Critica Sociale - Anno XIII - n. 4 - 16 febbraio 1903

Bb 54 CRITICA SOCIA.LE il vice,.eame, lo nllega. alla Relazione ministeriale; ed una Commissione di deJ>Utati, senza accorgersi dello scherzo, domanda l'niuto del Ooverno, perchè il progetto possa ))resto attuarsi. 'J'utto ciò è butfo, ma è anche doloroso. Tng. A.NOEl,O ÙllODEO. L'ITALIA E I TRATTATI DICOMMERCIO Conclusioni e proposte. Giunti al termino del lungo cammino percorso at– traverso o.lln. storia del nostrn commercio e del mo– vimento industriale agricolo dell'Italia, ci si impon– gono alcune riflessioni dì ordine generale. Noi abbinmo visto come lentamente e faticosa– mente, attraverso allo insidie cli una politica finA.n– ziaria disastrosa, il nostro commercio si sia venuto accrP.sccndo in generale e come alcune industrie, dalla protezione colossale del 1887, abbiano assunto uno sviluppo da porle in grndo di competere vitto• riosamente con l'estero. AI.Jbiamo visto 1>erò altresì come questa protezione sia stata eccessiva in tutti i ctun1>i.Sicchò in alcuni rami essa ha fatto conver– gere violentemente troppi capitali, distruggendo in tal modo, con Pesngerazione, gli stessi effetti dell'o- 1>erilsun. Altrove invece, essa non è valsa a creare centri di vit:i industrinlc, dimostrando così l'inanità degli sforzi dell'uomo, là. dove l'inerzia delJa natura si oppone con tutto il suo 1>csoallo sviluppo di in– dustrie cho sono o vogliono rimanere esotiche. Noi abbiamo appositnmente voluto insistere in un lungo esame, perchè chi ha avuto hL pazienza cli seguirci sin qui ha trovato nella storia de11e cifre la pili fulgida ri1>rova delle verità economiche e lrt. pili inesorabile condanna di tutti i sofismi cleJla.pro– tezione. Piuttosto, so la protezione può giustificarsi, ò come un fatto storico. Essa sorse in lta..lia in un momento ilL cui lo Stnto, per certo esigenze pubhliche, si trovò a concorrere coi privati industriali sul mer– cato della domanda dei capitali. Quando avvengono si– mili incidenti nella vita. di un paese, le cose vanno sempre male poi consumatori. Governo italiano e Banche concorrevano nell'acquisto di moneta aurea: il Governo, pii1 forte, s'impadronì delle riserv~ o compensò Jo Banche col corso forzoso: il Governo italiano e gli industriali abbisognavano di capitali ; il Governo ne prese quanti ne potè trovare e com– pensò i suoi concorrenti con la protezione. È evi– dente che, cessato il bisogno da parte delJe finanze dello Stato, debba. man mano cessare il sussidio pri– vilegiato di cui godono certi produttori. Questa politica si complicò coi trattati di com– mercio. L'equità apparente, con cui avevà proceduto lo Stato italiano nel distribuire a tutti nel 1887 i favori protezionisti, venne turbata e sconvolta da quei patti convenzionali che si vennero stringendo fra i1 nostro paese e quelli fora.stiori. Nei contratti, meglio che in una legge cli carattere gcneraJc, è facile il predominio della volontà dei più forti. Ora. ap1>unto) s1>ecialmente nei trattati del 1892, predo– minarono i gruppi meno uumerosii ma meglio coa- 1.izzati degli industriali, a clonno della massa degli agricoltori, pit't grande in numero, ma altresì pili ripartita e clivisfL. I grandi latifondisti cerealicultori, che hanno interessi opposti a quelli di tutto il re– stante dei coltivatori del nostro suolo, fecero lega Comune coi grandi industriali, e gli interessi dei pili rimasero schiacciati. Come a.vvenga. questo fenomeno che in uno Stato libero i meno tirino i J>iù, ci ò spiegato assai bene n d o dal Marshall e dal Pareto. I pochi ~ coalizzati e interessati pongono, nel conquistare I milioni, una energia migliaia di volto maggiore cli queJla