Critica Sociale - Anno VIII - n. 16 - 1 ottobre 1899

CRITIO.l SOCIALE 243 dove per la prima volta applicò l' Ullase dell'ono– revole Pelloux. Questo giudicato sembra ispirato piuttosto da Massimiliano Robespierre che da Ul– piano. Il giacobinismo più spinto, il dispotismo so• ciale più opprimente è sanz10nato apertis verbis nelle prime due proposizioni di questa sentenza. La loro applicazione integrale condurrebbe al rin novamento della repubblica dei gesuiti del Para– guay oppure al morto autocratismo orientale. Se– condo la legge fondamentale - dice la Corte - il potere esecutivo non potrebbe, senza il concorso delle due Camere, nè creare leggi, nè con decreti modificare quelle esistenti. Il potere esecutivo per altro, da cui dipendono tutte te forze di terra e di mare, <ha» per necessariaconseguenza « l'ob– bligo ed il diritto • di provvedere alla conserva– zione dell'ordine sociale.... Stante tale mandato il potere esecutivo deve proporre le leggi necessarie, ma « quando per ctrcostanze speciali o pel so– p,·avventre di ecceztonali opposizioni non fosse posstbtle il ,·egola,·e /ìmztonamento det stn– gott potert costttuttt, allo stesso pote,·e esecu• Ilvo Incombe tl diritto ed il dovere dt da,·e tutti quet provvedimenti che l'urgenza del caso può .,uggertre e che valgono alla conservazione del l'ordine ed a mantenere l'lmpe,·o della legge.• Ora, lutto questo viene a dire che il Qoverno ha il diritto di fare tutto quello che gli piace, ossia ha il diritto di violare tutte le leggi per mante– nere l'impero della legge: basta berciò che ci siano circostanze speciali o sopravvengano opposizioni eccezionali, vale a dire basta che il Governo non possa spuntarla nelle vie legali perchè possa ri correre alle illegali. La conseguenza pratica di una simile dottrina sarebbe, posto il diritto, almeno teorico, della resistenza alle illegalità del potere, la guerra civile in permanenza. Oh! magistrati di vie JI fatto e degni del domicilio coatto! Taluno penserà che qui noi esageriamo un poco! È ben vero! Esiste di certo uno stato di neces– sttd che assolve i Governi nei loro atti di violenza, come assolve i privati (i magistrali spesso se ne dimenticano) quando - a caglon d'esempio - ru– bano per non morire di fame. Ma questo stato àt necesstld deve essere di evidenza intuitiva, tale da persuadere a prima giunta ogni persona non deli• rante e, quando è tale veramente, non può susci• tare neanche discussione. Che quando arde l'incendio si possa attingere acqua ovunque questa si trovi, è cosa veramente di diritto nattwale. Che in istato di guerra veramente guerreggiata, in una cillà stretta veramente d'assedio dal nemico, si possa e si debba limitare la facoltà di circolazione ai cii• ladini, non è possibile che nessuno neghi. Ma di questo stato di necessità, grave, immio_enle, per– cepibile dall'univer,ale per l'istinto comune della propria conservazione, alle circostanze speciali ed al sopravvent,·e di eccezionali oppostztoni della Corte di Milano, c'è la differenza che passa tra essere e non essere ... lo stato di necessità. Di volo si può ancora osservare che, presso le nazioni bene ordinate, si prevede e si provvede anche che non sopraggiungano detti stati di ne– cessità. Si emanano, a cagion d'esempio, buone disposi– zioni di igiene preventiva, per non trovarsi nella necessità di tiral'e dei cordoni sanitari se scoppi l'epidemia. . .. Abdicata nelle mani del potere esecutivo la fa– coltà di rare le leggi, la Corte di Milano può bene menar buono al Governo tutto quanto gli piace a0ermare; anche l'urgenza di provvedere, poichè « si 11-attavadi provvedimenti riflettenti le dispo• « sizioni sulle Associationi e modificazioni alla e legge sulla stampa, ed è notorio che furono « questi due elementi la causa principale dei di- • sordin.i verificatisi in Italia e specialmente a Mi- • lano nel maggio 1898 • (cioè a dire 14 mesi prima. Ecco un'urgenza che poteva aspettare an– cora!) Così ragionando la Corte si fa anch'essa legisla– trice come il Governo. Essa entra nei dibattiti po· litici parlamentari, e, naturalmente, per votare a favore del Ministero; essa non rileva neanche che ci sono O1iposizioniche negano le ragioni ed i fatti addotti dal Governo: che queste Opposizioni sono pure leggi in tttnere, come una legge in itinere è il yrogetto governativo, e che fra queste due leggi fn itinere non avveoe nessuna perfetta e quindi nessuna applicabile, e che applicarne una significa crearla e turbare ogni più elementare concetto dell'equilibrio dei poteri. Donde trae la Corte la persuasione della notorietà che la stampa e le Associazioni furono la causa dei disordini e però dopo 14 me,i sia l'urgenza di provvedere di impero a queste materie I Dalla fiducia che. essa presta al Governo, come un deputato della mag– gioranza qualunque: e allora la sentenza equivale ad un voto parlamentare, ossia non applica, ma crea la legge. In[atti, alla stre~ua del ragiona• mento della Corte di Milano, un altra Corte sotto altra influenza, non persuasa della ur~enza di prov• vedere alla matel'ia delle Associazioni e della stampa, potrà dire che il decreto-legge non è ap• plicabile, non esiste cioè come legge - e ciò non per il fatto estrinseco (come è vero) della mancanza delle forme essenziali dei concetto -« legge • - ma per il fatto intrinseco che la Corte neghi l'opportu• nità legislativa o l'urgenza o la necessità della legge stessa. Più chiaramente, il giacobinismo della Corte milanese conduce a dire che le leggi non si applicano secondochè esistono o non esistono, sono o non sono leggi, ma secondo la disposizione di legge pare al giurisdicente opportuna, o necessaria, od urgente. E siamo nella terra classica del diritto! • .. Ma non basta. La Corte, che usurpa il potere legislativo - come di r'H!ione - non vuole assu– mere responsabilità. « E al Parlamento - essa dice - che spetta chiamare i ministri responsabili a rendere conto dell'uso che abbiano ratto del potere, che il nostro diritto pubblico ad essi at– tribuisce nei casi di necessità e di urgenza di le– giferare; non per nulla lo Statuto dichiara la re– sponsabilità ministel'iale e attribuisce persino alla Camera dei deputati il diritto di porre in !stato ò'accusa i Ministri e al Senato di giudicarli. • Ma, se il decreto legge, applicandolo, l'avete fatto diventare legge vof, mentre non era, e non sarebbe stato, a implicita conressione vostra, ove voi non aveste trovato di convenire nelle ragioni legislative del Governo, riconoscendo « che furono la stampa e le Associa7.lonila causa principale dei disordini • ! - Che cosa diventa in tali condizioni I• responsabilità del Ministero! In che modo la responsabilità ministeriale (che in pratica non si sa bene che cosa sia/ potrà fare indenni gli offesi dall'esorbitanza logis ativa del Governo e aet ma– gtst,·att 1 Si dica come un voto di sfiducia od anche una eventuale condanna dei Ministri (e dei magi– strati che vi prestarono concorso 1) da parte del Senato costituito io Alta Corte di giustizia possa rifare il danno e reintegr,re tutti gli interessi della nazione, violati durante mesi e mesi di ap– plicazione di una legge che non era una legge, e a cui si sacrificarono le libe1•là ed i diritti del citta-

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