Critica Sociale - Anno XVI - n. 18 - 16 settembre 1906

CRlTICA SOCIALE 275 ~rande abbraccio e si scambiano paro1e del più me• lenso affetto, come accade a coloro i quali, scampati cla un grave pericolo, si sentono lì per Jì fratelli senza che prima si conoscessero e smarriscono per un giorno il senso, che riprcndel'à domani, dello differenze profonde di condizione sociale. [I sinda– calismo svanisce come un'ombra: la pecorella, che lo aveva preso per un mostro, gli manda a distanza l'imprecazione che aveva digrumato in prudente si– lenzio e si sforza di fare la voce del leone. Tutto questo gregge belava, un tempo, contro i pochissimi che avevano avuto l'onestà cli chiarire la dissensio11e dottrinale e pratica fra socialisti e sin– dacalisti. Ora, confusamente siccome vuole la sua natura, riconosce che le i. tendenze ,, non erano in• venzione del diavolo, ma erano e sono saldamente piantate in terra nel bel mezzo della vita sociale; e che, quelle essendo per loro virtl1 propria, non si poteva durare nel ginoco infantile cli chiudere gli occhi per non vederle. Si sa., del resto, che le pecore hanno il vizio cli camminare a capo chino e che scorgono gli ostacoli soltanto quando ,•i battono il muso. ·.Ma i nuovi venuti 1 prima restii, diventano ecces– sivi. Vanno tant'oltre nell'inseguire i sindacalisti, prima tollerati benevolmente o addirittura amici, che passano i confini del lecito. Li accusano di avere calunniato l'organamento politico del partito socia– lista o di averlo voluto disfare. L'accusa è vera solo in parte. Ma molte censure dei sindacalisti sono giuste, giustissime; hanno solo il difetto che puzzan cli plagio. Noi, molto tempo prima e contro l'opinione di quei rivoluzionari che scalducciavano la. lor cri– salide per trasformarla in insetto sindacalista, ave– vamo avvertito le debolezze della parte nostra nella. sua compagine politica e, in confronto, avevamo esaltato le associazioni schiettamente operaie; ave• vamo spiegato che i Circoli politici <levono riferire a questo ogni atto della loro vita, e non chiudersi in accademie, non appartarsi, 1>crchè nelle Leghe di mestiere si svolge con moto lento o pur certo la civilth. socialista. Poi i sindacalisti finsero noi, pel' loro gusto e con poca lealtà, avvocati dei Circoletti proprio eia noi berteggiati, e rimasticarono la nostra lezione aggiungendovi di proprio strafalcioni ed esa• gerazioni. C'è adesso una spiccata tendenza a dire un gran bene dei Circoli socialisti, unicamente per far di– spetto ai sindacalisti che ne dicono male. Mitighiamo l'ardore di certi entusiasmi. . .. A persuaderci della manchevolezza ch'è nella co– stituzione politica del nostro partito, giova rifarci alle origini. Il partito socialista italiano, intendendo esattamente il proprio uilicio, aveva cominciato me– scolandosi con le associazioni operaie di mestiere; ma, poichè la sua vita d'allora, difficile e avventu– rosa, era fatta bersaglio ai colpi della reazione, gli couvenno, per non tra.volgere seco le associazioni operaie, separarsi da queste e dare a sè un'altra regola. Nel ,iennaio 1895, una piccola riunione se• greta deliberava che l'" adesione personale n fosse cemento al nuovo partito socialista. La nuova co– stituzione, assai più agile, era fatta por meglio re· sistero ai Governi di reazione; e foce buona prova nella lunga lotta per la conquista della Jibertà. Non si proponeva, anzi, altro fine, so non quello, conse– guito dopo pH1 di cinqu'anni, di formare nella na– zione o di assicurare le condizioni cli vita e di pro– sperità per le classi lavoratrici. Conquistate le libertà statutarie, offerto quindi il mezzo agli operai di vivere di vita propria, il partito socialista aveva, si può dire, s,·olto la maggiore