Critica Sociale - Anno XII - n. 8 - 16 aprile 1902

116 CRITICA SOCIALE sonn.assai eompctcutc non è falhteo - che, nel Fer– rarese, quella che ha subìto un deprezzamento ò li\ terra, o che quindi il capitale può 1 per questa con– trazione della rendita terriera, lucrarvi un profitto piì1 alto. :Mft noi non vogliamo restringere la questiono a <1ncstosemplici contcstflzioni; il Labrioht l'ha allar– gata o. tutta una grande questione economica, e noi vogliamo seguirlo su questo terreno. In sostanza, l'argomento fondamentale con cui si nega la possibilità cli una durC\'olc \littoria del pro– letariato agricolo - argomento che il Labriola. ri– prende senza farvi alcuun riserva - ò queUo stesso di cui hanno fatto uso i 1>rotczionisti per dimostrare 1a necessità. del dazio protettivo. Però che in fondo qucst.o due tesi, dell'impossibiliti\ dell'elevamento dei salari agricoli, e della impossibiliti\ della politica li– boristn1 sono strettamente congiunte e, direi quasi, gemelle; esse nascono da umi medesima idea-madre, cioè dalla asserita. incapacità dell'industria agricola a vh•ere e a prosperare senza l'ossigeno dei bassi salart e degli alti dazi cli protezione. , crive il Labriola: " sembra doversi concludere che la miseria ciel lavoratore sia una condizione indi– spensabile J>Crla esistenza dell'agricoaura capitali– stica ,,. E questa conclusione egli la trae dall'aver consb1tato che in Inghilterra la lotta. di Giovanni Arch, per l'elevamento dei salart agricoli,· non ha dato i risultati che era. lecito spcrnro; che in molte parti della Germania e dell'Austria il srilario dei contadini non htl nulla eia hwiclinre a quello che si percepisce nelle Puglie e in lfasilicata; o che finalmente, per confessione di Kautsky, l'rigricoltura deperisce da per tutto e riflette le sue tristi vicende sulle condi• zioni di esistenza della classe lavoratrice. Nò questo ò tutto. U Labriola si preoccupa. anche di qucJla che si suol chirimare industrializzazione dell'agricoltura: cioò dell'introduzione della mac– china, in tutti i lavori campestri. Questa sostituzione del macchinismo al lavoro umano, come la sostitu– zione cli colture che abbisognano di poca mano d'o– pera a quC'lle che oggi ne richiedono molta, produr– rnnno certo una. maggiore disoccupazione e quindi 1111 nuovo ribasso dei salart agricoli. Il movimento per il loro rialzo somiglierebbe così all'opera ili 'isiro: appena un rialzo è ottenuto, '-'Sso,determinando uua minor richiesta di mano d'opera, preparerebbo le condizioni per la sua inevitabile elisione. Era certo che un qundro così sconsolato non po– teva permettere che una previsione molto tragica e remota. 1-~d inratti 1 per il J,abriola, la terra., la quale, pcrchè_ elevo "pagare rendita ni proprietari, profitto ogli aflittaioli 1 imposte allo Stato e usure agli usur!li .,, non può che ridurre " il salario dei contadini alle minime proporzioni ,,, non ha che un unico mezzo per redimersi dalla sua implacabile funziono di affa– matrice di uomini: passare dalla proprietà privata nlla proprietà colletti va. J1 socialismo rigrario - dice il Labriola -· ò di sua natura rivoluzionario. Direbbe meglio se dicesse " catastrofico 11• Qui infatti, secondo le sue 1>remcsse, la catastrofe è l'unica azione possibile e proficua; ogni altra è una. illusione, unn 1>e1ut nuova, una scon– fitta sicura. Egli nega la possibilità di migliorare le condizioni dei lavoratori agricoli coi 1. metodi del riformismo politicante 11 • lu veritìl egli nega qualche cosa d'altro o di ben piil sostanziale che non sia il " riformismo politicante ,,1 che non ha nulla da vedere con l'org1l• nizzazionc e l'ascensione graduale del proletariato deJlc campagne. Bgli nega invoco precisamente queshl organizzazione e questu ascensione. A che organiz– zarsi, se l'ascesa è impossibile? Meglio incrociar lo braccia, rassegnarsi al destino e attendere l'ancnlo