Critica Sociale - XVII - n. 13-14 - 1-16 luglio 1907

CRITICA SOCIALE 201 ai loro profitti. Essi pei primi ricorsero alle adul– terazioni; i più tra coloro, che ora sbraitano per nuove leggi contro di queste, sono gli stessi che fino a ieri adoperarono i loro deputati per farsi con– donare le multe incorse violando le leggi esistenti contro le sofisticazioni, e spesso i Ministeri anticleri– cali dovettero le loro maggforanze sopratutto a voti promessi a queste condizioni. li protezionismo ad oltranza contro tutti i prodotti stranieri 1 che even– tualmente potrebbero essere scambiati contro l'esu– beranza del vino buono ... se ci fosse chi si cmasse di produrlo, e l'aumento della produzione vinicola in tutto il mondo, non fanno che dnre l'ultimo colpo nlPedificio artificioso ed egoistico di questi signori. Ed ora 1 che essi han voluto le cause, non vogliono subire gli effetti: ed ecco teatralmente i sindaci dare le dimissioni in massa, gettare a terra sdegno– samente le sciarpe, coprirsi la nuca col berretto frigio e gridare alla rivoluzione sociale! Ed ecco i reggimenti ammutinarsi, gli ufficiali dare le dimis– sioni per non andar contro la folla, e comizi mo– struosi chiedere al Governo di disfare oggi quello che, dietro loro richiesta, ha fatto ieri, e di essere più onnisciente e onnipotente e pronto nei rimedi che Dio! Così è questa grande nation ! Essa ha certo più che noi abbondanza di teste sode; ma chi oserebbe negare che la sua coscienza collettiva, la sua opi– nione pubblica, sia sempre od ordinariamente molto al disopra di quella dei musgicchi russi? Certo essa vi ha molta affinità e aspetta pur tutto dall'alto. Con tutte le sue lwnières, questo popolo, che va in giubilo alla parola révolution, sembra non avere la minima idea di questo fatto crudo e sodo: che ogni giorno di disordine accresce la rovina di cui a lui solo toccherà pagare le spese; rovina di milioni al giorno! Ma esso, viceversn, troverà mille epiteti, l'uno più feroce delPaltro, per colmare di ingiurie il disgraziato uomo di Stato che si trova ad aver a che fare con la sua fanciullesca ed incosciente pazzia. E al coro ecco aggiungersi i cento ambiziosi di po– tere i ecco Briand dimettersi per non compromet– tere il brillante avvenire che lo aspetta, comprato a prezzo di compromessi sapientissimamente ed ele– gantissimamente intessuti: ah! Repubblica, sedu– cente iddia, come sei bella vista da lungi! Ed ora, italici pappagalli, avanti alla nobile imi– tazione; avanti fino all'ultimo nel sapiente còmpito del fare e del disfare, avanti asRieme verso l'abisso e l'arbitrio, ieri di re, oggi di parlamenti, domani di folle ignare, folli A briache! Ciò vuole la logica della Rivoluzione! Questo, nè più nè meno, il senso <lei fatti del Sud di Francia. A. CRESPI. LAQUE5TIOHE DE6LI IMPIE6ATI INNANZI ALLA CAMERA Fummo profeti, uel penultimo numero della Cl'itica, .prevedendo che la questione degl'impiegati, nonostante la prima cattiva accoglienza del Governo, non era an– cora morta e sepolta. Essa infatti fu oggetto di viva discussione alla Ca– mera, e anche il Governo, rinsavito all'ultimo istante, ha promesso che farà qualchecosa. Però non saremo accusati di eccessivo pessimismo se confessiamo di temere che la riforma annunziata non incarnerà l'ideale delle riforme j come, d'altra parte, non passeremo per dei Càndidi o. dei Paogloss, se di– chiariamo di non vedere, contro uu radicale e vera– mente proficuo provvedimento qual è quello prospettato nella mozione Sacchi-'l'urati, tutti gli ostacoli e le dif– ficoltà cui accennarono alcuni deputati aUa Camera, che pur si dimostrarono 1 in ma~sima, favorevoli agli impiegati. Quali sono, infatti, queste difficoltà? Cominciamo da quelle paventate dall'on. Bertolini. L'on. Bertolini - lo riconosciamo volentieri - fece un pregevole discorso, pieno di giuste osserva,doni. Eg:li ebbe, per esempio, ragione di dire che una perequa– zione fra le condiziooi degli impiegati pubblici e quella degli impiegati privati non può essere fondata sopra una assoluta eguaglianza degli stipendi, perchè a questi gl'impiegati pubblici a.ggiuugouo altri vantaggi note– voli che gli altri non ànno. E ragione ebbe pure nel rilevare che, io questo come in altri campi, il gioe.o natnrale della domanda e del– l'offerta coopera a determinare il ginsto criterio a cui conviene attenersi. Però qui occorre subito fare qualche distinzione e qualche restrizione. Innanzi tutto, osserviamo che, anche atteHendoci strettamente alla ferrea legge economica, non è detto che essa non giustifichi oggi, specialmente per alcune categorie di funzionari, un aumeuto di rimunerazione. L'on. Bertolini parla. di proleta1·iato inlclleuuale, di feticismo degli impieghi governativi, ed è in questi fe– nomeni, i quali, tradotti in linguaggio economico, rap– presentano appunto una copiosa offerta, che egli vede il maggior ostacolo all'aumento degli stipendi. Eppure, in ogni concorso per pubblici impieghi, è oggi dimi– nuita di non poco l'affluenza che verificavasi vart anni or sono; ed essa è poi cessata del tutto, o quasi, da parte di molte regioni d'Italia, dal Lazio in su. Per alcune categorie di funziooarì, poi, uon 'si trova nem– meno nel gran serbatoio degli impiegati, nel Mezzo– giorno d'Italia, un numero di concorrenti sufficiente a ricoprire i posti vacanti. Citiamo, in prova, i recenti concorsi per ingegnere allievo nel corpo del Genio civile. Un primo concorso fu bandito per 40 posti nel lu• glio 1906 e dovette essere rimandato al novembre per mancanza di candidati. Se ne presentarono alla fine 42, provenienti (ai tenga conto anche di questo) 4 dallaScuola di applicazione di Torino, 4 da quella di Padova, 3 da 'Bologna, 10 da Roma, 15 da Napoli, 6 da Palermo, nessuno dal Politecuico di Milano. Dei 42, riuscirono idonei negli esami 25, e di questi i migliori o non accettarono il posto o si dimisero poco dopo, per passare al servizio di altre Amministrazioni. Un secondo concorso fu indetto per 35 posti nel gen– naio del corrente anno, e, nonostante ci fosse l'alletta– mento, per coloro che avessero fatto miglior prova, di due posti di perfezionamento all'estero a spese dello Stato, si presentarono 31 candidati, provenienti 10 da Napoli, 10 da Bologna, 6 da Roma, 3 da Torino, 2 da Padova. Di essi solo 12 riu:icirono viucitori del con– corso. Come dunque si vede, non aveva torto l'on. r:t'urat.i affermando che oggi gli impiegati cominciano a rifiu– tare il pane dello Stato, per andare in cerca anche di un po' di companatico. L'otferta - dato l'attuale risveglio economico - si va facendo inferiore alla domanda i e, ove non le sia inferiore assolutamente, lo è relativamente, per una buona parte d'Italia. Cosi, per addurre un altro esempio, in un recente concorso per 15 posti di aiut&.nte nel Genio civile, si

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