Critica Sociale - Anno XVII - n. 16 - 16 agosto 1907

CRITICA SOCIALE 243 l'ordine del giorno di Nancy potesse conservare la sua forma presente. Inoltre, che cosa significa. "'l1ar– mamento della classe operaia mediante l'armamento generale del popolo ,,? Questo armamento non esiste già orn.,almeno nei paesi dove la coscrizione è ge• aerale? O si tratta di introdmre Ja nazione armab1, il sistema di reclutamento alla svizzera, e si at– tende, per organizzare questa riforma, il momento in cui le truppe debbono partire per la frontiera? Dal popolo sarebbe esclusa la bo,·ghesia? Se il popolo è sollanlo la classe operaia, che tautologia è cotesta, per cui la classe operaia deve armarsi coll'arma– mento di se stessa? 'futto ciò non è estremamente perspicuo: e noi siamo un po' perplessi pensando che, al momento fatale, quando la decisione dovrà essere fulminea, converrà convocare un nuovo Congresso per diluci– dare - con parecchi giorni di discussione - il delibe– rato di Nancy. Tuttavia, considerate le premesse, par– rebbe che l'oracolo di Nancy abbia voluto dir questo: che, al momento della rottura delle ostilità, la classe operaia del paese assalito dovrà disarmare la bor- . ghesia e armare soltanto se stessa per difendere sè' e la nazione. Della nazione - almeno di questa, se non del popolo - è certo che fa parte anche la borghesia; Ja quale, dunque, sarà difesa generosa• mente dalla classe operaia, ed esonerata, essa me– desima, dal servizio militare in tem1>0 di guerra. Nessun regime dispotico o aristocratico aveva imma– ginato tanta iniquità di privilegio I Oppure s'intese dire ohe le armi, monopolizzate dalla classe operaia, devono essere ri\'olte, oltrecchè contro il nemico di fuori, anche e in pari tempo contro la borghesia nazionale, resa prima inerme per commendevole pre– cauzione. Sarà insomma la guerra civile (tanto valeva dirlo chiaro!) proclamata giusto al momento che gli eserciti stranieri invaderanno il territorio nazionale. Il proletariato, per spodestare la borghesia, sceglie– rebbe il momento in cui, oltre la borghesia medesima (la quale non è eccessivamente probabile che si lasci disarmare e incatenare di buona voglia), avrà contro di sè tutto l'esercito nemico, e così aarà preso tra due fuochi. Veramente non si può essere più turbi! Ma in compenso non si può essere più confusionari ed iUogici ! Dove se ne va 1a difesa della " nazione ,, ? Almeno Ilervé, e la sua mozione, non avevano ri· spetti umani, e la " nazione,, la lasciavano allegra– mente in preda alPinvasore! Il curioso è che, per giungere a questo viluppo di stramberie senza senso, Jaurés e gli altri hanno detto un monte di cose sensate. È questo, pare, in ogni paese, un carattere dell'integralismo, di avere, nei suoi discorsi, a pezzo a pezzo, un certo buon– sensaccio, per riescire a perderlo tutto quanto nello conclusioni. Si direbbe un socialismo nato da un cervello di femmina: nell'analisi va diritto ed a fondo; è quando tende alla sintesi, che gli casca ..... se stesso. Nella sua requisitoria contro il paradosso herveista; Jaurés ha messo al muro magnificamente il suo avversario. " Che fareste voi - ha egli chiesto ad Hervé - se, a un momento dato, nell'imminenza del conflitto, la Francia chiedesse l'arbitrato e la Germania, per converso, vi ai ricusasse? ,, " Voi avete difesa - proseguì Jaurés - la rivoluzione. Ebbene, in caso di guerra, solo la resistenza della Francia può aiutare la rivoluzione tedesca contro l'Impero: una Francia, che si lasciasse prendere, tradirebbe il socialismo tedesco.,, " La mozione del– ]! l'onne - incalzò l'oratore, ma da quale pulpito! - ò piena di ambiguità ..... Voi siete in ritardo 1 Hervé; voi siete, di fronte alla patria, nella condizione di spirito in cui versavano, di fronte alle ma<'chine, un secolo fa, gli opérai che le Cd.cevano in pezzi. Non deve il proletariato fare in pezzi la patria, deve in– vece