Critica Sociale - Anno XVI - n. 18 - 16 settembre 1906

276 CRITICA SOCIALE una grande cagione di debolezza, perchè i molti, che lo seguirono dapprincipio, non avevano chiara co– scienza di ciò che dovei;sero fare e, con la testa tuttavia frastornata dal rumore delle tumultuose battaglie per la libertà, camminavano come traso– gnati. A ciò si aggiunga l'opposizione violenta fat– tagli senza tregua dai rivoluzionari e l'ipocrisia astuta di alcuno di essi che, mentre diceva di voler vedere alla prova la teoria riformista, faceva di tutto perchè la prova non si effettuasse, per poter poi presentare al pubblico, con lealtà volpina, la man– cata opera riformista per il fallimento del riformismo. Naturalmente, nel nostro povero paese di analfabeti e di stregoni, il calcolo riusciva. :Ma che il falli– mento riformista fosse una fiaba di cattivi è dimo– strato dal fatto che il rifonnismo rinasce oggi o si nasconde sotto le spoglie dell'integralismo ed è ac– cettato a denti stretti pur da chi lo ave\'a schernito e ora ahhandona i sindacalisti dopo averli lisciati. Per il sindacalismo, è tutt'altra cosa. Il sindaca– lismo fece la sua prova. Dominò il partito socialista e non si eRagera dicendo l'Italia; spiegò il suo mezzo pili potente, che fu lo sciopero generale; ebbe, come un antico imperatore, anche gli schiavi al suo se– guito, e infatti legò Enrico ]!"'erri al suo carro di trionfo. Quasi soltanto a Milano gli fu contrastnto il passo con risolutezza fino dal primo giorno. Finì, non dunque per merito dei novissimi cen– sori, ma per i demeriti suoi. Si esaurì nello sforzo della conquista. 11suo metodo fu dimostrato erroneo. Si capisce che, non avenclo saputo i riformisti, per le loro grandi debolezze, opporre la dottrina socia– lista alla sindacalista e non avendo nè essi nè altri il vanto della vittoria, giacchè il sindacalismo deve la sua agonia alla fallacia delle proprie teorie, non sia chiamato il riformismo, nella sua forma pura, a succedere alla direzione del partito socialista. Dove non fu virtù di combattimento, non è potenza d'im– pero. La successione spetta logicamente e per poco a un Consiglio d'amministrazione o di tutela, che non abbia propositi nè idee: durante le crisi par– lamentari, provvede appunto un Ministero d 1 affari. L'integralismo è quel che ci vuole: è tanto scipito che, come una pappa, non fa nè ben nò male ed è tollerato da tutti gli stomachi. Ma non s'illuda di avere vinto esso il sindacalismo e di valere qualcosa. È O,!?gi,proprio perchè non vale niente. Nei momenti difficili, tutt'i partiti si accor– dano ad accettare per Sindaco quello del quale ciascuno possa fare quest'elogio: - E un buon uomo! - Venga dunque l'integralismo. GARZIA ÙASSOJ,,\. lL DISSIDIO FONDAMEN'l'ALB Mi pare che nella questione delle tendenze non si sia còlto il punto fondamentale del dissidio. Ferri dice ai sindacalisti : " Ah ! voi non volete la lotta elettorale? E allora siete fuori del partito socialista. n I sindaca– listi alla loro volta replicano che essi intendono servirsi della scheda - tanto vero che alcuni di essi sono stati candidati alla medaglietta! - e quindi affermano il loro pieno diritto di coabitazione nella casa dei socialisti. Se tutta la questione stesse in un po' d'azione diretta e d'azione elettorale, miste in dosi diverse, secondo che si tratta di riformismo, d'integralismo o di sindaoali!Hno, surebbe ben difficile separare gli uni dagli altri i vari elementi che costituiscono oggi la massa del partito. Invece il dissidio è pili profondo e va ben chiarito J)ercilè al prossimo Congl'esso non nascano