Critica Sociale - Anno XVI - n. 9 - 1 maggio 1906

136 CRITICA SOCIALE SOCIAùISIVIO GWmorco 7. Le critiche degli Economisti: Il diritto all'esi– stenza - Il diritto al prodotto integrale del lavoro. Jilolti economisti, i quali per Io spirito della loro di– sciplina sono avvezzi a considerare i ratti, come si sono effettuati e come si effettuano, con quel vivo senso del reale o da quel punto di vista affatto meccanico, che son propri della loro scienza, sono portati a negare ogni importanza al socialismo, sia come dottrìun, sia come fenomeno sociale, sentenziando che esso è completamente inefficace a spostare l'equilibrio sociale, e che esso non ò consentaneo alle leggi statiche e dinamiche di una società. Oli economisti però non tengono conto di duo cose: 1) che queste leggi statiche e dinamiche della società non sono eterne ma relative ad un dato ambiente sto– rico-sociale, e che, quando entrano in campo nuove forze e si presentano nuovi fenomeni, queste forzo e questi fenomeni nuovi rappresentano, rispetto alle vec– chie leggi, l'elemento perturbativo, ed allora. la dina– mica delle classi sociali viene ad essere spostata - 2) che nella considerazione dei fenomeni sociali occorre tener conto non solo delle rigide formule economiche ma anche dei fattori ideali e morali, delle finalità so– ciali, le quali 1 se non corrisponclono spesso a dati reali, esercitano sul corso dei fenomeni azione efficacissima. Il Oraziani, ad es., come gli altri economisti della scuola individualista, si sforza di mostrare che il socia• lismo è incompatibile colle leggi della vita; ma non aHerte che i postulati supremi della dottrina socialista non vanno intesi come principì assoluti, ma semplice• mente come let1de11ze, dopo tutta quella elaborazione critica, che si è avuta nel seno stesso del socialismo, è apparso prevalente un criterio relativista nel conside– rare i vari canoni della dottrina: così è avvenuto ri· spetto alla concezione materialista della storia, non meno che a quella della lotta <li classe, della socializzazione dei mezzi di produzione, del valore e del salario. Di modo che spesso accade, come al Oraziani, che i cri– tici del socialismo si soffermino a censurare aspramente concezioni e teorie in una forma, che già il socialismo ha oltl'epassato. E il G1·aziani pretende dimostrare, che la tendenza al collettivismo non è dimostrata _dai fatti, perchè non è vera nè la concentraiione delle grandi imprese, nè quella delle grandi proprietà. Ed è ben vero, ehe la concentra– zione delle grnndi proprietà e del!e grandi industrie, che i Marxisti prevedevano auspicando una più agevole espropriazione generale, ò un fenomeno parziale, che non si esplica e non può esplicarsi sempre e dapper– tutto, come il Bernstein ha mostrato con copiosi dati statistici. Però da ciò a negare che la tendenza collet– tivista, di per sè antichissima, abbia in questi ultimi tempi avuta un 1 espansione grandissima presso i popoli pili civili, e si riveli in tutte le molteplici organizza– zioni ed aziende di speciale competenza dello Stato, del Comune e di tutti gli Enti collettivi, e che la naziona– lizzazione e la municipalizzazione di una parte conside• revole della proprietà. e di molti servizi pubblici vada sempre più atfermandosi, ci corre moltissimo. Così pure, non come canoni assoluti ma come tendenze, cli cui si richiede il riconoscimento parziale entro deter• minati conflui, sono appunto i principi giuridici pro– clamati dal socialismo: it di1'illoall'esistenza, il di1'itto al lavo,·o, U cli1·itto al p,·odotlo integrale clel lavo1·0. fn questi principi la critica ortodossa ha ravvisato una. certa contraddizione, e a tal proposito il Vanni osser– vava con un certo sarcasmo che la nuova Dichiarazione dei diritti dell'uomo, bandita dal socialismo, non era scritta in un testo uniforme, e nemmeno in termini chiari, precisi e sicuri. Vi è notevole diver1?enza 1 a suo avviso, quanclo si afferma il diritto all'esistenza, assicu– rando in modo illimitato la soddisfazione déi bisogni di ciascuno, senza preoccuparsi degli effetti disastrosi, che la fiducia assicurata <lei domani può produrre per l'ec– cesso di popolazione, o quando si vuol proclamare in– vece il diritto al prodotto integrale del lavoro, discono– scendo la funzione economica di altri fattori, facendo astrazione dal concorso degli elementi sociali nel 1,woro indh·iduale. L'uno e l'altro principio, secondo lo stesso autore, sono cli incerta deteL·minazione, e, quel Che è pii,, possono far ricadere in applicazioni, che non siano con– sentanee agli stessi dettami cli giustizia 'sociale, vagheg• giati dal socialismo. Ma non è così, se si prendano in considerazione quei principt con un certo relativismo 1 quanclo si determinino pili procisamente i confini delle loro applicazioni, quando si armonizzino entrambi convenientemente. JI RElnard ha ben compreso che le due formule dove• vano essere armonizzate, e che quella " a ciascuno se. condo il suo lavoro,, doveva. essere corretta e completata dall'altra " a ciascuno secondo i suoi bisogni w Ed egli ben osservò (op. cit. p. 32) che non bisogna intendere questa formula nel senso di una soddisfazione generale ùei bisogni, od anzi di desideri illimitati, poichè a tal fine occorrerebbe una fonte inesauribile di ricchezza, una volta clrn i desiderì dell'uomo sono immensi e vanno sempre crescend0. E le difficoltà sarebbero accresciute nella distribuzione degli oggetti desiderati e pel fatto stesso che i bisogni dell'indi\•iduo sono troppo incteter– minatì, soggettivi e cangianti, pcrchè si possa ad essi connettere la più importante di tutte le conseguenze giuridiche, la ripa.dizione dei beni. Una interpretazione in quel senso sarebbe una violazione della giustizia stessa. Ma la parola " bisogni ,, deve intender.si in un senso molto piì1 ristretto, nel senso cioè che ad ogni :avora– tore sia assicurata la vita, che i suoi bisogni essenziali debbano essere soddisfatti, che un minimnm di benes– sere (alloggio, nutrimento, vestiario) è dovuto anello a chi colla sua attività riesce a. risultati di scarso va– lore. D'altra parte non si può diro che questo diritto al– l'esistenza sia disconosciuto del tutto dalla società pre– sente: in parte speciali istituti di ùeneflcenza, in parte efficaci provvedimenti economici e legislatl\·i, e massi– mamente poi i molteplici istituti di previdenza ed assi• curazione per gli operai, vengono in tanti modi in soc– corso degli operai disoccupati, o di coloro che per in– fortunio o per imperfezioni fisiche non possono vivere col lavoro. ]~clin favore di questi ultimi specialmente interviene la formula. u a ciascunosecondoi suoi bisogni ,,, poichè la societi~ ò obbligata ad a."!sicurare l'esistenza di coloro, che o non possono ancora, o non possono più, o non potranno mai lavorare. A coloro cbe non possono ancora lavorare lo Stato si rivolge dando più efflcaei disposizioni pel la,•oro d<èlifanciulli, iu favore dell'in– fanzia abbandonata, con speciali asili e riforma.tori, e integra questo disposizioni colle istituzioni scolastiche, assicurando ai fatt1!iulli del proletariato i mezzi per po– ter compiere la proprio. educazioue (istrnzione obbliga-

RkJQdWJsaXNoZXIy