Critica Sociale - Anno XIV - n. 9 - 1 maggio 1904

CRITICA SOCIALE 131 Passavano le greggi le une dopo le altre nei placidi pomeriggi, fermandosi qua e là a brucare, con le loro cento bocche sempre in hworo, la povera erba di au– tunno sino all'ultimo filo, pagando il permesso della pa:itura coi doni della montagna; arrestandosi per spar– gersi per i campi qualche giorno coi loro pastori bar– buti, per poi riprendere la strada, lasciando sulle siepi la lana del loro pn.ssaggio. 1 pastori alle nostre domande ri5pondevano sempre che venivano dalla neve ed anda– vano all'erba. E noi partivamo dietro quelle parole: all'insì1, verso \:Lgrande neve che non era ancora arri– vata sino a noi; o dietro loro, verso il paese basso, ver-o la maremma che nella nostra fantasia continuava a verdeggiare per tutto l'inverno. L pa,tori erano i ,•isitatori nostri, i vagabondi della nostra strada nell'autunno. La primavera ci portava la musica e le sonagliere degli zingari o dei saltimbanchi. Essi passavano là sulla -,trada, sotto i primi soli di pri– m:wera e sotto la calda luna d'estate, con l'allegria dei loro colori o col dirugginio delle loro casette ambulanti. Quelle misterioso case che andavano, andavano senza prendere radice mai, senza mai trovare il loro paese perduto, con il loro piccolo comignolo fumante, con le finestrelle che si apri,•ano sulle cose sempre nuovo, erano il nostro stupore e la nostra invidia. Seguendole con gli occhi da lontano, io mi dice,•o che lo finestre della nostra grande casa guardavano per tutte lo ore del giorno e per tutti i giorni dei Panno sugli stessi al. beri, sugli stessi campi 1 sullo stesso cielo; ed avrei ,·o• luto poter vivere anch'io nella piccola casa vagabonda, che chiudeva la sera le sue finestre e viaggiava tutta notte per riaprirle al mattino su un mondo sempre mu– tato, .iempre nuo,·o ... Passavano pure a!tri, ognuno alla sua stagione: le compagnie dei falciatori coi loro ferri lucenti sulle spalle, che scendevano avanti l'inverno dai piani alti, dove i lavori erano finiti, per tagliare lo strame delle maremme; passavano duo o tre volte alPanno, in gior– nate solenni, con un lungo strascico di mugghii sonori, le mandrie dei buoi per i mercati louta,,i; il loro pas– saggio comincia,·a che era anche scuro, fra le ultime -.te!le e lo scialbore dell'alba, sveg-liando le case sulla si.rada; passa,•ano ancora, con un odor di mare e con loro strane grida, i pescatori che salivano dalla ma– remma per portarci il pesce di Natale; passavano pic– coli e negri sulla neve gli spazzacamini che venh·ano pur dai monti. .. Poi ancora, di tratto in tratto, all'imprO\'\'iso, passa– , ano ancora sulla strada ,·isioni rapido inaspettate; schiere di soldati con suoni di fanfare e splendore di Uandiere, con faccie stanche ed annerite; a piedi, in lunghe file, con passo pesante o sicuro; a cavallo, fra una nube di polvere che li accompagnavo. o lo schioc– care dolio fruste e il rotolio e il dirugginio dei carriaggi e dei cannoni - passavano splendide carrozze tratte eia grandi cavalli al galoppo e dietro le cui portiere fuggenti si intravvedevano volti pallidi e superbi - passavano torme dolenti, uominii donne, ragazzi, che scen– devano verso il mare in cerca di paesi lontani o torna. vano dal mare a cercare ancora la miseria dei loro paesi, meno triste di quella della terra straniera - pas• sa,•ano uomini dal volto duro e triste, legati gli uni agli altri come bestie con catene che li .stringevano ai polsi, insanguinati, o sopra loro lo ~guardo arrogante dei guardiani a cavallo ... E,dietro a.tutte queste