socializzarla 11 • Per intanto, l'ordine del giorno ch'egli g-uidò alla vittoria, fece in pezzi semplicemente il senso co– mune. . .. La questione dei ra.ppo,·U f1·a Pcittito sociciUslae Sindacali operai - capitalissima anch'essa, e che è all'ordine del giorno di tutte le nazioni, non esclusa l'{talia - non trovò conforto di maggiore chiarezza nella sua soluzione. Qui anzi l'oscurità comincia dai due ordini del giorno - due soltanto - che si trova– vano di fronte: quello del Cher e quello della ])or• dogna, i quali, per chi li legga sern1>licemcnte, sem– brano fra di loro tanto simili, da non intendersi come fra i rispettivi fautori potesse scatenarsi tanto impeto di guerra. Le premesse sono così piene di analogie, da sembrare inevitabile lo sbocco a con– clusioni similari: e, in realtà, nello conclusioni non v'è che una piccola frase che le differenzi. Ma, dietro quella piccola frase, vi è tutto il movimento sinda– calista da un lato, con a capo quel rumoroso Hrif– fuelhes - il pemla11t di Hervé nel campo operaio - che è qualche cosa come l'Enrico Leone (Scarano a parte) del socialismo francese; è lui infatti che, nella " unificata ,, Jfumanité, tratta ogni giorno di reazio– uari e di politicanti i socialisti J>iù benemeriti, da Ouesde a Jaurés, a Fournière (non parliamo di Briand 1 Vi"iani e .Millerand, che sono già alle Gcmonie!); e, da11,altro lato vi sono, o vi dovrebbero essere, per l'appunto i socialisti parlamentari, quelli della famosa un-Ué, che vorrebbero unirsi (e non hanno torto, pove– retti I) col movimento proletario, che la Co11fédération dii 'fntv<tit tenta invece di monopolizzare. Diciamo più esatto: vi dovrebbero essere, ma non vi sono: perchè di essi una parte, e fra questi sempre lo Jaurés, si allt"arono alla mozione, diremo così, più intransi– gente (ahimè! come le parole servono male ad espri– mere le cose!), per quei medesimi motivi di oppor– tunità che spinsero noi - riformisti - a votare, al Congresso di Roma, la mozione integralista, dopo a"erae dimostrata la assurdità e l'inconsistenza so– stanzialo. I partiti sono ancora cosiffatti, o fatti così male, che spesse volte un equivoco, accettato con ras– segnazione, è la sola difesa possibile contro un equi– voco maggiore e più pernicioso. Diciamo subito, per essere giusti, ohe la questione, sul terreno pratico, in Francia, era, ed è tuttora, fra le più complicate e difficili. Non è da credere ohe la Confédération dri travail, colle sue sparate anti– politiche ed anarcheggianti, interpreti veramente il pensiero, non diremo del proletariato di Francia, di cui non contiene nelle proprie file che una minima parte, ma neppure dei 200 mila lavoratori (o siano pure 400 mila, come oggi qualcuno pretende) che si vanta di rappresentare. Avviene in Francia su per gi1'1 quello ohe avviene da per tutto; altra è la teoria dei rappresentanti, altro è il pensiero (quando esiste) cteUe masse rappresentate, altra è sopratutto la loro azione pratica effettiva. In generale, le masse orga• nizzate sono del tutto indifferenti alle formule teo– .riche, i ascritte sul vessillo federale: o perchè non le intendono, o perchè, intendendole, non si tengono punto vincolate a quel che esse mostrano di significare; i rappresentanti nei Comitati e nei Congressi sono spesso i compagni più rumorosi e più estremi, e sono eletti per questa loro estrernezza e rumorosità medesima, in qualunque senso si esplichi; cd anche per la loro illogicità ed incoerenza sul terreno <lel– l'azione. In pratica, quei medesimi agitatori, che drappellarono le formule più sgangherate nel senso del rivoluzionarismo, dell'antiparlamentarismo, del– l'anarchismo intransigente, quando un conflitto è alle viste o è scoppiato, sono costretti, da quel che loro rimano di coscienza o, più ancora, dall'interesse di conservare il loro posto, ad agire come dei ~ vili

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