Critica Sociale - Anno VII - n. 15 - 1 agosto 1897

CRITICA SOCIALE 233 unilaterale, che ritiene il momento economico il solo determinante, frase vuota di senso, astratta, assurda, che renderebbe l'applicazione della teoria ad un periodo storico qualunque più facile della risoluzione cli una semplice equazione di primo grado. (ENGELs). L'eco– nomia stessa è concepita d'ordinario dal Ferraris solo dal lato quantitativo, come ammontare cli ricchezza, e non qualitativamente, come processo cli produzione e distribuzione, che determina il modo cli vita degli uo– mini, ed i loro rapporti reciproci. Questi errori principali, ai quali fa corona laT'ga schiera di inesattezze secondarie, impediscono al nostro autore, malgT'aclo la sua innegabile grande competenza nelle scienze sociali in genere, di valutar giustamente la teoria del materialismo storico, e rendono il suo libro, a parer nostro, un tentativo fallito. (1) E. C. LONGOBARDI. (') L'esempio storico che chiuda il libro, se riesce a provare che tutta la legislazione sociale inglese non è dovuta alla lotta tra i proprietari fondiari ed i capitalisti, non prova nulla contro la teoria della lotta di classe, perché, come riconosce il Ferraris stesso, il fattore più potente di quella legislazione fu l'agitazione popolare. Sul carattere vero delle leggi sui salari, designate dal Ferraris come « di tutela per gli operai », si riscontri MARX, Le Capttal, I, chapitre xxv111. Una critica accurata alla parte sto– rica del libro del Ferraris si trova nel citato articolo del Cvn– ten to. Un libro di Achille Loria (l) Certo, Achille Loria è il più grande e il più ar– tista dei nostri scrittori d'economia politica. La sua opera principale, vasta e potente organizza– zione di una mole immensa di fatti animata da una vivissima acutezza d'interpretazione; primo e poderoso saggio nostrano d'una critica .originale della vecchia economia e d'una genialissima rico– struzione; gli dà., sopra la folla minore dei no– stri economisti, legata al carro della scienza tra– dizionale e conservatrice, un alto e nobile posto. La sua teoria sociologica (della quale, se pure ha preso da Marx il nocciuolo fondamentale, ha dato in modo autonomo lo sviluppo e le applica– zioni) impronta di sè sempre più ampiamente la giovane scienza italiana, dalla scienza delle finanze, col Masè-Dari, alla sociologia propriamente detta, coll'Asturaro. La sua critica all'odierna forma so– ciale non è meno acerba e severa. di quella dei so– cialisti marxisti; e se alcuna volta, in qualche scritto d'occasione, trascinato forse dalla tentazione di spar– gere un po' di quell'ironia, che egli maneggia con sì elegante sottigliezza, sull'autore che gli sta di– nanzi, egli sAmbra divental' più timido nelle sue osservazioni ( 2 ), noi torniamo a ricordare fiducie- (1) I,a proprietà fondiaria e la questione sociale. - Fratelli Drucker, Verona-Padova, -1897.L. 3. (i/ Alludiamo precisamente all'introduzione critica del libro del LAJ,'AROUE: L'origine e l'evoluzione della proprietà. In quella, il Lori a non solo si burla alquanto dell'autore e del libro, ma, nella foga di smontare pezzo per pezzo tutta la costruzione del Lafargue, esce in affermazioni che contraddicono, ci pare, altre precedenti sue proprie. C(')si quando egli combatte qui (pag. 42) il concetto marxista della concentrazione progressi va delle ricchezze e della progressiva degradazione dtlle classi operaie, mentre ne aveva egli sless.,:, fornito delle prove nei Pi·oblemi sociali (pag. t21); vedi anche Analisi, I, 691: « se infine ci domandiamo quale sia l'ultimo risultato del processo demografico nella economia capita– lista, troviamo che esso si riassume nella degenerazione crescente della massima parte della popolazione.» Ancora, davanti alla previsione della società collettivista fatta del Lafargue, il Loria esclama (pag. 46): « L'Apollo delfico non ci ha, disgraziatamente concessa la dote presaga, nè in noi parla, come nel brillante !et- Bibllot ca Gino Bianco samente quelle sue nobilissime parole: « Enrico Ferri in una delle sue splendide improvvisazioni paragonò la scienza. ad un focoso corsiero, al cui crine, finché vegeti e forti, si appendono gli scien– ziati ed incalzano il nobile animale; mentre, quando le forze illanguidite dall'età. li costringono ad ab– bandonar la criniera, essi rotolano fra le zampe del cavallo e a gran fatica ne impacciano il corso. Il più caldo mio voto è che la morte non attenda a colpirmi quando, colla mano raggranchita dagli anni, cercherei di rattenere gli impeti del divino deRtriero, ma mi sorprenda sulla breccia, quando, ancora appeso alla sua criniera, incalzerò il suo corso, calpestante gli errori, i pregiudizi, i vili in– teressi di classe, e lo provocherò ad intendere con sempre più rapido slancio verso i suoi luminosi destini » (1 ). Il libro che abbiamo sott'occhio riproduce tre saggi già conosciuti e uno inedito. E, sebbene, nelle poche righe al lettore, l'autore dichiari che le sue opinioni hanno subìto, dalla prima pubblicazione dei primi tre saggi ad .ora, qualche mutazione, ciò ri– guarda, com'egli dice, piuttosto i primi due, che il terzo, la ter'ra e il sisterna sociale, quello che contiene il nucleolo rivoluzionario della sua dot– trina. Achille Loria, abbiamo detto, è artista. Artista non solo per la limpidità, l'efficacia, il colorito dello stile; ma, e più, per la euritmia quasi plastica del concepimento, per cui la sua raffigurazione del si• sterna sociale s'innalza davanti agli occhi del let– tore come un insieme completo, .conne~so ed ar– monico, come un magnifico palazzo d'idee, come un solido edificio dalle linee classicamente pure. Anche coloro che accettano un sistema diverso, anche coloro che non ne accettano alcuno, pensando che nessuna ricostruzione ideale possa riprodurre il fondo delle cose, possa rispecchiare le « cose in sè »; anche costoro non possono non ammirare. La causa « secolare, uniforme, incessante » di ogni fenomeno economico è, secondo il Loria, l'in– cremento della popolazione. Essa fu che suscitò ed infranse i cicli economici scomparsi; essa sarà. che ~pezzerà. inesorabilmente il ciclo capitalista per in– nalzare sulle sue rovine una nuova forma sociale più feconda e più equa. Quando la popolazione è rada ed esiste quindi terra libera sulla quale cia– scuno possa impiegare il proprio lavoro, è impos– sibile la divisione della società in una classe di capitalisti non lavoratori ed una di lavoratori non capitalisti; ma si ha la econ01nia dissociata dei produttori indipendenti, se la produttività. della terra è elevata; l'associazione propria o mista (cioè di soli produttori di capitale che lavorano in– sieme, o di produttori cl.icapitali e di lavoratori, ma in ogni caso con divisione del prodotto in parti uguali) se, la produttività. della terra essendo de– pressa, i produttori hanno bisogno di crescete la fecondità. del loro lavoro, associandosi. In questo periodo la formazione di un reddito inoperoso, non potendo ottenersi coll'occupazione totale della terra per la scarsezza della popolazione, non è raggiun– gibile che mediante l'appropriazione violenta della persona del lavoratore. Donde la schiavitù; e po– scia, quando, diminuendo la terra libera, si fa più terato del socialismo, un dio rivelatore. » Ma veramente un dio rivelato1·e parlava anche ad Achille Loria quando egli ci intrat• teneva della sua fo1°ma-limite e della sua associazione miBta e della morale che in essa dominerà (les Bases, ecc.), tutte cose per prevedere le quali è altrettanto necessaria la « dote presaga » quanto per prevedere il collettiv1smo. - Lasciamo poi quel suo oppugnare il collettivismo quasiche la Vita collettiva do\'esse essere anche « coatta » e La soppressione dell'individualismo traesse seco la soppressione della individualiM. (') La proprietà fondiaria e la questione sociale; pag. 26{.

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