Critica Sociale - Anno VII - n. 22 - 16 novembre 1897

350 CRITICA SOCIALE d) - e questo è il più importante - che le pseudo• I mllizie cittadine greche rappresentino la :l:orm.a unica e concreta di quell'organizzazione che noi chiamiamo Na:ione armata; e che una tale orga– nizzazione vada inevitabilmente collegata a quell'asso– luta mancanza <li servizi di suss1stenza, di sanità., di commissariato, caratteristica della guerra g1·eco--turca, che fu principaliss'ima. ragione della clébacle ellenica. Nè una tale dimostrazione sarebbe stata slffficiente. Il relatore - provata l'inefficacia della Nazione armata - avrebbe poi dovuto dimostrarci che il suo sistema a scartamento ridotto dell'attuale organizzazione militare era tale da poter vittoriosamente tener fronte agli altri eserciti permanenti dello stesso tipo di quello che egli proponeva, ma formati da un maggor numero di corpi di esercito e da soldati ln cui la. più lunga. ferma ha 1 per la maggior suggestione di caserma, sviluppato me– glio le qualità del militare professionale. Guidato nella sua critica alla Nazione annata dal!a considerazione del probabile insuccesso militare, a cui essa potrebbe condurci, egli logicamente questa stessa considerazione avrebbe dovuto tener presente nelle sue proposte pratiche. Senonchè a me sembra. che anche Filippo Turati, il quale - pur errando nelle affrettate conclusioni - aveva messo bene il problema, non seppe all'ultimo sgom– brare del tutto la mento dalla fisima sentimentale, co– mune alla quasi totalità. dei socialisti italiani. che la. guerra cioè non debba essere preoccupazione del nostro partito, solamente perehò le anime nosh·e la respingono come la più brutale delle tradizioni barbare di cui la civiltà. contemporanea non si è sbarazzata. ancora. E di questa fisima apparve la personificazione vera Claudio Treves 1 quando, contro gli argomenti dell'ora• tore, disse: « Voi dite che la Nazione armata, in caso di guerra, ci esponebbe alla sconfitta: tanto meglio, perché in tali condizioni non faremo la guerra, il che è ap– punto ciò cui noi dobbiamo tendere. » Tanto meglio.... un corno! rispondo io, perchè cosi saremo esposti a farei battere, nel caso che altri ci at– taccasse! . .. Perchè è proprio così. Nel nostro partito vi ò un gran numero di compagni, i quali si figurano sul serio che il partito socialista sia la società comunista cosmo! polita, e i quali, confondendo l'effetto con la. causa, pensano che le guerre finiranno, non semplicemente quando cesseranno, con la universale socializzazione dei mezzi di produzione, le rivalità. commerciali, mo– venti degli attua.li conflitti, ma addirittura quando noi socialisti avremo abbastanza voce in capitolo per otle-– nere, come la conquista di un desideratum qualunque del programma minimo, l'abolizione della guerra. Ora io dedico questa serie di articoli, che ho scritti sul probtema milita1·e per il pm•tito socialista, a questi bravi compagni che van dicendo, non che i socialisti constatano cho ad un certo momento economico le guerre cesseranno, ma che i socialisti vogliono la. fine delle guerre - 1)0rchò io sono convinto cho non vi sia nulla di più pericoloso per lo sviluppo, per l'esistenza dol partito socialista. di una tale convinzione, che pone naturalmente capo ad una insana apologia della viltà, che può essere totsloismo, ma non è certo marxismo. Deplorare gli orrori della guerra, fare ogni sforzo per impedirla, ò ben diversa cosa che, attaccati, non sa• perla. sostenere ,·ittoriosamente. La prima cosa è certamente il dovere di un partito B1b1otecaGino B1arco civilmente superiore quale è il nostro; ma la seconda è il suicidio di stupidi sentimentali, che, dietro i grandi principi, nascondono anime di coniglio. E dirò anche dippiù: so anche che, in alcuni mo· menti, potrà. essere ner:essario ad un partito socialista, e magari anche ad una. nazione collettivista, di assu– mere l'iniziativa di una g.uerra. Il nostro partito è eminentemente internazionale: le sue condizioni di esistenza e di sviluppo non· si difen– dono solo nell'interno del paese, ma anche alle f1·ontiere della più lontana nazione, contro cui si avanza minac– ciosa qualche civiltà. ritardataria, che, vittoriosa., po– trebbe influire dannosamente sulla libertà di tutta l'Eu– ropa, e ritardare di un secolo l'avvento al potere delle classi lavoratrici. I socialisti, che, in tal caso, accorreranno alla difesa di quelle frontiere, ben meriteranno del proletariato, al pari di quelli che lottano per la conquista e la di– fesa delle libertà. interne. Per molto tempo ancora. la violenza sarà. la levatrice della storia, e coloro che - solo porchò la socializza– zione dei mezzi di produzione e di scambio non può essere l'effetto di una insurrezione - vanno facendo propaganda di codardia, sia di fronte alla conquista di forme politiche più convenienti alla rapidità del nostro sviluppo, sia di fronte all'ipotesi di una guerra, che non la patria, ma la possibilità. di questo stesso sviluppo, pone in pericolo - coloro, dunque 1 sono o dei conru– sionari o dei deboli. II. Esiste un 1n·oblema militare t)er il partito soch,lista~ Ricordo: era nei giorni antecedenti di poco l'entrata del corpo insurrezionale greco in Macedonia. La legione Cipriani, già completamente formata., era partita da poche ore dal Pireo verso Volo sovra il Sarnos, un vecchio e lento battello della Panellenia, che sembrava volesse affondare ad ogni istante, tanto era !"enorme <:arico di uomini, di pezzi d'artiglieria. e di munizioni che portava. L'aurora scopriva i contorni morbidi della costa at– tica, frastagliata e sinuosa: non una spiaggia pianeg– giante nò il biancheggiare d'un solo villaggio ma.• rinaro dalle candide casette specchiantisi nel mare, come lungo la costa italica: ma tutta una. linea ininter– rotta.di colline dolci e deserte, dal terriccio arido e bianco, sul cui sfondo gli olivi lussureggianti mettevano vivide chiazze di verde. Solo tratto tratto, a molte ore di di– stanza le une dalle altre, sovra le cime, disordinate ac– cozzaglie di casolari neri rivela.vano che anche su quelle rive un mondo, piccolo ed oscuro, viveva. Lo spettacolo monotono, nel tedio di una. folla sucida ed ingombrante di soldati e di riservisti, che impedi– vano il muoversi, annoiava, irritava quasi. Si aggiun– giungevano i primi raggi d'un sole ardente, che, uscito da.I mare, trasforma.va la grande e fredda fascia di indaco, stendentesi sino all'orizzonte, in una gradazione calda di grigio argenteo, lucido, abbacinante. I nervi erano anche scossi dalla notte insonne, tras– corsa a bordo, distesi sovra i tavoli e i divani del quadrato di 2.a classe, o à la belle étoite, in coperta, nell'affaccendarsi dello operazioni d'imbarco e nei gemiti senza pace della grue, sprofondante nella stiva il ma– teriale della batteria che partiva con noi. In quella naturale e collettiva disposizione, nulla era più prevedibile di qualche disputa violenta; e la disputa. violenta scoppiò,

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