Critica Sociale - Anno XV - n. 12 - 16 giugno 1905

178 CHITICA SOCJALm una lotta continua contro gli altri gruppi e le altre classi. Perciò) al disopra delle varie organizzazioni della classe proprietaria, ci dovrà pur essere un or– gano direttivo che, consapevole degli interessi pros– simi e remoti, diriga la loro battaglia contro la classe proletaria, la quale, a sua volta, avrà bisogno cli un orgnno che coordini i suoi Sindacati e abbia chiara, sopra i vari interessi di mestiere, la visione com– prensiva degli interessi di classe. Questi organi po– tranno chiamarsi con tutti i nomi più nuovi e più strani, ma non potranno essere diversi dai nostri attuali partiti. Che se non si vuole ammettere che le singolo orga– nizzazioni abbiano un organo coordinat,ore ed equili– bratore, allon, hisogna per forza. arrivare a quel sin– dacalismo amorfo e indi\·ic\ualista, che Paolo Orano disegnava in un articolo dell'At·codi.' Quel sindaca– lismo da neofita, che vuol giungere alle conseguenze pili pazzo per sbalordire il pubblico che bcye grosso, può bene far senza d'ogni centro inibitore e coordi– natore, ma la sua lotta di grnppi non è pili la lotta di classe proletaria nel vecchio significato marxista, ma è l'irrompere egoistico e diso1·dinato di tutte le brame e di tutti gli nppetiti 1 è il più selvaggio i11- clividualismo trasportato dagli individui alle varie categorie operaie. J; non solo è necessario l'organo coordinatore dei vari gruppi e dei vari interessi) ma, ·nella presente fase socic1lc 1 non sappiamo pensarlo in maniera di– versa dai nosfri parriti. Un organo dircLth·o non si compone mettendo insieme meccanicamente una, rrtJ)– prese11tanza proporzionalo dei vari gruppi e dei vari interessi, così come si può mettere insieme u11 Se– greta1·iato della resistenza) organo centrale dei Sin– dacati operai. Una funzione specifica non può essere esercitata se uon da elementi speciali, così come le funzioni pili alte dell'organismo umano sono com– piute eia cellule apposite, le cellule nervose. Ora, quali elementi possono nssumcrsi l'incarico di diri– g-erc e di interpretare i bisogni di un complesso di gmppi o di interessi, se non quelli cbe hanno la capacità di intendere questi bisogni e di saperli ar• monizzarc e dirigere ad una mèta hen certa? J~ questi elementi sono appunto quelli che costituiscono i partili. Certo, il partito socialista non v11ole1 come il radi– cale1 contrastare lo sviluppo e le manifestazioni dei gruppi e costringere questi a mautenersi perfetta– mente neutrali, riserYando ogni funziono politica al partito. Al contrario, esso n1olc che il Sindacato faccht la politica proletaria, allarghi la sua vista oltre i confini dei suoi interessi particolari, si abitui ;t subordinare quelli che possono essere i suoi egoismi all'utile di ùlttssc. Ma non può pensare di lasciarsi assorhirc dai Sindacati) di trasmettere ad essi la di– reziono e la coordinazione del movimento 1 di scom– parire per fa1r posto alla Federazione puramente meccirnica ed amorfa dei vari interessi di mestiere. Se oggi, nello stato d'immaturità dei nostri Sin– dacati, il sindacalismo riuscisse ad arnr ragione del partito socialista, la direzione del movimento non passerebbe nello mani dei Yal'igruppi organizzati - il che sarebbe ancont il meno male - ma nelle mani di coloro che con un poco di atti rità e di facondia mitingaia hanno saputo conquistarsi la fiducia cieca delle masse. R avremo ancora uno stato maggioro di borghesi alla testa del movimento proletal'io, con questo di pegg'io) che il nuovo centro diretthro sa• rebbe intellettualmente molto inferiore a quello d'oggi. . .. Anche il Congresso delle Ge1terl,schaflen, tenutosi poche settimane fa. a Colonia, ha discussa una qne• stione di molta irnporta□za per la dottrina, sinda– calista. 