Critica Sociale - Anno XVIII - n. 3 - 1 febbraio 1908

12 CRITICA SOCIALE Questi alcuni dei punti fondamentali del ragiona– mento di Cabiati; il quale sarà certo sorpreso nell'ap– prendere come il Crespi concordi pienamente con lui. ... Ma la sua meraviglia. crescerà anche .più se avrà I~ bontà. di leggere un articolo del Crespi stesso, pubbli– cato (attenzione alla data!) il 20 gennaio 1~ 1 8 sul!~ Vita /ntei-naziona.!e di Milano. In questo scritto (cui perfino la Rivista di Teodoro Moneta ha. creduto op– portuno apporre le più ampie riserve, lasciandone c?m· lJleta la t·esponsabilità al suo auton) il nostro ottimo contraddittore prende le mosse, come è suo costume, dalla storia inglese, per affermare che ogni esperimento di legislazione socialistica è destinato alla bancarot~a, e che il socialismo italiano, come metodo e come spi– rito poìitico, trascinatosi fin qui vivendo parassitm·ia– mente sulla. fama di pochi apostoli, è condannato alla morte pel suo meflstofolismo, pel suo bismarckianismo, per la sua sterilità intellettuale e inedia morale ..... Lo sfruttamento delle maggioranze operaie da parte delle minoranze capitalistiche è ,1ffu.tto immaginario; il so– cialismo inteso come metodo di lolla per l'abolizione del cosùletto sf,·uttamenlo boi·ghese, lungi da11·essere cosa nuova, è cosa molto antica e che riempie de' suoi fallimenti la storia intera.; esso è antico come la bal– danza della coscienza ignoi-anle e invidiosa, nfraltaria al ,·iconoscimenlo defle p1·opi·ie deji,cenze e delt'alll·ui supei·iorilù. Che si viene cianciando d1 discrepanza. nelle posizioni iniziali tra imp1•enditori e salariati! ~a. lolla di classe non si riduce che a un sentimento d1 impo– tente ìnvidi1t di genie !a quale 110:1 ha i meriti dei ri– veriti detentori ùel capitale! Piuttosto che combattere le classi dirigenti, i lavoratori farebbero bene a prestar loro ubbidienza; invPce di dar ascolto a ciechi impulsi di ribellione, dovrebbero imparare ciò che ignorano da quelli che ne sanno più di loro e che ranno benis.simo a resistere con i mezzi che le circostanze additano come più adeguati. Quanto alla d1s1lccupazione, essa non dipende già da.Ilo squilibrio ira popvlazione e mezzi di sussistenza, squilib1·io manlenulo, come vuole il Cabiati, in tonna costante dai capitatislii pel Crespi sono gli operai cltt, creauo la possibililà. di krumiri, sono essi i principali responsabili delle loro dirtìcoltò, a cagione 1lella spensieratezw. con cui prolifì~uno .... Credo che ba.:;tino queste poC;hecitazioni a dimostrare come vi sia per avventura una qualche lieve diffe– renza tra le premesse del Cabiati e le argomentazioni del Crespi; tra il pensiero dì uno, il quale arriva. alle conclusioni, che i lettori conoscono, par-tendo dal dato fondamentale dello s(1uUamento capiialisUco e della divergenza nelle posizioni iniziali dell'imprenditore ~ dell'operaio; e il pensiero dell'altro, pel quale nulla d1 radicalmente iniquo esiste nell'ordinamento attuale, sì che è tutta subieti1va colpa o deficenza degli operai se essi si trovano in condizioni di inferiorità. rispetto alle altre classi. Per mio conto, se il Crespi ricorresse un·altra volta al vieto mezzuccio di appuntal'mi di mala fede nel pre– sentare il suo pensiero, non avrei che da ripl'Odurre integralmente il suo articolo stampato il 20 gennaio sulla Vita lnler·nazionalei e, tenendo ben ferme le pre– messe del Ca.biali, stare a vedere se, sulla sbarra fissa di tali premesse, il Crespi sarà capace di eseguire, alla presenza del colto pubblico, volteggìamenti cosi