Critica Sociale - Anno XV - n. 12 - 16 giugno 1905

CRl1èlCA SOCJALh: Forse gli avrebbe µ'iovato vivere in una granrlo ora cli fede. Invece la sua auimn ru rapita, sì, nel grando pnl1>ilo ,le' fratelli che in-,eguouo la realtà d'un idealo rellontorc, e a gli i..:ltimi confini della sua vallo vide, lonln110 1 con l'intuito delle grandi l!intesi, le storie umano ricomporsi in uuovi schemi, e uei consessi clamorosi dolio folle cittadine rivis,;e poi volta a volta questa fede; ma il poeta, ahi! troppo devo ripiegarsi in se stesso o nutrir1-li e consumarsi insieme della sua fiamma interiore, Jlerchò, astraendo dall'anima. sua iusodisratta, possa re– care ad altrui la parola della speranza. }~ poi, come dire ai rratelli: - Yoi sarete felici, quando non avrete pii, da lottare col bisogno se noi, che il biso~no non son• tiamo, siam pure tanto lontani dalla felicità? La con– quistata sicurezza del pane svolgerà. armonicamente tutte le potenze dell'uomo, è \'ere\ e il poeta non ne dubita; ma come può egli convincere di ciò coloro che aspettano nell'oblio di tutti e nell'oscurità d'llgni cosa, se egli, che potrebbe, non è riuscito a realizzare questo svolgi• mento armonico delle sue facoltil dentro se stesso e sento che In sua non è Jlienezr.n di vita? Una cosa sola egli dirà a' suoi fratelli. Se un giorno i,:·imhatta nel gi0\'ane che - come a lui avvenne - di– i,tc'io <iul terreno deliri JlRtria 1 ~i offra inerme alle suo in-.idio,.e malìe, ei lo ammonirà.: . malcauto, scuotiti, sorgi, sgomina l'insidia che già ti prende: fn.como il torrente della tua vnlle, che sccndendÒ rompe in fiotti e in l{orghi o iu canti il suo cammino; sbocci ad ogni tuo pnsso un senso nuovo, corri tutte le vie, cogli ogni voce, moltiplica il tuo dì! Fuori l Allo anno mietiture del mondo, alln raccolta delle buone giornate, a proHederti di memorie per quando n gli anni tuoi scenda la sera. Oh, badn! Assui più gra,'e del dolor di colui che ei ricorda dc' felici suoi dì nella miserin, è il dolor di chi guarda al euo p11ssato e non trova memorie! Alzati! Vedi quante terro per te, quanti puesi che tu puoi penctrnr del tuo deetino ! .ì\ln for"e anche questn non è conclusione buona per tutti, poichè l'unico vero male che affligge il poeta può consistere nell'esser:-.i abituato a pensar troppo della ,,ita e di se steflSOj e chi sn, invece, che, in fondo, il forte o il vittorioso non sia colui cho meno si cur11. cli e~serlo, e piì1 goda della vita chi meno ci pensa e In prende come \'iene! In tnl caso la conclusione amara sarebbe questa: che più senta sterile e \'uota l'esistenr.n chi piì1 se ne accora e la considera. come cosa seria. Cosl vuole for~e l'ironia del dc.:;tiuo. . .. 'J'nle è il contenuto so<1 tan:1.ialedel uuovo nobile sforzo di Oiovanni Bertacchi. 'l'alo il pon sicrn ch'egli esprimo e tale il grido profondo eho sfuggo dalla sua anima a traverso la bella e larga onda sonora de' suoi endeca– sillabi. Questo pensiero e questo grido io li raccolsi - dovo e come potei - con le suo stcs1rn parole. Giovnnui Bertacchi ò certo rnnima piì1 poetica fra quanti scrivono oggi pOO'Jia in Italia: se non altro 1 ba– sterebbero a dimostrarlo da sole queste .\falìe del passalo Ei<le, nella loro significazione doloro<ta, ma di un dolore virile e fecondo di ribellione ad una delle pili occulto e pericolose tirannie interiori a cui sog,:!'iaC'iono i t('m– pe rnmenti più affetti\•!, ha riconrlotto la lirica soggettiva ad alter.ze leopardiane, quando gli apostoli dell'utilita– ris m o in arte a\•evano eia tempo proclamato la lirica soggotti\'a ed individuale morta e sepolta da Leopardi ili poi. Del grande Recan atese il nostro Autore ha la semplieitiì. ingenua dei mer.zi con cui si raggiungono i grandi effetti ed ha l'assoluta si ncerità.; ond'egli ha scritto di sò (lo si sente leggendolo) per una necessità imperiosa del suo es'!ero interiore, che, impotente a contenere più oltrn il suo affanno, se lo sente sfuggire con rammarico, quasi schivo di mo-;trarsi alla rolla - che già ascoltò la voce serena e augurale di " U riche uma,i e,, - in atto di ri– piegarsi in se stcs,o o rli ristringer.si nell'egoismo di un ctolore tutto suo; mentre into rno a lui urla un dolore pili vasto, il dolore di tutti. I~di aver rotto un istante la bella linea armonica della sua opera precodonte, tutta animata da un pos– sente soffio di ideali o di speranze umane, il poeta sembra chieder perdono a sò stesso e ad altrui, facendo intendere ch'egli non ai attarderà più oltre in quc~tt vani rimpianti e che tornerà ancora alla grande via maestrn della sua ispirazione. 