Critica Sociale - Anno XVII - n. 10 - 16 maggio 1907

156 CRITICASOCIAL!l parte, a mio credere, si trasfuse ne11a lezione 11dottata dalla maggioranza della Commissione 1 non parrà inutile sia fatta anche di quello, preliminarmente, un rapidis- simo esame. I. Il testo governativo. Questa legge si presentava essenzialmente - o doveva presentarsi-come un provvedimento, lungamente atteso, di tutela dei lavoratori, impiegati in una delle industrie agricole notoriamente più pingui, ma eziandio fra le più insalubri e le più devastatrici della forza di lavoro umano e segnatamente della forza di lavoro femminile ed infan– tile. Essa avrebbe dovuto recare il ramo d'ulivo nelle lotte sociali, che da più anni travagliano lo sfrutta– mento delle risaie italiane. Sgraziatamente, il disegno di legge presentato dal Go• verno rivelava subito un capitale difetto di origine. Esso peggiorava, sotto più riguardi, i disegni di legge che l'avevano preceduto; e, sopratutto, non teneva pres– sochè alcun conto di quello elaborato - a speciale cura di un valoroso giurista, proprietario di risaie egli stesso, il compianto senatore Carlo Cerruti ~ dal Consiglio su– periore del lavoro: l'organo che, almeno per la parte sociale, dovn~bbe essere reputato il più competente per la preparazione legislativa io queste materie; il solo, ad ogni modo, in cui la parte lavoratrice possa presumersi io qualche modo effettivamente rappresentata (1). Codesto difetto si manifestava tanto a) nella parte di tutela i[/ienica generale, quanto nelle altre parti che rifiet• tono; b) la p,·otezione dei lavoratoli per ragioni di età, di sesso, di salute; e) l'ora1·io massimo del lavoro; d) la forma ed il contenuto del conl?·allo di lavoro; e infine: e) gli 01'{/ani e la p,·ocedura per risolvere i conflitti fra ca,. pitale e mano d'opera; - che sono i cinque punti capL tali del disegno di legge. a) Per la parte sanitaria, infatti, questo disegno di legge - a differenza dal precedente, presentato alla Ca– mera dall'on. Giolitti il 4 marzo 1905 (n, 144) - comin– ciava col deferire (articolo 2) ai vari Consigli provin– ciali la deliberazione di quelle norme di igiene gene– rale - distanze de11e risaie dagli abitati, deflusso delle acque, ecc. - che non s 1 intende perchè non dovrebbero formularsi uniformemente per tutte le provincie del Regno. E di ciò, lo stesso concetto del Governo essen– dosi adottato dalla maggioranza della Commissione, ra– gioneremo più avanti. Inoltre, con l'articolo 23 1 facendosi salve, in questa stessa materia, le condizioni di fatto non solo esistenti attualmente, ma anche quelle che venissero create, in dispregio della legge e dei regolamenti, fino alla futura pubblicazione della legge stessa, si incoraggiavano po– sitivamente i proprietari e conduttori di fondi a peg– giorare, nel frattempo, con sufficiente sicurezza di im– punità, le attuali condizioni dì igiene delle risaie. Coi combinati articoli 6 e 24 si rimandavano, indi– stintamente, nientemeno che a un termine massimo di G anni, le opere più necessarie per rendere meno insa– lubri le dimore dei risaiuoli, e perfino quella creazione dei ricoveri protetti da reticelle, ecc., pei lavoratori im• migrati e per i colpiti da infeziune malarica, per la quale il precedente progetto Giolitti del 1905 stimava più che sufficiente (articoli 7 e 10) il termine di un anno. (I) Il testo del disegno dl legge approvato dal Consiglio superiore del lavoro si legge tn appendice (pag, 17) degli .A.W (11 seulone or– dinarla, marzo 1901), e la relativa dlseuse1011enel volume stesso a pag. 56 e seguenti, Finalmente, ai regolamenti provinciali, pei provvedi– menti relativi alla coltivazione e al lavoro di risaia, si imponeva (articolo 2, commi 6° e 7°) di rispettare le condizioni e gli usi locali: il che significava impedire a disegno, con precetto legiSlativo, qualunque iniziativa locale di miglioramenti! b) Circa l'ammessione al lavo1'0, il disegno di legge, a dispetto del suo vasto titolo, non considerava - ed anche in questo lo segue il testo riformato - che la sola operazione agricola della mondatura (articolo 8); limitava poi il divieto di questa speciale fatica ai mi– nori di anni 13 e alle donne nell'ultimo mese di gra– vidanza e nelle t?·e settimane successi ve al parto. La legge sul lavoro delle donne e dei fanciu'.li. 19 giugno 1902, n. 242 (articolo 6) fissa come regola alle puerpere, anche pei lavori più normali o meno insalubri, li riposo di un mese; e la riduzione a tre settimane non consente se non eccezionalmente e sotto speciali garanzie. Si noti che la mondatura, per la posizione forzata a cui sforza le lavoratrici, è sopratutto controindicata pe,r le ge– stanti e le puerpere. Anche le disposizio.ni 1 che la legge generale già citata prescrive (articolo 2) a difesa dei fanciulli minori di anni 15 - certificato medico di sa• nità e di attitudine allo speciale lavoro cui siano desti• nati;_ certificato di vaccinazione; prova di aver soddi– i;ifatto all'obbligo della prima istru:1.ione - e le altre che il progetto Cerruti vi aggiungeva a difesa dalle malattie contagiose, per tutti i lavoratori, anche adulti, che devono vivere addensati nei ricoveri, venivano nel progetto del Governo completamente dimenticate. e) Ma più grave appariva il difetto della legge nei riguardi di quella, che è la questione capitale in questa materia: l'o1·a1·io del lavoro di mondatura (articolo 9). Anzitutto, non si imponeva alcun limite se non (com• ma 1°) pei minori di anni 15 e per le donne minorenni: il che, a tacer d'altro, data la inevitabile mescolanza dei sessi e delle età nelle squadre, avrebbe reso prati– camente impossibile ogni serio controllo. La possibilità del controllo veniva parimenti Ferita dalla concessa. facoltà (che rimane nel nuovo testo) di ti ricuperare,, nel limite di ore 10 e mezza quotidiane, il tempo di lavoro eventualmente perduto per intem– pt,rie (comma 4°); mentre analoga facoltà minaccia pa– rimenti, in pratica, anche la osservanza del concesso riposo, non di un giorno (si noti) ma - che è cosa ben diver!la e minore - di 24 01·e settimanali (comma 60), Senonchè tutto ciò è ancora llulla in paragone alla disposizione contenuta - dovrei dire na~costa - nel comma 5°. Mentre infatti e la relazione ministeriale e il 1° comm~ dell'articolo annunciavano formalmente:, come ora.rio massimo dei mondatori protetti (cioè mi– nori di anni 15 o donne minorenni) le ore nove di la– voro; il comma 5° - col viluppo di una forma cosi oscura, che la sua interpretazione a tutta prima formò oggetto di dubbt nella stessa Commissione, e che nes• suna frase della relazione illustrava esplicitamente - ristabiliva in realtà, pei lavoratori immigrati - che sono qualche volta la maggioranza - l'orario di 10 ore e mezza quotidiane! d) Circa il contratto di lavoro, il legislatore avev aperte innanzi a sè due vie. O abbandonarlo alla libera competizione delle parti; o regùlarlo con disposizioni che, tenendo conto delle condizioni particolarmente gra– vose ed insalubri del lavoro e della qualità della mano d'opera, consistente nella massima parte di donne e

RkJQdWJsaXNoZXIy