Critica Sociale - Anno VIII - n.15 - 16 settembre 1899

Critica Sociale RIVISTA Q UINDICIN.ALE DEL SOCIALISMO Nel Regno: AnnoL. 8 • Semestre L. 41- ,1.11·t:,o1ero: AnnoL. IO• Semestre L. &,&O. Lette,·e, vaglia, ca,·lotine-vaglia a!l"Ufflclo di CRITICA SOCIALE- MILANO: Portici Galleria V. E., 23 (1.' plm IOIIIB) Anno VIII (1898-99) - N, 15. Nor,, si ve,uW t1, nmnert sepa ,ra.ti . MIiano,16 settembre 1899. SAN MICHELE! Preghiamo gli abbonati milanesi, ohe mutano alloggio, a significarcelo fin d'ora senza il più piccolo ritardo. SOMMARIO Attualità. Il Parlamento alla .JbtU'f"(l (FlLll'l'O TUkATJ). Dovo la co11danna: nostra corriSJlOndenta parigina (ARTURO LA• BRIOLA). Tt·eoua d'armi: ancora sulll\ sentenza di Rennu (I.A CRITICA SOCtALK). Il Lock•OUl (lant:se: lettera da Copenaghen (0U8TAVO RANO). Studi sociologici. una Repubblica Ualfana: IV. Lo n:Uuppo civile (01ussrl'K Ru~s1). la q11ut101u: ao,·arla e Il .roc,all•mo: a propoello del libro di c. Kautsky. Il fa. l.) I.a teoria ddla ml1trfa c,·esctmte, lii (C 'AR.LO l\AUTSKY), Filoeofta, letteratura e varietà. I.e ltnmi.c>,ttd dd G01Jer110: U prouuo Nofrt (f. t.) J11tor110a una ,1comun(ca {G. BORF.l,Li e"· l',1,RETO) Fra Ubrt e riviste; nuove pubblirazioui di Ellenbogen 1 1·• .r.), G. Pisa, I. 0,..1 I.ungo, O. Cremonese (c. t.), ed altri. IL PARLAMENTO ALLA SBARRA Esprimo l'opinione mia strettamente personale. Dico che i deputati, chiamati a rispondere della cosidetta asportazione delle urne, non hanno nè il dovere nè il di1·itto di p1·esentarsi o di lasciarsi tradurre davanti al magistrato giudicante, prima che della questione abbia preliminarmente statuito la Camera. Dico che questo dovere è la conse– guenza precisa ed ineluttabile di quella stessa lo– gica di partito che li indusse a difendere, col me– todo dell'osti·uzioni:-mo, le libertà statutarie minac– ciate e travolte, e che questo dovere è superiore a qualsiasi preferenza personale. a qualsiasi vincolo derivante da dichiarazioni già fatte da essi come singoli, senza concel'to coi colleghi, senza intesa col partito di cui sono i rappresentanti. Il sig. generale Pelloux, cui non manca l'ingegno imaginoso rlei ~rnoicolleghi di F1·ancia,ha trovato uu modo spiccio di disfa1·si dell'ostruzionismo col quale il Pa1·lamento - scrivo a disegno la pa,·ola - lo costt-inse a riuguainar·e i provvedimt1nti politici, sovve1·titori dello Statuto, e a promulgarli - se lo ,·olle - cou uno di quei mezzi che appartengono ai p1·ocedimenli dei colpi cli Stato, dal cui uso l'Ì· petuto, negli Stati costituzionali, qualche cosa cer• tamenle soffre mortali ferite. Il sig. geae,•ale Pel– loux, chiamato a suo compare un presidente par– tigiano, con una iusur-rezione manifesta contro la legge che la Came,·a impose a sé stessa, spinge i deputati di Opposizione alla necesoità logica, giuri– dica e politica di proteggere quella legge & sé stessi con un atto materiale. Indi proroga ipso facto la Camera, chiude la sessione, e deferisce egli stesso, per l'organo dei suoi Procuratori del Re (chè nessun p,·esidente della Camera, per quanto par– tigiano. sarebbe disceso a connivenze siffatte), quel• l'atto materiale al giudizio di un sinedrio di giudici. Così ad opera e per arte del generale Pelloux, il potere giudiziario invade il Parlamento italiano, ue interrompe le discus$iOni, ue caccia i deputati legiferanti e, trascegliendo quelli che al generale Pelloux sono più molesti, li spinge a terminare la loro opera legislativa fra un secondino e una grata. Milano Obrenovitch s'è provato in Serbia a fare qualcosa di simile: ma dovette organizzare, non foss'altro, la messa in iseana d'un attentato. Un disprezzo così profondo del Parlamento in– sieme e dei magistrati, una fiducia cosi piena nella passività del paese, non furono mai dimostrati, uella storia, da verun ministro di Stato. Nelle con– tese parlamentari, ben altrimenti violente dalle nostre, che si ebbero a più riprese in Ioghilterl'a, in Francia, in Ispagna, in Austria, in Ungheria, non vi fu mai ministro che osasse sostituire sè stesso - ossia i suoi giudici - ai poteri discipli– nari della Camera. Sbarazzarsi del Parlamento coi gendarmi, questo pensiel'O non poteva logicamente germogliare che nell• testa di un soldato. È ben vero che Napoleone il piccolo aveva dato l'esempio: ma costui, per lo meno, non si fermò a mezza via. . • * Adisegno dico « il Parlamento•• non dico« quattro deputati •· Questa decimazione di un partito della Camera, questa selezione voluta di quattro, su quaranta o su cinquecento, da essere infissi al ca• valletto per salutare intimidazione dei colleghi, non può far illusione a chi ha la testa sulle spalle. rn regime costituzionale, di fronte agli altri poteri, esecutivo e giudiziario, un membro del Parlamento, quando agisce come tale, è il Parlamento medesimo; è il potere legislativo nella sna augusta funzione. Uno o più, non fa differenza: ti Pa1~1amentonou esiste senza gli individui che lo compongono, nè la libertà del Parlamento senza la illimitata libertà dei suoi membri. Neppure è lecito parlare di maggioranza o minoranza. Questa e quella, nell'a· zione legislativa, sono necessarie l'una all'altra, si fondono in un tutto unico, depositario della sovra– nità della nazione, salvo solo, a legge deliberata, il veto eventuale del Re. All'infuori del veto, in– gerenza negativa e postuma, nessun"altra potestà ha il potere esecutivo sulle Camere deliberanti; nessun'altra pote,tà ha il potere giudiziario fuorchò quello di sentenziare sull'applicazione della legge sancita e promulgata. Nella fo1·mulazione delle leggi, nei metodi per approvarle o pe,· 1·espingerle, il potere esecutivo come potere a sè e il pote,·e giudiziario non hanno facollà di mettere lingua nè mano. Alla Camera e al Senato il ministro vale per uno: non ha voto se non è deputato o se– natore egli stesso.

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