Critica Sociale - XVII - n. 13-14 - 1-16 luglio 1907

CRITICA SOCIALE 195 gli arresti del Ferrarese ha avuto da tutte le Ca• mere del lavoro d'Italia, dimostra che un più alto seuso delle responsabilità e uua più chiara visione delle conseguenze politiche di certi atti sono già penetrati .nelle masse open1ie 1 liberandole dalle impulsività generose ma pericolose di qualche anno alldietro. Con che non voglio dire che lo sciupero gene– rale sia sempre e dovunque un'arme perniciosa. Pur non prestando alcuna ferle a quello sciopero generale veramente catastrofico, che dovrà, in un giorno imprecisato, rovesciare tutte le resisten~e della borghesia eù instlttuare la dittatura proletaria 1 preludio dell 1 assetto socialista della produzione e degli scambi, sciopero che, ·secondo le novelle teo– riche del sindacalismo rivoluzionario 1 dovrebbe so– stituire utilmente i colpi di mano e le barricate dell'antica concezione tattica di Marx; è però certo che alcuni scioperi generl\li, in talune padicolari circostanze di tempo e di ambiente, possono con– ciliarsi con il processo democratico del cHvenire socialista. Lo sciopero generale degli operai russi per la conquista ,folle fondamentali libertà politiche 1 e lo sciopero generale degli operai belgi per abolire, d'accordo con le frazioni liberali e democratiche, il suffragio multiplo, sostegno del Governo clericale, sono altrettanti esempi di atti eccezionali, diretti all'acquisto delle forme normali del regime demo– cratico. l\fa, in tali esempi è evidente il carattere, per dir così, alieanzistico dello sciopero, il quale si svolge cou la collaborazione di frazioni borghesi e per iscopi non esclusivamente di classe. Proprio il preciso opposto dello sciopero generale del sinda– calismo rivoluzionario, il quale vuol porre periodi– cnmente in aperta rivolta la classe operaia contro tutte le classi borghesi. Ora il proletariato italiano, respingendo la pro– posta di uno sciopero generale, e 1 nello stesso tempo 1 sospingendo ad alleanze elettorali iu qua.si tutte le maggiori città d'Italia, mi pare abbia dimo– strato una perfetta consapevolezza <li ciò che non si deve fare, e di ciò che deve farsi. Esso ha in• tuìto il pericolo di separarsi bruscamente da tutte le frazioni democratiche <iella borghesia, se-spin– gendole un'altra volta nelle braccia clericali, e su– scitando un periodo di reazione che sarebbe danno• sissimo allo sviluppo clellè organizzazioni operaie; ed esso ha intuìto altresì che una maggiore libertà di organizzazione e di sciopero si conquista soltanto col creare una situazione politica 1 in cui il so• cialismo sia.parte attiva e necessaria nel gruppo di forze chiamate a reggere la nazione. Cer.tamente qnesta com pi essa concezione nega– ti va. e positiva, nella quale è tutto il nostro rifor– mismo, uon appare ancora nelle affermar.ioui verbali del socialismo italiauo. Il fatto precede la teoria, e non questa q 1 10llo. Ma è però indubitato che, se i I proletariato vorrà - come augurano nel loro organo ufficiale gli amici della ConfedeJ·azione del lavo1·0 (1) - prendere una posizione netta e recisa di fronte ai problemi tattici e di fronte alle sug– gestioni rivoluzionarie, esso dovrà superare anche le ultime esitazioni che .hanno generato quello stato d'animo 1 che si chiama l'integralismo. Il movimento sin(lacale è di natura sua riformista, C(l og-ni sforzo artificioso per trascinarlO su vie ri– voluzionarie è fatalmente tlestinato ad esaurirsi e a faillire. IVANON llONOMI. (1) La Cfmftilerazlone dt~ lavcu·o; Co11tro t'equJvoco (8 giugno 1907). La Critica Sociale e il Tempo: anno L. 22, semestre L. 12. H TURATI TACQUE!" Uniimportante e delicata questione a proposilo dioraridilavoro li giorno 2 del mese