Critica Sociale - Anno VIII - n. 17 - 16 ottobre 1899

CRITICA SOCIALE 269 mercè il rafforzarsi del proletariato, ad aver ragione delle tendente depressive, ma l'immiserimento ,ociale s'estende coll'estendersi del lavoro delle doone e spesso altreal del lavoro dei fanciu1li, colla soppressione del la.voro qualificato, colle aumentate Incertezze dell'esi • slenza, coll'arresto del tenore di vita proletario al di qua del contemporaneo progresso di quello della bor– ghesia. Sarà forse dato a lavoratori scelti, favoriti dalla fortuna, di superare anche questo stadio dell'immiseri• meuto e di conseguire un ten0re di vita che, anche In relazione a quello borghese, non potrà dirsi miserabile; tuttavia anche per essi continua a sussistere la ten– densa all'Immiserimento, che domina tutto il capita– lismo, essendo essi costantemente esposti al pericolo che una crisi, un'invenzione, una. coalizione d'indu• striali, l'invasione di ceti operai più bassi nella loro industria, li caccino via dalla posizione privilegiata, precipitandoli nella miseria generale della loro classe. Adunque dappertutto miseria nel sistema capitalistico di produiione,e miseria tanto maggiore,quanto maggiore il numero dei proletari e quello dei piccoli industriali, al quali il capitalismo Infligge la degradazione o il ser– vaggio; ma insieme tanto maggiore altresl la lotta contro la miseria, tanto maggiore la ribellione della claase operaia contro il giogo del capitalismo. Tale è, secondo la nostra interpret&iione, quella teoria marxista, che corre presso i suoi critici sotto il nome di « teoria dell'immiserimento>. Le diverse forme della miseria, che qui abbiamo esaminato, sollo tutte compatibili col «dogmi• marxisti esposti nel Capir ate,· anzi è lvi appunto che ne troviamo svolti con classica maestria i punti essenziali. Ma queste argomentazioni del CapiJale sono compie• tamente neglette dalla maggior parte dei critici della teoria dell' e immiserimento>, i quali preferiscono spie• gare una parola isolata nel modo più piatto e volgare, per darsi poi alla fatica di dimostrare ch'esso non con• cord• coli• realtà delle cose. Slstem• buono per chi si propone di confutare Marx ad ogni costo, non per chi vuol studiarlo e capirlo. CARLO KAUTSKY. GIOVANNI SEGANTINI « L'avvenire della. pittura, e noi lo ere• dlemo, aarà p\'Ù. grande anrora del pas– sato, glacch6 noi aaremo pl'Ù. grandi, pi'Ù. religiosi che noi rummo giammai. 8 (rat• tanto coltiviamo I pr,aa,t » Questo morto fu di nostra gente: non perchè, come pure ru, divise la nostra fede e cooperò all'azione con aiuti di pecunia e solidarietà di passione, ma perchè, più di ogni altro nel secolo, intese la comunione divina degli spiriti, mèta dell'arte. Come Cristo, egli s'isolò nei monti per accogliere meglio nell'anima le voci dell'uni• verso - cose e uomini - e, come Cristo, dai monti av– vallò alle turbe il suo discorso. El fu l'interprete pro• retico dello solitudini e rivelò agli uomini la pienezza. vitale dell'infinito e H fec" palpitare di simpatia al– l'uoiBSonocon la mistica vita del nulla e dell'ignoto: gli spazi interminati, le trasparenze ina.tferrabili delle atmosfere, le mobili sfumature del tramonti, le vaghe nuvole in amplesso ora ardente e stretto, ora stanco e languido, con i culmini aguul delle montagne, Il fon– dersi delle nevi nella Tampa rossa dei soli in fuga verso gli abissi della notte; i veli dei vesperi supplicanti alla luna ed alle stelle nel brivido pauroso delle tenebre cadenti - e su tutto l'inconsaputa estasi degli anima.Il e dei pastori immoti su le rupi a picco, perduti nel– l'occulta tirannide dell'luftnito nirvana. La SUI\ arte fu un'asceneione, una conquista progrea• siva di spazi, poichè lo urgeva l'immane desiderio di abbracciare sul suo cuore la più ampia distesa di vita, oppure sciogliere l'anima aua in una sconflnata letift– cazione di amore. Fu un s.uperbo che mise la sua su– perbia. nell'intendere le cose umili e congiungerle alle sublimi nell'armonia del tutto. Il suo spirito si affra– tellò con quello delle piante, dei fiori, delle roccie, degli animali, del pastori. Egli indugiò nelle capanne alpe– stri, nelle stalle, nei pascoli brul11,negli abbeveratoi, nelle arature; pregò, trasbordando, con la madre e giunse le palme come il bambino, al suono dell'Angeiu,, mormorando: Aoe Ma,-ia; avvicinò le due madri, la donna o la mucca, ugualmente sacre nel mistero unico della fecondazione e dell'amore per i loro nati; si beò nell'inconscio riso dell'innocente, frutto dell'amore, e consolò la giovinetta pensosa nella vergogna della sua maternità; accompagnò piamente nell'oscurità della valle, verso i greppi ancora luminosi, il carro ritor– nante il morto al suo paese. Notturna veglia dolente, plana di brividi, di fantasmi, di dubbi angosciosi, che si scioglieranno solo quando li carico raggiungerà lassù il glorioso meriggio alpestre, sotto le onde dorate del sole, e l'artista mirerà. il dolore trasumanarsi al bacio della CedeI li peoblema della vita lo avvinse inelull•bilmente davanti ad ogni culla e davanti ad ogni bara: infati– cabilmente una ragion d'amore lo spinse alla ricerca di tutte le flbre senzienti, amanti e doloranti, in una grande effusione di tenerezza umana. Dicono che il primo sforzo a strappare con strumenti materiali una forma dall'informe, un 1 idoa viva dalla materia inerte, gli fu suggerito dal grido di una madre, rammaricante sulla tomb• doli• figliuola di non possederne un ri– tratto In sua memoria! Poichè cosl proruppe per grande pietà la vocazione, egli corse alla scuola, laggiù, nella città grigia ed augusta, P<>rchiederle i segreti della scienza. Povero cuore di poeta languente di me• lanconia nelle slrette della soffitta e sognante le albe aperte, i meriggi di Cuoco, i tramonti vermigli sui verdi incontaminati, come pagasti caro Il misero viatico di sclenia avanti di sciogliere le ali verso i cieli puri, verso le superne fantasmagoriche danze dei viventi insospettaU colori I Or va, torna ai liberi campi, alle aure viventi, tra le cose s"emplloi e profonde, roride della dolce poesia della natura: ma non isolarti ancora dagli uomini I È la prima stazione nella salita verso l'alto. Ei vive come un fanciullo ancora tra i contadini della Brianza durante quattro anni - mescolato al loro lavorl, ai loro animali, tosando le pecore, conducendo le greggi ai pascoli, i buoi ad arare o alla stanga. Egli studia ed osserva: le cose sono ancor& esteriori a lui, ma, grado grado, l'anima sua comincia ad impregnarsi della loro animo.. Ei dipinge Piccolo pecore, Alla fonta11a, Le madri, L'ultima fatica del giorno. È un realismo ancora sentimentale; è l'episodio staccato dal tutto che la sua calda animt. Investe di poesia. Ma poi ven• gono l'Ave Maria, la to,atura, Alla ,tanga. Le cose sono già in lui: la fusione tra l'io esteriore e l'io in• teriore è piena. Ei s'approssima alla saggezza. Ei può raccogliersi a scrutare il mondo che è in lui, e che dentro di lui si Illumina di una luce nuova ideale. 1d,

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