equivoci. Due concezioni del divenire sociale stanno l'una di fronte all'altra. La prima afferma che il proletariato si renderà, a poco per volta, capace di assumere la ge– stione della ricchezza sociale, e solo quando avrà.acqui• stato questa capacità sarà attuato il colletti\,ismo. Tale capacità non c\ipende dalla sola volontà, nè dal solo intelletto, nè dai soli sentimenti di fratellanza che si siano sviluppati nei cuori, ma dipende da tutte queste cause insieme, che toccano l'intima costituzione della psiche proletaria. Non sarà mai possibile attingere con un colpo di mano a. questi\ suprema capacità di dire– ;done. La lotta di classe non si fa stando appartati dalle altre classi e aspettando l'ora della rivoluzione, ma si fa apprestando ogni giorno nnorn forze e nno,•e armi per l'ascensione graduale del proletariato. L'altra concezione afferma che si deve sempre più intensificare il dissiilio tra la classe capitalista e la classe lavoratrice, flnchò il dissidio, reso insanabile dentro l'assetto sociale della proprietà privata, rompa l'involucro della società attuale per dar luogo alla forma collettivistica. '.l'uUo ciò 1 dunque, che serve ad attenuare il di~sidio fra le due classi, è di danno alla causa dei lavoratori, nei quali lo spirito rivoluzionario si mantiene o si ravviva appunto mantenendo e ravvi– vando il dissidio. Troppo lungo sarebbe discutere su queste due eonce– :t.ioni opposte del divenire sociale, e già è stato scritto al.Jbastanza perchè ognuno si sia formato il proprio couvincimento. Io ,·oleyo solamente richiamare l'atten– zione dei compagui sul punto che deve formare il cri– terio per stabilire la via da seguire. Ogni discussione sul Sindacato, sulla lotta elettorale, sull'azione parla– mentare deve andare in seconda linea. È certo che chi accetta la prima concezione del divenire sociale non può lottare accanto a quelli che accettano la seconda. Se sono socialisti gli uni, tali non possono dirsi gli altri, anche se questi si rassegnano all'azione parlamentare, perchè le due concezioni oppo.steconducono a due azioni contrarie in ogni contingenza della vita proletaria., sia negli scioperi, sia uelle aromioistrazioni comunali e pro– vinciali, sia nel Parlamento, sia nelle Camere del La– voro e nelle Leghe. Se i ferriaui e gl'iutegralisti concederanno la sana– toria ai sindacalisti rivoluzionari per un po' di azione parlamentare, la stasi del partito socialista italiano du– rerà ancora per un pezzo. OUll)0 Ct:CCAR0NI, LA RIVOLUZIONE RUSSA ln principio fu la. Russia, l'Impero (l(>I mistero e del silenzio, abitato da centotreutamilioui di schiavi cli un solo padrone, imperatore e pontefice, dio in terra, Tzar. Oggi è la Russia della Rivoluzione. li buon sole di settembre, propizio alle mietiture umane, illumina la vasta strage e, dal mar Baltico al mar Nero, dagli Urali ai Ct1,rpazi 1 stende l'ironica sua luce serena sulla Russia insang·uinata, convulsa, tragica, sussultante ogni giorno allo scoppio de1Je bombe e alle urla dei carnefici e delle vittime. L'antico fmpero degli 'l.'zar crolla travolgendo nella. rovina i filistei dell'autocrazia. Cessata, con lo scioglimento della Ouma 1 ogni parvenza, sia pure vA.na, d'accordo fra l'autocrate e il popolo, la Rivoluzione è cominciata fatalmente e inesorabilmente, con molta gioia dei profeti rossi e neri, ai quali non par vero di poter leggere nel fu. turo il risultato della lotta, secondo i loro desideri. Ed è comineiata anche per la gioia di taluni gior• nalisti, che, ad ogni costo, ,·ogliono parng·onarla alla

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