Critica Sociale - Anno XVII - n. 22 - 16 novembre 1907

338 CRITICA SOCIALE per giovarsene, di tutte le forze dell'ambiente e s 1 in• dustria di attenuare, non di crescere, le resistenze, e gira gli ostacoli che non può superare o demolire d'uu colpo; che, nel difendere gli interessi partico· ]ari e transitori delJe classi e delle sottoclassi, ed anzi per difenderli meglio, non disconosce nè tra– scura gli interessi più vasti e permanenti della so– cietà. Metodo dunque di penetrazione e di trnsfor– mazione e di transazioni progressive, che, per es– sere decisameute evolutivo, obbedendo alla legge del minimo mezzo, risulta tanto più effettivamente e profondamente rivoluzionario, quanto meno no ostenta il gesto e ne usurpa e se ne aggiusta la maschera. Questo per la politica. proletaria. Or, poichè la po– litica delle classi dirigenti e dello Stato, per se 1 stessa conservatrice, si m.odella e si proporziona, nelle sue reazioni e nei suoi adattamenti 1 su quella, essenzia1• mente, delle classi lavoratrici, che è novatrice per necessità di naturnj ben può dirsi, senza troppa iper– bole1 che nel metodo di quest'ultima è tutta, in germe ed in potenza, la questione politica, ed è tutta la questione sociale. . ., . Senonchè, nella politica in generale dei lavoratori, quella degli agenti dello Stato riveste, per un certo aspetto, un significato specialissimo e un'importanza preminente. Gli agenti dello Stato, infatti, (e il medesimo, con differenze di grado, deve dirsi cli quelli delle· Provin– cie, dei Comuni, degli Enti morali, delle grandi Com– pagnie che esercitano servizi pubblici importanti), se da un lato, nella loro grande maggioranza, e tanto più quanto lo Stato più accentua il suo cara.ttere industriale, sono stoffa proletn.ria, e presentano, coi lavoratori dell'industria libera 1 analogia d'origine e di condizioni di vita e comunione d'interessi, e ri– sentono il contraccolpo di coteste condizioni, e pos– sono e debbono pertanto aiutarli ed esserne aiutati poderosamente nelle grandi lotte del lavoro e della politica sociale; per un altro verso formano parte integrante dello Stato, questo Comitato esecutivo, fino a ieri, delle classi dirigenti, anzi, loro Comitato esecutivo Oggi come sempre, però con questa diffe– renza: che il pro_g1·edirèdella civiltà e il democra– tizzarsi dello Stato ammettono, nella sfera di coteste classi dirigenti, un sempre maggior numero di strati sociali o almeno una sempre maggiore e più diretta influenza di quelle che furono, e in parte sono an– cora, classi dominate. E, come organi e parti dello Stato, essi si trovano ad essere al tempo stesso l'og– getto e lo strumento e i cooperatori necessari, se non anche gli stimolatori - dal di dentro - delle sue progressive trasformazioni. Ond'è che, se _non si chiarirà pretta utopia la vi• sione - che ogni giorno, viceversa, accenna ad ef– fettuarsi un poco più - di una futura socializzazione di tutti i grandi rami della produzione e rlegli scambi; i lavoratori dello Stato, e le loro organizzazioni e l'opera di queste, rappresentano già oggi, più o meno consapevolmente, una anticipazione - impel'– fetta quanto si voglia, per l'ostile diffusa pressione del capitalismo - delle future schiere di lavoratori e dell'azione che esse esplicheranno in regime col– lettivista. E, se già hanno coscienza della loro mis– sione (non annetto alcun significato religioso, bensì prettamente naturalistico e storico, a questo voca– bolo), è da -loro sopratutto che dipende fin diora di provarne la possibilità e di affrettarne l'avvento. Certo, il senso o l'intuito di cotesta missione pe– culiare fu a voi sprone come a me, caro Alati - sebbene e perchè socialisti ~ a consacrare qualche parte della nostra qualsiasi attività a codesta opera nuova e delicata di organizzazione degli agenti dello