schiere, a tutte qneste torme di uomini che passavano sulla 2rande strada, si seutirnno, si intravvcdc\'ano a tratti i fantasmi di oscure potenze lontane; si intravvedeva tutto il ranta.sma grande e terribile del mondo immenso ed ignoto ... Poi passavano altri ancora: i solitarii 1 quelli che bat• tcnrno la. strada da soli; chi con lo strumento di qualche vec<'hio mestiere ambulante, ognuno col suo :strano grido; altri ancora; chi con la bisaccia del mendicante, chi con l'orso e la scimmia 1 chi con l'organetto e le carie della fortuna. E poi, infine, più strani di tutti, quelli che non portavano uicnte, che non domandM'ano 1Jiente, elle viaggiavano chi sa donde, chi sa a ,10,·e; d1e passaYano, coi loro stracci, di paese in paese, rer– nrnndosi a dormire sotto un albero, a bere ad una fon– tana; e andavano, anda\'ano sempre avanti, chi sa dietro a quale oscuro sogno nascosto sotto i loro occhi vaghi imperscrutabili, o forse anche ignoto a loro stessi i come se la stra.cl :~ li avesse rasciuati 1 li trascinasse senza ra– gione, senza meta, traverso il mondo, a trovare la t.erra che li doveva raccogliere per sempre, il pii, lontano che potessero da quella che li aveva raccolti bambini.. Così, traverso il nostro piccolo mondo immobile, pas– sava la grande strada biancheggiante e su di essa la corrente perenne della vita ,,aria e discorde; ora quasi a grandi flutti incalzantisi come un tumulto sublime e terribile; ora a piccole onde spe1·dute, con appena un murmure blando <'Ome un rigagnolo, che quasi si per• desse nella sua poh•ere. Passava l'inesauribile fiume della vita, dall'ignoto all'ignoto, con le sue g(.andezze e con le sue miserie, coi suoi dolori e collo sue gioie, coi suoi splendori e coi suoi stracci; l'abbiczione, la forza, la Uellezza, il sogno, la speranza, l'an!lia, la pazzia, il capriccio, il brutto, il mostrnoso, l'ignobile ... tutto vi passava, per tutte le stagioni dcll'anno 1 per tutte lo ore del giorno: sotto il solP. e sotto le stelle, sulla pol– \'Ore e sul rango, fra le nebbie e fra le nevi, coi venti che spargono intorno i germi raggianti della primavera e con quelli che rapiscono via le morte spoglie dell'au• tunno: avanti, a\'anti, con una vivida gioia che rinasce sempre, con una tristezza che non muore ma.i... Passava la corrente della ,·ita di oggi come era pas– ~a.ta quella di venti secoli. Percbè questa strada, che traversava questo nostro piccolo mondo, era una di quelle grandi strade, su cui Fonda clell'umanità, che cerca, che lotta, che trionfa, aveva rnmoreggiato sempre con una corrente poderosa. Essa era stata una delle grandi strade di Roma; sotto la sua polvere echeggia• vano ancora i massi di granito su cui era stata fondata. Alle volte, sotto la zappa, sotto il piccone, che la lavo– raY1t1to,saltavano fuori preziose 1·eliquie del passato: monete imperiali, armi di foggia strana, che facevano balenare agli occhi la risione delle legioni che l'a\'C· vano battuta col pesante pas:-;o milita.re e delle torme barUare che l'avevano calpestata con l'ugna dei loro sel\'aggi cavalli. Qua e lì~ rimanev1uio ancora ruderi superbi e torri che parevano fantasmi sorpresi ed arre• stati in una immobilità. perpetua dalla luce <leigiorno; e quei fantasmi dei seco\i 1 e questa ,•ita dell'oggi che per noi era ancora un fnntasma, si confondevano uel no!;tro spirito in un grande sogno vago del mistero del mondo e della vita ... 0. :M ,\l,AGODI. Dott, ATTILIO CABIATI Lebasi teoriche d ll'organizzazione operaia Centesimi 10 Presso la Critica, SOciale.

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