Critica Sociale - Anno XVI - n. 24 - 16 dicembre 1906

378 CRITICA SOCIALE gli avversari di domani j e an<'ora - che è peggio - J)uÒ implicarli in una responl'labi1ità di collaborazione, che è ìlleg1ttinrn e,t ingiulitf\.. Jnvero, la collal>ornzione pre.quppone la parità di rap– porti e la eguaglianza di contributo all'opera: non so se il ciuco ba~tonato creda. d'essure II collaboratore 1'I del– l'asinaio; ma so che nel paradiso terreno le lupe allnt– ta\·ano gli a!(nellini, nel terreno non paradisiaco se le mangiano. Ora, rechiamo noi, nella elaborazione delle leggi che ci riguardano, un'autorità che bilanci quella a noi contrurilL o una forza cho lo contrasti valida– mente? Ogni classe ha un suo programma massimo 1 che in pratica s'acconcia a veder ridotto al minimo; ma allorchò un suo rappresentante è sul J>untodi sanzionarlo in una norma di legge, chi lo autorizza a limitarne i vantaggi n questa o ~ quella categoria? chi l'nutorizza a rar li\ gerarchia del hisogni? Unico suo dovere sarebbe di est gere la attuazione di tutto il programma massimo, perchò a limitarlo entro lo costrizioni della rcalilà basta (e ce n'è d 1a,·anzo !) chi ha ta' responsabilità politica d'attuarlo. Ma mi sembra prOJ>rioinutile andar tracciando le vie che conducono alla luna, quando si hn. da c.amminare In terra; e ad ogni modo non ci si accosta all'opera legislativa con questi criteri. Vi ha di più; chi stabilisce una norma di legge ha In mente il modo d'eseguirla, come chi si prepara un arme presume d'adoperarla. Invece si dà il caso (e i proressori l'esperimentano ora) che noi forbiamo la lama, che deve essere maneggiata dal nostro avversario, e che ci colpirà pili racilmente, quanto uoi più ci adoprammo a renderla ben temprata. La collaborazione reca seco la corresponsahilità: può assumerla, a queste condizioni, una esigua associazione di classe? ba clessa il moclodi impegnarsi con un cor– relati\'O \'antaggio? o non si presta a rare da comodo paravento alla burocrazia, che irride desolata sogghi– gnando: 11 Me ne duole; ma l'avete \'Oluto ,•oi,,? Onde sori;e la sfiducia nella classe e il sospetto verso i suol uomini migliori. Volete un'ultima 1>rova? non c'ò ministro che, nel– l'assumere il potere, non telegrafi, con più o meno di grammatica, di volere la "collaborazione" de' suoi di• penrtenti; e non ce n'è uno che al ratto poi se ne giovi. Vero è che le coso vanno poi alla peggio per tutti, come se ci rosse la collaborazione famo11a! ]~:onco CARRAI!,\. Vncciamo tutte le nostre riserve - per usare la frase consacrata - sulle conclusioni {se pure son tali) del nostro carissimo colh1.boratore Enrico Car– rara. Diciamo, tra 1rnrentesi," se pure son tali ,, perchè ci sembra che in questo - come in altro articolo recente dello stesso scrittore, in queste colonne - aleggi una piccola aura di scetticismo, che soffierebbe piit viva e petulante se l'autore avesse pensato .... a postillare se stesso. :Ma la questione è interessantissima e noi - che in queste pagine intendiamo quindinnanzi occu1Hirci del problema de~li irnpif>gati più assiduamente che non abhiamo faLto ~in qui e sorto luce affatto di– versa da qu.ella colla quale comunemente lo si con· sirlera - desidel'iarno che essa rimanga aperta a tutte le obiezioni, come a tutte le conferme. Osserviamo soltanto che la conferma o la demoli - zione più decisiva le quasi-conclusioni del nostro amico dovranno f\verle dalla prova dei fatti: e questa è 1,.dà una ragione per 11011 esci ude re a p,·iori quella collaborazione lcgislath•a, fra direLtamente interes– sati da un lato e Governo e Parlamento dall'altro, che il Carrara propenderebbe o a scomunicare fin d'ora 1 o a limitarla, con una distinzione che temiamo shi poco pratica, alle " funzioni di valore sociale "' accennate in un nostro articolo ciel 1° dicembre. E, per parerci dccish'i, gli argomenti di Enrico Car– rara dovrebbero somigliar meno - sia pure soltanto alla superficie - ai vecchi argomenti con cui gli anarchici hanno sempre combatLUto 11azione parla– mentare del proletariato. Per noi tutto al mondo è questione di forza e di accortezza: l'accort2zza è poi un modo anch'esso di forza. Ciò uell!l. collaborazione come in ogni altra forma di rupporti sociali e politici. Entrare in collaborazione, avendo interessi in parte distinti 1 significa entrare in lotta; e non bisogna, si capisce, lasciarsi mettere iu un sacco. u Tutto è sano ai sani " - e chi è malato o de– bole farà bene n restare all 1Osped11leo a cercare una. cura climatica qualsiasi. Chi è soltanto inesperto può gettarsi nell'acqua - dove non sia troppa pro• fonda, o tenendosi allacciato a una fune - e impa• rorà a nuotare, meglio che se fosse rimasto st:duto sulla riva. La fune, pei rappresentanti le organizzazioni, sarà. l'organizzazione me,lesima. Se non si pensi che i delegati delle organizzazioni nelle Commissioni consultive sinno dei venali o degli inetti (e in tal caso è Jlorganizzazione colpevole di ::t\·erli scelti), forse manca loro il modo di salvare in ogni caso se stessi e i loro mandanti, sia soste– nendo il più contro chi vorrebbe concedere il meno, al di qua del ragionevole, e protestando a verbale, sia nei casi estremi 1 ritirandosi a tempo? F. da dubitare che anzi non si abusi di queste ri– sorse - a dispetto della ragione - per artificio de– magogico. .Ma fuori della collaborazione - in regime demo– cratico e rappresentativo - non v'è che la sterilità della Tebaide astensionista, Ja minaccia e la protesta. perpetua - insomma la " catastrofe " più o meno confessata o più o meno effettiva. Vi è, insomma 1 la letteratura. Signori 1 la parola è a chi la richiede per con– traddire! Nor. La t:rilica Sociale e il Ternpu, per l'Italia: anno L. 22, semestre L. 12 - per l 1 Estero: anno L. 4:0, 11emP..~tr,- L. 22. LAFINANZA INGLESE N L SECOLO XIX (C01tr1bu10 alladourtua iBI 1rt1cl1!0 reiolatore dellafinanza pubblica) PREMESSA. Si disputa. fra i cultori della scienza della finanza quale sia il principio regolatore dellt\ finanza pubblica. Per gli uni (i teorici della finanza pura) esso è quello doll1utilità relat-iva, per gli altri (i socialisti) è quello dell'egoismo cli classe. Per i primi il Governo eser– cita una benefica azione di tutela su tutte le classi della società, ripartendo oneri e vantaggi nel modo piì1 giusto possibile; per i secondi il Governo è solo il rigido rappresentante degli interessi della classe dominante e determina le entrate e le spese per modo che le ch1ssi dominate contribuiscano sino al– l1estremo limite della possibilità. al carico dtdle spese pubbliche, le quali per contro vanno esclusivamente de\'Olute alla soddisfazione dei bisogni della classe più potente. I susteuitori della dottrina dell'utilità relativa am– mettono però che il principio da essi ritenuto vero

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