corrente, l'amico Claudio Treves telefonava da Roma al suo giornale il Tempo (che pub– blicava il 3 mattina) il fonogra1nma seguente: Una sorpresa. Ieri sera, alla fissazione delPordine del giorno, si stabiliva che fosse chiamato stamane per primo argomento alle ore 9 il• progetto ·di legge sul la– voro delle donne e dei fanciulli, che abolisce fra altro Part. 8 di quella legge, secondo cui nessuo lavoro da 6 a 8 ore può es~ere consentito se non sia iotenotto dal riposo di almeno un'ora. Assente era l'on. Crespi, relatore della legge, che a quell'ora si apprestava ad arrivare alla stazione di Ter– miui col direttissimo. Assenti pure erano i presentatori degli emendamenti, non avvertiti della sorpresa che rb;ervava l'ordine del giorno, i quali dovevano soste– ·nere il mantenimento in vigore delFart. 8 anche a costo ùi abolire i due turni. Al suo posto, pronto alla batta– glia, era, invece, Pou. rl\1rati, che non abbandona mai la Camera e che era tuttavia fresco della lunga batta– glia per l'organico postale e pronto ad affrontare quella dei telefoni. .. Ma la battaglia fu rinviata JI miuistro Cocco Ortu, in assenza del relatore, on. Crespi 1 e dei firmatari degli emendamenti, on. Dell'Acqua, Gus~oni ed altti, si levò ad osservare che, penetrato dal significato degli emen– damenti, pur non dividendoli, riconosceva che una larga discussione in merito era necessaria; che però l'attuale disegno di legge era meno atto a soppor– tarla, essendo un disegno di modificazione, non orga– nico, alla legge; che la sede più propizia e più pro– pria per rompere in guerra contro il sistema dei due ·turni sarà allorchè, in novembre, verri\ avanti alla Ca– mera la ratifica della Couveuzione di Berna, che, pre– :;icrivendo che il lavoro notturno cominci alle ore Z.2 invece che _alle ore 23, crea un jnteresse ed una ragione per applicare i due turni di 8 ore e mezza di lavoro; esortava pertanto la Camera a nou compromettere - precisamente in assenza del relatore on. Crespi - una discussione così complessa e vasta. e gravida di conseguenze. La Camera - erano 25 i deputati presenti - accolse la proposta del ministro. Tw·ali tacque; e tacquero - pow· cause - gli as– senti, e la leggiua pas!IÒsenza battaglia. Arrivederci dunque in novembre per di:.cutere la ra– tifica della convenzione di Berna! Questo fonogramma non pecca per scrupolo di ecces– siva esattezza. L'ordine del giorno della Camera non fu affatto modificato né la sera prima, nè le antivigilie, e la sola " sorpresa n fu nel fatto che colo1=0,cui stava a cuore discutere, non si trovai:isero, quella mattina, al loro posto. Meno ancora e esatto, ciò che un po' fan– tasticamente si pone in bocca al Ministro, che cioé l'in– teresse e la ragìone dei due turni di otto ore e mezza di lavoro nasceranno dalla ratifica della Convenzione di Berna. I due turni erano nella legge del 902 e un maggiore interes$e ad applicarli nacque precisamente il 20 giugno di que~t·anuo, per l'abolizione d,el lavoro notturno delle donne e dei fanciulli, che la stessa vec• chia legge del 90-2aveva prefisso a distanza di un quin– queunio. Unico effetto della Convenzione di Berna (se, ratificata, come I-lispera, entro l'anno prossimo, andrà in vigore alla fine del 1910) sarà di ridurre ciascuu turno da otto ore e mezza ad otto ore. Ma si capisce che chi arriva, per partire, alla ferrovia e si senle fischiato dal treuo, già fuori della tettoia, cerchi qualche fiche de consolation, accusando, sia pure senza ragione, l'orario Civelli o la Direzione generale. Noi vogliamo dire piuttosto perchè " abbiamo ta– ciuto ,,; anzi io debbo dire perché " tacqui ,ii in per– sona prima. 'l 1 uttavia. la questione - come si vedrà -

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