11 Se pubblico il presente lavoro, egli soggiunge, lo faccio in grazia dei salutari nv,•ertimenti che ad altri forse potranno venirne.,, ~obile intenzione, questa, di far senire una disav– ventura propria ad annnae,.tramento altrui i ma quanti crede il poeta che siono i sofferenti del suo male e i bisognosi di guarirne? Ma 11011 sente egli che l'affanno cli cui son pieni la sua giovinezza e il suo volume ò lo ,itesso tormentoso lavorio iuterno da cui egli ò uscito poeta? Che la causa Jlrima, il seme da cui ò gormo• gliato il flore della sul\ nrto è in quel mal della patria, di cui egli lamenta gli effetti o gl'iuflussi in tutta la sua vita ulteriore? AHebbe egli dato II il w11zo11iere dl'lle Alpi ., 1 i " I'oemetti II o lfl miglior parte di II Urirhe 11ma11e,, se non si fosse a,·,•olto con "oluttà dolorosR. nel fMcino e nei ricordi della sua rètica valle natia? Ognuno che sia veramente poeta, risalerado alle origini c1ella sua ispirazione, trova al principio della via una forza iniziale che lo mosse e che determinò la sua di• rettiva. li Pascoli cbbo la tragediJl oscura in cui nnrlò travolta la sua famiglin i il Berta.echi ebbe il senso pro• fondo dei vincoli quasi umani con la sua terra e i suoi monti. A che, dunque, tentare una giustificazione in senso altrulfltlco ad una manifestazione d'arte che ha in se stes~a la sua giustificazione migliore? A nessuno, forse, la nuova opera del Bertaccbi gioverà come nmmoni– mentOi a molti 1 certo, darà la gioia profonda e clisinte• ressata che si prova dinanzi ad una vorn e reale opera d'arte in<lipendeutemente dai flui pratici ch'essa si pro• J)0lle E dell'opera d'arte queste II Malìe del passalo 1 , hanno la profonda impronta. di orì~inalit.11.. Oh! quel suono di campane che apro il poemetto, quasi Ll'itmoliv di tutta la sinfonia, come non somiglìa a nessun altro cli quanti scampanii ricorrono nella nostra letteratura poetiea 1 che da tempo ne è piena, come l'alveare do! suo ronzio! F. quale dispregio delle forme consnernte, in cui si usa incastonare sempre la. rappresentazione rlegli stessi spettacoli della natura! Piace questo franco esprimere pensieri e sen– timenti con la fr esca sincrrità del linguaggio di primo getto, senza ffl.ti, :osa ricercit cli parole così dette poetiche; anzi, senza tim ore alcuno dello comuni o prosaiche, quasi a testimoniare che la poe<1ianon asconde la sua prer.iosa essenza nella virtuosità eunuca del OP-sello,ma nell'anima stessa del poeta, che l'esprime nelle forme più naturali e spontanee. E queqta non curanza di fini– tezze esteriori, invece che csiler rivelazione d'impotenza, ò \'Oluta immediatezza d'e~pre:isione e forse proposito cosciente di confhrn.r la poesia nella sostanza delle cose, fuor della loro espressione verbale. Per tutto questo e po r nitro a ncora, cbe non posso dir qui ~cnza rubar troppo flprir.io nlla materia che è propria doll!L Rivista. que<ite " .\l lllìe del vassato ~, intese prin111. da pochi per la :;tessa singolarità dell'idea che le ispirn e la poca corrispondenza cho troveranno nell'anima deì J)il'i, aspettano dal tempo In loro immancabile consacra• zioue. ETTOtn: FABH:TTI. Avete la 1" annata? J./.lmminislrazio11e clefln Critica. t~ sempre (lispo11ta a 1·ii-ombiare cm 1t11a qual!liasi s11cctssiva amwia, riler1ata 1 oppw·e con un (ll/110d'aM01wme11lu, l 1 i11vio che le venissr fatto delltt f-l annata (1891) <11 Critica Sociale iit b110110 staio di co11sermzio11f. 1Ucm11bieremo co11 OJHUìl'oli, a richiesta, or111mwdei se• aue11ti tmme,·i separali dello stesso 1° amw: 4 1 5, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 16, 17. GIUSEPPE RtOAMONTI, gerente responsabile. MIiano. :!0/6 1i0~. Tlpogran11 Operai (Soo. coop.), c. \'ltt. Em,l'M6.

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