si riattaccano ancor oggidì a quelle memorie, a quegli uomini, a quelle frasi. Una manifestazione di queste tendenze incerte ed in– genue si ebbe nello sciopero agrario del 1848, un moto che meriterebbe uuo studio a sè, per i varì elementi di cui si compose: condotto da profughi egregi della bor– ghesia, quali il Sartori e il Siliprandi; seguito dalle masse dubitanti fra la rivolta come mezzo di giungere al comunismo, e i mezzi legali per ottenere una sem– plice, modesta revisione dei patti agricoli. I " precedenti ,, d'uomini, di formule, di movimenti possono esser utilissimi, per legge stessa biologica, quando vi sia chi 1 senza togliere quelle radici, vi sappia inue– star su nuove idee e nuove forze vitali. Nel :Mantovano,

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