e miglior parte ciel suo programma. Gli rimase poco da fare. Oramai è ri- dotto a un semplice ufficio elettorale; e in ciò sol– tanto è utile; del rimanente, la sua vita è inutile o dannosa; inutile 1 quando si perde nei molti e svariati ordini del giorno di saluto e di plauso; dan– nosa, quando si abbandona alla libidine delle beghe personnli (ogni Circolo ne è ricco) o alle declama– zioni sindacaliste. Porchò i Circoletti socialisti languono d'inedia, non voglio concludere che siano da buttar via. Qual– cosina di utile fanno pur sempre, e piìt farebbero se non fossero cresciuti in superbia. Le belle bat– taglie sostenute per la conquista della libertà. lì hanno inebbriati, fino al punto di voler dire e fare ila soli, fuor d'ogni consiglio 1 senza nemmeno chie– dersi quanto la loro azione sia gradita al proleta– L'iato e rispondente all'opportunità politica. Al verbo potere hanno sostituito il volere, uscendo perciò dal positivismo per addestrarsi nella metafisica. Il piì1 bell'esempio di tale aberrazione ci viene dato dai rivoluzionari e dai Rinclacalisti, i quali, occupati i Circolctti, sentenziavano sempre con la formula sa• cramentale: - li proletariato devo volere-; eri• conoscono adesso, con atto testamentario reso pub– blico clall'.Aranguardia Socialista, che l'orba ,,;oglio non era nRta nel loro campicello e che, anzi, la co– stituzione economica del popolo italinno 1 così varia e così arretrata per la massima parto, non ò fatta per le licenze sinclacalist.e. Dura mortificazione di unn sciocca superbia! Ma, anche a non tenor conto del sindacalismo, i Circolctti, qualunque sia la loro " tendenza ,,, si muovono e fanno in quella direzione ch 1 era stata segnata nel 1895 e, per aver motivo di chiacchierare e declamare, strepitano che la libertà non c'è, che In tirannide sovrasta, e menano botte all'aria don– chisciottescamente contro un nemico immaginario per 111conquista di quel bono che già possediamo; e stoltamente rimpiangono (ci può essere piìl zotica ingiuria al senso comune?) i tempi nei quali la rea– zione rombava. Hanno esaurito il contenuto del loro programma e brancicano noi vuoto. Per darsi aspetto guerriero, esagerano il pericolo e, poichò il nemico non viene, rizzano un fantoccio per avere il gusto cli scaraventargli addosso la prosa gonfia dei troppi ordini del giorno. 'rartnrin prese un somaro per un leone! f Circoli socialisti, per uscire dal vaniloquio, de– vono rifarsi un programma di vita. Badino alla realtà. e non inseguano fantasmi; si occupino con più amore delle questioni 01>eraie. Le riforme: non vedo altro contenuto possibile per l'organismo poli– tico del socialismo. L'odiato riformismo è la sola. salvezza. l~ eia avvertire, perchè ciascuno {\hhia q11cl che gli spetta, ohe i Circoli più bacati sono quelli delle città; che, per contrario, in molte borgate, Circolo socialista e Lega di resistenza sono quasi tutt'una cosa, onde vi si ammira quella "comunione di pen– siero e d'azione del movimento operaio e del movi– mento socialista ,, che il manifesto dei socialisti reggiani augura a tutto il mondo. . • * l sa.vi improv\·isati non soltanto esagerano in al– cune cen sure al sindacalismo, sibbeno esagerano anche nei modi. A vederli, si direbbe che non ab– biano fatto altra professione che quella cli dar la caccia ai sindacalisti, tanto si affnnnano. M con che aria di pndronanza si apprestano a spartirsi il bot• tino sindacalista! Anche qui conviene essere giusti. Riformismo e sindacalismo ebbero sorte assai diversa nella gara delle " tendenze,,. Il riformismo, inteso da pochis• simi, mosse incerto sulla via maestra che doveva battere o presto si smarrì nei viottoli. Recava in sè

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