posta in uso dai moltissimi, poco esperti, per non farsi togliere di tasca i centesimi. I cotonieri, ad esempio, misurano osattameotc i ,•antaggi immensi che con– cedo loro un dazio protettivo, il quale però, a tutti i consumatori presi singolarmente, non Yiene a pe– sare che di poche lire. }: qui la gran forza cli, tutte le tasse indirette, e specialmente dei dazi. I•:evidente che, se i1 nostro Governo, 1wr aiutare i corealicultori, concedesse-loro un premio di 270 milioni all'anno) preJevancloli con una impostit dirotta, tutta Italia insorgerebbe come un solo uomo contro l'ini<Juità. di una tale imposta alfama.trico. Ponete invece un cla:do cli confino di L. 7 1 50 al quintale por aiutarn il " lavoro nazio– nale "' e tutti i consumatod pagheranno il Joro tri– buto a poche migliaia di produttori, senza trovarvi nulla dn ridire. J~ so, pronclenclo tutto l'insieme dei nostri cln:1,f, con la tiuìffa del 1887 noi abbiamo in– nalzato di colpo il costo della vita del 25 °/ 01 i cou– sumtLtori, che no hanno l'iseutito le conseguenze du– rissimo, si sono rivolti a cercarne la causa dappertutto, tranne dovo essa esisteva. Ora noi ci tro,•iruno di fronte a una folla di que– siti : prima cli tutto, so e come rinnovare i trattati do! 1892; poi, quali provvedimenti prendere per mi– gliorare il nostro commercio; infine, fare i conti con gli industriali, vedere so la protezione ha giovato ad essi ed in tal caso approfìttarue per diminuire l'o– nere tributario gravissimo, che, a torto o a ragione, noi ci siamo assunto nel 1887, a guisa di p1·estilo forzoso, cw·fcalo ù1iqucime11tesulle varie classi. dei cons1tmatori, J)er aulici})co-e ai 11osfri industriati i capitali di cui essi c,bbisoynattmo per 1·ifoniire di macchium·io moderno i loro stabilimenti. l!:bbone, tutti queati problemi mettono capo al– l'ultimo j e, risolto questo, il resto no sca.turisce come di logica conseguenztl. Dei 1200 milioni di lire, che costituiscono la no– stra esportazione, 500, o:1sia i ~; 1" sono assorbiti dalla Svizzera, da\PA ustria e dalla Germania. Ora, una così ccccssiwt concontra.zione cli movimento commer– ciale ci è cli grnn dauno, perchè noi, a nostra volta, non rappresentiamo che 1/ 10 della esportazione gcr manica o 1 / 11 di quclht austriaca; nella compilazione cli nuovi trattati quindi quest.i due Imperi godono di un11grande superiorità su di noi. Inoltre, siccome, date le tendenze cli questo due Potenze, sarà assai cliflìcilo che noi continuiamo con esse a commerciare su unrt così larga base come per il passato, è indi• spensabile per le nostre industrie, sì manufattrici ohe agricole, trovare nuovi sbocchi. _ Senza architettare fatlcos,unente dove questi sbocchi si potranno acquistare, ci al>biamo di già duo vie che si vanno 1>erproprio impulso aprendo ai nostri prodotti: ed esse sono la Russia e l'Oriente da una parte j il Urasile e l'Argentina dall'altra. Per inten– sificare i nostri rapporti con questi paesi, che ra1>· presentano nuovi e inesausti mercati, ci occorrono due cose: 1° nuovo "ie di navigazione di fiume e di mare o tariffe a buon mercato in rtaJia; e, per ot– tenersi questo, ò di somma utilitl~ ridurre il dazio sul ferro; 21)concedere alla Russia ed all'Argentina la possibilità di scambiare i prodotti della Joro col– tura cstonsh•a con quelli della nostrn agricoltura intensiva: e questo non può ottenersi se non abo– lendo il dazio sul grano por rispetto alla Russia e all'Argentina, riducendo i daz'Ì sul petrolio e sul caffè pel' riguardo nl Brasile. . .. Così, da qualunque punto noi riguard.iamo il pro– blema, vecliamo che tutto converge verso un.'unica

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