del sociulismo. JI fine è tuUu, il moto è nuJla. B1b1otE r-=iGino B1arco Dirc11di1m10,dunque, questo moto, che è il solo e vero accusato. . .. Noi siamo grnti al Labriohi di aver posta anche nel nostro partito una quc:slionc, che da molti pare dovere cli huon rivoluzionario il fra.scurarc. La <1ue– stionc cioè cli vederr, nel ogni movimento economico, la llOSsibilib\ o meno, nella industria. sulla quale si opera, di sop1>ortare un incremento nel prezzo delhl sua mano d'opera; e di prevedere i risultati che co– testo incremento può produrre sullo sviluJ>J>O ciel processo procluttiYO. Noi vorremmo anzi che queste preoccupazioni fos– sero nella mente di t.utti, o specialmente cli quelli che si sono assunti la responsabilità. di n-uidare i movimenti delle masse hworntrici. Perchè quando leggiamo nella Wvista di l~nrico Ferri che la scon– fitta delle Leghe contadine nel Polesine ò la conse– guenza dell'aver " predicato che bisogna essere mo– derati, ragionevoli, arrendevoli, e preoccuparsi del profitto dei capitalisti 11 , sot.tindeudcndo così che d'ora innanzi per Yincere bastC'n\ affacciare le pre– tese piìt eccessive, le richieste pili assurde, senza. tener conto delle condizioni della a~ricoltum, senza riflettere sopratutto alle possibili trasrormazioni d('IIC ~~!:i·~~O cie~ 11 1;~~tcf~rl~~~l;~~li~\ 1 10~°C ~~ ~~r ~ ~~ac1\) ~;u~:; povero proletariato so fosse davvero lancia.to nlhi cicca contro il nemico, senza conoscere nò la ta ttica delPavvcrsario, nè il terreno dclln battaglia, uè lu inf1cssibilità.cliquelle leggi economiche, che noi, tutti i gior11i 1 andiamo cianciando di conoscere a fondo, tanto da costrurre su di esse tutta la no:;trn impal– catura di partito, per poi dimenticarle al primo svolto di strada 1 alJa. J>rima scarmnuccia col nemico che ci as1l8tta agguerrito? Ben venga dunque anche il 1>csisimismodel La.– briola, se eoso potrà guarirci dalla retorica. demago– gica con la 11uale si inebriano le folle, ma si per– dono lo battaglie. Senonche è bene che <1uesto pes– simismo sir~ridotto nei suoi termini veri, e non venga. fl ist.erilirc Ja. fiducia che i socialisti italiani hanno riposta nell'ascensione m1ltcriale e morale del prole– Juriato clellc campagne. Due sono le questioni affaccintc dal Labriola, e sulle <1ualioccorre 1>orta1·eun esatto gimlizio .. \nzi– tutto, può la. nostra. agricoltura sopportare un nuorn ag~r1wio, o:;sià 1mò, senza rovinarsi, consentire un (ttrnlchc miglioramento alle classi lavorntrici? E, snb– ordinahmrnnte, fino a. qual limite ò conciliabile l'au– mento dei salari con l'interesse generale e durevole dei salari:iti e con l'incremento della produzione? Alla. primil domanda noi non esitiamo a rispon– dere di sl. L'industria agricola (parlo della. valle del .Po, dovo appunto il movimento proletflrio ebbe le sue origini e il suo sviluppo) non attrnversa certo un periodo cli crisi. SH(>crati gli anni difficili, nei quali il primo nr-to della concorrenza mondiale rom· pcva bruscamente Je secolari trndizioni dei capita– listi fondiari, hl nostra agricoltura, e per le n uove co~nizioni tecniche, e 1>cr i recenti troya.ti llelh~ nlC'ccanica.e della chimica, e per la m aggiore faci– lità. e mitezza. del credito, ha potuto riprendere uno slancio ascendentc 1 che, senza essere occessivamcnt(' lusinghiero, non giustifica. riff1-1tto lo geremiadi che siflmO soliti leggere nei giornali reazionari. A tutto questo poi si è aggiunto un fattore artificiale: il forte dazio cli protezione che rincara i prodotti e crea ai proprietari cli terre un lauto extraprofitto. l~d ò precisamente su questi cresciuti profitti e su questi extraprofitti - che invano i lavoratori hanno tenti,to di falcidiare con la loro aziono politica - ò su essi che oggi si esercita la pressione della. cla!tsc lavoratrice. In fondo, essa non chiede se non un,t

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