prodigio– samente acrobatici da dimostrare l"accorào completo del suo modo di ragionare con quello del Cablati. Sarebbe daV\'ero uno spettacolo diver-tente! .b:TTOR•~ ì\'iARCUIOLl. IL " COMPLETO ,, A proposHo della crisi dei dolllestici lii. Badisi bene: io non mi nascondo tutte le difficoltà che incontra un'organizzazione dei lavoratori della casa. Ma) per il momento, presenterebbe certo fra noi diffi– coltà ancora maggiori l'auspicata industrializzazione dei servizio domestico o l'introduzione, di cui già si è parlato su !e tro.cce dello Schiavi 1 di aziende del tipo di quelle del Sluclair o del Fick. Ho già detto, ftn dal principio, che io non ho la pretesa di fare uno studio scientifl.COjnon posso nemmeno aver la pretesa di addi– tare i mezzi più idonei per tentare l'augurata organiz– zazione. Ho sultanto la. speranza che qualcuuo, ph'1 esperto di me, prenda qllalche iniziativa a favore dei lavoratori della casa. Xeppure io mi riprometto subito - anche se si riu– scisse a formare una tale organizzazione - grandi van– taggi. Credo anzi che l'organizzazione porterebbe come suo primo effetto un inasprimento della lamentata criii• Quel po' di e11perienza,chi) tutti abbiamoi c'insegna che gli organizzati (e uon solo proletari!), se divengono consci relativamente presto dei loro diritti, solo più tardi acquistano coscienza dei loro doveri, e dei neceijsari in– granaitgi che la loro organizzazione devo avere con tutto il resto del complesso meccanismo sociale. Io mi auguro che, nelFazione del partito socia.lista presso i la\'Oratori della casa, come presso tutte le altre categorie del proletariato, la propaganda morale, l'inse– gnamento dei doveri, vada di pari passo - e sempre più si intensifichi - con l'appello agli interessi e ai diritti. Solo così il socialismo potrà esercitare una no– bilissima funzione rli pedagogia sociale! Ma non mi dis– simulo neppure le difficoltà di questa propaganda. E prevedo che, anche se si riuscisse ad organizzare i la• \'Oratori della casa, non scompa.rirebl>e 1 forse anzi si acuirebbe per qualche tempo, il deplorato, anarchico ed inutile sabotaye domestico. Si avrebbe fors'ancho un qualche boicottanio (e in certi casi sarebbe, non rap– presag\ia1 ma giustizia!) contro certe padrone tiranne, contro corte famiglie che alla 11crva fanno quasj patire la fame. Ci sarebbe, forde, qualche sciopero di cuoche o di cameriere: non ridete 1 troppo arguta lettrice; se il fatto avvenisse - in Italia si ebbe già, narra lo Schiavi, uno sciopero di domestiche ad Arzl.?nano (Vicenza) - vi assicuro che sarebbe assai meno allegro della pro– spetth'a, che vi fa ora sorridere. Ma - sento qualcuno chiedere a questo punto - l'or– ganizzazione dei lavoratori della casa non fluirà per spezzare ogni vincolo di solidarietà morale, di affetto tra padroni o domestici? È il solito dubbio, che tutti i borghesi hanno affacciato contro le organizzazioni pro– letarie: un rapporto, per il solo fatto di divenire giuri– dico, cioè regolato da vere e proprie norme particolari di legge, dovrebbe cessare di essere morale, di essere cioè tutelato dalle norme dell'etica. Ho già risposto, in parte 1 a questo dubbio con alcune parole dello Schiavi. i\Ia. qui mi piace notare ancora tre cose: - la prima, che l'esperienza insegna. che - se la organizzazione proletarin. ha distrutto quell'antico re– gime paterno che dominava la fabbrica e continua a reggere la casa anche nei rapporti fra padroni e dome• etici, i, se questa organizzazione ha avuto come prima

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