Critica Sociale - Anno XVIII - n. 5 - 1 marzo 1908

68 CRITICA SOCIALE che votò nella Convenzione la morte del re, dei preti e dei nobili. Vorrebbe confessarlo e redimerlo: " Signor vescov.o - risponde il morente - ho passato la mia vita nella contemplazione e nello studio. lfo risposto all'ap– pello quando la Francia mi ha chiamato. Yi erano abusi da combattere e li ho combattuti i diritti e principi da proclamare e affermare e li bo proclamati e affermati; tirannidi da distruggere e le bo distrutte. Quando la patria era minacciata sono corso a difenrterla. Sono uscito povero dalla vita politica. Ho sempre sostenuto la marcia in avanti del genere umano verso la luce. Ho sempre fatto il mio dovere e ho sempre fatto ìl bene .... Sono stato perseguitato, bandito, proscritto, e sento che oggi la folla mi odia anche nel mio isolamento, e accetto senza rancore l'isolamento nelPodi1).Ora ho ottant'anni e sto per morire. Che c!osa volete? ... w Yictor llugo fa rispondere al vecchio vescovo, inginocchiato: ii La vosfra, ùe11edizio11e ,,. Oggi, in pieno secolo ventesimo, c'è ancora della gente in Italia che ama confondere la religione e la morale, in un pasticcio da servire ai poveri di spirito, forniti o no di certiflcMo elettorale. Perciò domandano il catechismo nelle scuole. Non per altro. Perchè essi sanno bene che dalla sc11olanon escono uò credenti, nè atei. Gli uni e gli altri si formano nella vita, attraverso le vibrazioni intellettuali dell'età. con– sapevole, quando rimaniamo soli di fronte all'enorme mister dell'Universo, con la nostra coscienza. Tutto il resto è letteratura reazionaria, quando non ò compas• sionevole idiozia ,H moltitudini. Per certo il catechismo potrà influire sulla cultura intensiva delle cucurbitacee nella dolce terra italica. È un problema che riguarda l'agricoltura e che gli elettori liberi, cioè quelli che non sono iscritti nei quadri di Santa Chiesa, potranno un giorno proporsi di risolvere. Per ora auguriamo agli scolari intelligenti, che la de– vozione dei genitori condannerà al supplizio del cate– chismo, qualche allegro diversivo: la caccia alle mo– sche, per esempio, o le pallottole di carta sul naso del maestro. L. M. Bo·n,\Z7.J Sulla laieità della seuola Scrivo mentre alla. Camera si agitit la discussione intorno alla mozione Bissolati per la laicità della scuola. Ma, quale che sia il voto col quale il dibat– tito verrlt a chiudersi, la quesOione rimarrà sempre ugualmente viva, e la diversa soluzione datale co istituirà ancora un elemento essenziale nel programma e uell'atteggiamento dei vari partiti politici. Posto dal lato 1>1·atico, il problem,1 realmente non ammette che wu1, soluzione logica, illustrata assai bene da Andrea Torre, in un notevole articolo del Corriere della sera del 18 febbrnio, sulle orme delle idee già espresse dal padrn Didon. Il sentimento religioso, quando lo si voglia inspirare ai fanciulli per se stesso, o come appoggio e rinforzo degli in– isegnamenti morali, non può essere insinuato nelle coscienze infantili, nè con un insegnamento catechi– stico impartito da un maestro che può anche essere per suo conto areligioso o antireligioso; nè entro la scuola, oH'erta per un'ora alla settimana dalle pub• hlichc amministra~ioni ad un pan·oco, a richiesta piì.t o meno spontanea dei genitori. La religione è un atteggiamento delle coscienze che suppone tutta intonata a sè l'educazione infantile: un insegna– mento, che voglia essere religioso, ha dunque im- plicita, l'esigenza di esser dato da uomini dì fede in ambiente adatto 1 dalle famiglie religiose nella casa, da uomini di chiesa nell'ambiente della chiesa. Su questo terreno pratico la discussione cadrebbe di per sè: l'incompetenza. dello Stato, e, quindi, la laicità della scuola pubblica, vorrebbero essere affer– ma.te dai clericali ancor pt·ima che dai loro avver– sar]. Ma 1 sopra al lato pratico, c'è quello teorico della questione, che involge i rapporti tra morale e religione. La scuola, si dice, secondo la formula onnai con• sunta a furia di essere adoperata, non deve dare ~oltanto l'istruzione, ma, con questa e prima di questa, l'educazione. Ora, il sentimento morale, nei fanciulli e negli uomini di scarsa cultura e di li\ 1 ello intel– lettuale limitato, ha bisogno 1 si dice, di appoggiarsi snl principio d'autorità: come la. legge civile si prC• senta quale emanazione di un potere dello Stato, che a.i trasgressori applica le sa1rnioni punitive, così la legge morale deve apparire quale volontà di un potere soprannaturale, cui non sfuggono nò le azioni nè le intenzioni, che legge nelle coscienze e giudica le opere e i pensieri. Soltanto così, si c?ncluderl qu.ella legge morale acquista la suft forza d1 norma d1ret• tiva della condotta. Quésto pensiero, che fu più d'una volta espresso anche da uomini che, personalmente, non avevano fede religiosa, assume nei credenti (cattolici o d 1 altra fede) una forma più recisa: morale e religione si identificano; tolta la religione, voi togliete Je basi alla educazione morale; aprite la via delle coscienze a quella forma di scet.ticismo che è il peggiore di tutti, perchè nega l'assoluta distinzione del bene e del male, distrngge ogni imperativo categorico 1 ogni sicura norma di condotta. La tesi (a parte sempre la questione pratica, se l'educazione religiosa spetti a.Ilo Stato o comunque ammetta la sua ingerenza e competenza) suppone risolto il problema dei rapporti tra morale e reli– gione. Ogni volta che si è \'Oluto, dalle singole con• fessioni paL·ticolari, elevarsi a una concezione uni - ,rersale del principio religioso 1 e affermare, al di sopra di tutte le religioni discordi e mutevoli, la perma• nenza de la religione, si è, come nel deismo inglese, determinato il contenuto di questa religione naturale, sopra. tutto nei principi mora.li, associati con l'idea del divino. Ma simile associazione dimostrava. forse un rapporto di dipendenza dei principi morali dal• l'idea della divinità, sì che quelli potessero mantenere la loro validità di imperativo categorico solo in (!nanto erano sostenuti e derivanti da questa? Nell'antichità. Platone aveva molto bene posto il problema: ciò che è buono. è tale perchè voluto dalla divinità, o ò voluto dalla divinità perchè è buono? Posta in questi termini la domandai non ammette che una risposta. Se il bene morale aves~e tale carattere solo per il volere divino che lo pre– sceglie, il suo contenuto sarebbe arbitrario: la legge morale sarebbe sottoposta ad una volontà, 1 dalla quale deriverebbe il suo carattere formale di dovere; ma quale materia poi fosse da assumere in questa fonna dipendercbhe non dal suo contenuto interno 1 ma da un elemento esterno, la volontà divina. Cioè: il valore della legge morale sarebbe estrinseco, e non intrinseco al suo contenuto. La questione pare esclusivamente metafisica, ed ·ha invece una importanza eminentemente pratica. Perchè una mente) abituata a considerare il co11umdo mora.le valido solo in quanto emanante da dio, il giorno che perdesse tale fede, vedrebbe rovinare le basi della morale .. II: in og11icaso di questa non po– trebbe mai essere per se stessa intimamente per– suaso. [n realtà, per altrn, le stesse confessioni religiose affermano il valore della morale per sè, pur tenen-

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