11 Congresso era chiamato a pronunciarsi intorno allo sciopero generale, e il suo giudizio fu di aperta condanna. Anzi, più del giudizio, fu severo il rela– tore BOmelburg, un muratore deputato, il quale, non solo ebbe a qualificare di tentativo anarchico ogni sciopero generale, ma ne sostenne la perfetta inuti– lità e il grande pericolo. Oni, di fronte a questo giudizio, di cui nessuno può disconoscere Pimporta11zai venendo da una delle più forti l◄'cdorazioni silldacali del mondo, è da. ve– dere se esso può essere applicato a tutti i paesi di "J~uropa 1 oppure se non risente troppo di qut',ll'ecces– sivo legalitarismo che è una delle più strane carat– teristiche ciel sedicente rivoluzionarismo socialista clelhLGermania. Lasciamo in disparte quegli scio1Jeri geuerali per scopi economici, di cui la Svagna ci dà esempio così frequente e così ridicolmente innocuo, e fermiamoci, come ha fatto il Congresso di Colonia, agli scioperi politici. Dai quali scioperi politici dobbiamo segre– gare subito quegli scioperi-dimostrazione - esempio quello dello scorso settembre in Italia - che. non si propongono se non di esprimere una protesta, o di mettere in rilievo un'aspirazione collettiva. Simili in tutto allo sciopero-festa del primo maggio, essi, dopo uno o due giorni> hanno già raggiunto il loro scopo, che è sopra.tutto di pressione e di intimidazione mo– rale. Il vero sciopero politico, invece, si propone ben altro. l~sso intende sostituire o iniziare 1 secondo i casi, quelle insurrezioni politiche che, prima del sorgere delle grandi organizzazioni operaie, non erano pensabili se non con l'uso delle barricate. 1'ale fu, nd esempio, lo sciopero generale tentato nel Belgio collo scopo immediato di ottenere il suffragio unh'ersale, ma con la possibilità di essere chiamato a sostituire una repubblica. democraUca ad una mo– narchia clericale; tolc fu anche, nel pensiero dei condottieri, lo sciopero generale del settembre scorso a .Milano, dove la speranza di rovesciare i! Governo e di instaurare la dittatura proletaria serpeggiò per quattro giorni nel cerYello dei più ossessionati. Ora, condannare senz'altro questo sciopero politico, come ha fotto il Congresso di Colonia, ci pare troppo assoluto e troppo dogmatico. Noi, in questo argo– mento, siamo perfettamente dell'avviso del Bernstein, che, criticando il voto dei Sindacati tedeschi, scri– veva: " Nella vita dei popoli vi sono dei momenti in cui ragioni generali e superiori obbligano a discu• tere l'impiego di mezzi 1 che non si penserebbe di adoperare nelle ore della vita normale. " Dunque lo sciopero generale politico come mezzo rivoluzional'io por una trasformazione profonda, può in momenti eccezionali e Yeramente rìvoluzionari 1 essere invocato e adoprato. Si tratta però cli precisare questi momenti eccezionali, e il modo con cui lo strumento eccezionale deve venir maneggiato. Niun dubbio che non si può parlare ogg-i, in Eu– ropa, di una ri,·olu:zione socialista. Jl proletariato non è dovunque maturn a goYernare sè stesso e u procedere alla socializzazione della ricchezza j e a rivolu:zioni parziali, cli paesi, che per avventura fos– sero già prossimi a questo trapasso, non è, per ra– gioni troppo ovvie, eia parlare. Di più, una rivolu:zione socinlista non può compiersi di colpo e con uno scio pero generale. Basta, a questo proposito, leggere lo limpide argomentazioni di Jaurès per rimanere con– vinti. Rimane, dunque, una rivoluzione politica, cioè la sostituzione di classi e di partiti borghesi ad altre classi cd altri partiti borghesi. 'l'ale, a.cl esempio, sarebbe la esaltazione al potere dei liberali in BeJgio 1 degli elementi democratici in Germania, dei radicali in Italia, con o senza una mutazione nelle forme istituzionali del Governo.

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