Stato. La qual cosa ai rìvoluzionarì vecchio stile (oggi sindacalisti) parve, e dovette parere, tradimento della fede e della bandiera, e anche ai nostri amici migliori è parsa, dapprima, se non altro, una devia– zione. Ma gli evenl.i dovevano incaricarsi di tessere la nostra difesa. Ecce infatti - e non è che un caso ed un esempio - i lavoratori delle nostre ferrovie, la loro azione, la loro organizzazione, il loro metodo di lotta, as– surgere d'un tratto, in questi ultimi anni, a una importanza capitale ed assorbente per la vita della democrazia e del movimento proletario. Ed una delle menti più lucide del socialismo militante - Leonida Bissolati - rilevava, ieri per ·l'appunto, tutta la de– cisiva influenza che l'atteggiamento dell'organizza• zione dei ferrovieri di Stato, ossia degli agenti di un'azienda già, bene o male, nazionalizzata, può esercitare su l'andamento e su le forme dell'evolu– zione sociale, e i doveri che da tale influenza le derivano. Ciò nei riguardi della prova, che essa può fornire o ricusare, della possibilità ed utilità di più perfette e più vaste socializzazioni, Quanto alla virtù, che simili organizzazioni hanno, di affrettarne od intralciarne l'avvento, essa apparirà meglio, come più g1i agenti dello Stato, disinvoltisi dal particola– l'ismo, per l'appunto, sindacalistico che noi combat– tiamo, diverranno strumenti e propulsori consapevoli, nell'interesse collettivo e insieme nel proprio, del– l'evoluzione cli quei complessi e vitalissimi organismi, che stanno loro nelle mani, e dei quali vivono, e che vivono dell'opera loro. Pei buoni borghesi consumatori del servizio, pei giuristi del capitalismo e dello Stato di classe, per lo stesso socialismo volgare, lo sciopero o l'ostru– zionismo, ad esempio, dei· ferrovieri non è altro, a seconda dei punti di vista, che una irritante mo– lestia, o una contravYenzione disciplinare, o un più o meno accettabile episodio di miglioramento di ceto. Per chi vegga le cose da un po' più alto, esso invece in tanto ha importanza, in quanto è l'espressione di un metodo, il quale, secondo che concordi o collida coll'interesse beninteso della classe lavoratrice tutta quanta, della collettività e dello Stato evolvente a più schietta democrazia, sarà poderoso presidio, op– pure pietra d'inciampo, allo sviluppo di forme più alte della vita sociale. Ma quel che ora si vede e si tocca dei ferrovieri non diversifica sustanzialmente per altri agenti dello Stato, addetti ad altre funzioni. Organizzarli e diri– gerli in un certo modo non è dunque appartarsi dal problema sociale e dall'azione socialista, ma è invece penetrarvi più a fondo. Per la loro duplice qualità di lavoratori e di fa.– 'voratori dello Stato, adibiti a servizi già unitaria– mente organizzati e in qualche modo socializzati, gli agenti dello Stato possono avere funzione d'avan– guardia - purchè l'intendano e lo sappiano volere! . * • :E'in qui è la· parafrasi, a un dipresso, delle idee generali, che formano sfondo e cornice alla vostra Relazione. Rimane la questione occasionale: adesione o no, immediata o differita, della nostra Federazione alla Confed~razione del lavoro, o invece adesione più attiva alla Confederazione degli impiegati) e trasfor– mazione e rinvigorimento di questa. Nella parte ge– nerale non ci poteva essere dissidio fra noi, nè dentro noi stessi : si trnttava di principi che, per noi, for– mano ormai, concedetemi la frase, articolo di fede. Di fronte alla questione occasionale, ciascuno di noi ricupera il 'libero arbitrio del suo proprio pensiero. Qui l'oscitanza, di cui dissi in principio, è non solo spiegabile, ma necessaria. Qui s'ha da fare con ele– menti mobilissimi, che, a così dire, ci si mutano in mano mentre disputiamo; tutto dipende da.i luoghi,

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