Critica Sociale - Anno VII - n. 11 - 1 giugno 1897

CRITICA SOCIALE non si pui, fare senza mettere la. dispcra1.ione nei mi– lioni o milioni di consumatori poveri. Il Saivioli esamina, collo stesso risultato, gli altri due rimedì e"cogitati: aboli1·e i dazì di consumo locali sugli agrumi, e incoraggiare nelle terre di Sicilia la procfoziono del tabacco. Onde è autoriz– zato a concludere con lo scooforlo che trapela dalle I i nee seguenti : Si apro dunque por l'Italia. morìdionnlc un periodo di nuovi disastri, di disJ)craziono noi propl'ictari o nei col• ti\·atori, o contemporancamenlo si apririi una lunga serie ili promesse, cli studi, di inchiesto, di piccoli espo• dicnti, o tullo ciù riesciri:l sollnnlo a nuova constata- 1.ionodcll'impotonz,~di ogni rorza umaua. a por1·0 ordino o amionia in un·economia, nella quale il disordine, la ~opl'ap1·oduziono, ltL concon·enzu, la vicendevole guerra. dentro o fuol'i i ronflni i.lolle nazioni, la crisi o la 1·0- vintL tL scadenza più o meno lunga. sono vizi costitu– zionali. Evidentemente l'erudito professore dell'Ateneo palermitano non ò meno« sem,])licisla » dell'Av.antt.' nel considerare la quesliono. E il problema. quale scahu·isce dalle sue parole, si porrebbe dunque così: Vale egli la pena che il partilo socialista spenda tempo ed ener~ia unicamente per ribadire cotesta constatazione d1 impotenza, che poi si appalesa cosi bene anche senza il suo intervento? L.\ CRITICA. L'ULTIMA DELUSIONE SULLA GUERRA Il terribile processo istruito conti-o le guerre aveva strappato a questi mostruosi assassinii collet• tivi ogni velario di idealità; ma resisteva ancora la poesia delle milizie volontarie, che riverbel'a– vano sulle guer1·e odierne una parte della loro luce simpatica. Non pa1·e,•a possibile involgere in una sola condanna la clemol'alizzante influenza degli ese,·citi di caserma con lo slancio e l'abnegazione delle milizie irregolari , le cui forze erano la fede ed il coraggio. Non dimostrava questo istesso con– Yegno ideale nella 1·iconosciuta neces~itit di una violenta soluzione di quesiti, sempre inYano a0idali al nullo procedimento clelratli\'ità razionale, come la guerra non fosse sfornita di ogni virtù morale? ~la l'esempio recente della nrecia mostrò pur troppo come l'istesso ciclo storico segnato dalla gue1·ra, da una parte tenda a rendere sempre meno utilizzabili sul campo della lotta lo slancio ed il coraggio personale (i due soli elementi che man– tengono la compa~ine dogli esercili irregolari) e dall'altra trasrormrno questi stessi elementi in fat– tori di disfatta e di 1-oviua. Rapp1·esentava ora h.i nazione g1·eca come il rea– lizzato ideale di una milizia di cittadini no n co– stretti alla guerra da esterna disciplina, anzi qua.si il p!'imo esempio di una guerra combattuta fra la ,•ecchia m·ganizzazione tecnica delresercito e quella moderna, fondata sul t)l'incipio che ogni cittadino sia soldato pe1· dovel'e eletto della difesa dello patl'in. Sebbene anche l'ese,·cito greco appa– risse un ese1·cito stanziale. la chiamata improvvisa di tutte insieme le classi e il mii-abile slancio dei chiamati gli conferivano un vero carattere di na– zione a,•mata. Bisogna avei· veduto come i riser– visti greci si affollasse1·0, anche prima del tempo, ai distretti, c1·eando quasi un impacCio alle rego– lari operazioni di mobilizzamento; come la 1·essa non solo dei 1·ichiamati. ma di quanti tentavano di passai· per tali giungesse al segno, da costringere le auto1·it:'l a rinunziare a qualsiasi appello preli– minare, avviandoli tutti armati alla fr-onliera - come av,•e1rno a Palrasso - per çiuclicare se non si t1·atta,se proprio di un ese1·c1to volonta1·io. il cui desiderio piu cocente era affronta1·e al pili presto il nemico. E, accanto all'ese1·cito che 11011 chiamerò regolare ma ttf/iciale, soi·gevano le naturali agglo– merazioni dei pii, impazienti. cui riusch•a di po1·.;i nelle braccia di qualche Comitato di a1'1'uolamento pe1• le bande insu1·rezio11ali della )lacedonia o del– l'Epil·o. Si ebbe cosi il mil'acolo di una nazione di poco pili di due milioni di abitanti, la quale potll arma1·e sessantamila cittadini nell'esercito ufllciale e quindicimila nelle bande ir1·egolari. Conferivano carattere di simpatia a questo ese1·• cito i democl'atici e cordialissimi 1·apporti fra gli uOlciali ed i soldati. Nessuno che sia stato in con– tatto diretto dell'esel'cito g,·eco l'ide nulla che so– migliasse al LH'utale o odioso contegno delrufllcia– lità degli ese1·citi europei ve1·so i soldati. Fctol'iciel servizio mililare i soldati ridivengono gli amici personali dei loro superiori, ciò che non sorp1·ende affatto ove si considel'i che la quasi universale uguaglianza delle fortune, che crea in Grecia uno stato medio di onesta povel'fà, come rende impos– sibile la fo1·mazione cli vere classi sociali, deve in• generare un senso egualitario in tutti i rapporti della vita, che no n giu nge mai completamente ad oblife1·arsi. Come. r.on la maggiore naturalezza e senza pur toccare il b erretto, il primo straccione di Atene o di Pati-asso o di Corfù si avvicina al pili elegaulo frequentatore di caffè, 1>eraccendere alla sua la p1•op1·iasigaretta. cosi il soldato non sente di do,·01• altri riguardi al proprio ufficiale che quelli derivanti dalla diversa fun;,ione lecn.ica rispettiva. Or questo esercito cosi rispondente ai fini più civili della guerra: la difesa della propf'ia ter1·a e della propria religione; questo esercito è stato bat– tuto, disfatto, polverizzato. disono1·ato, senza avei· gual'dato se1·iamente iu faccia un nemico, la cui superiol'ità numerica non certo era tale da fat• pre– sumere disperata qualunque difesa. 1': quanta ani– mazione, o che santa convinzione in ciascuno dei combattenti! Pe1· quanto la pedidia del re. ben de– ciso fiu dal gennaio sco1·so ad infliggere alla na– zione una ti·emenda o salutare lezione, dopo la quale non lo tormentasse più sul ll·ouo, avesse eccitata artificialmente l'opinione pubblica - nulla di pii, sciocco che dipingere il r·e come coslretlo a cede1·e all'opinione pubblica! - non si può negare chA questo esterno eccitamento in tanto riuscì in quanto aveva base nel sentimento pubblico, sempre agi-– tato o perplesso. Ebbe11e, fra un esercito nazionale, domocl'atico, entusiasta. e un esercito dispoticamente organizzato, guidato eia uOlciali stranieri. cioè da moderni capitani di venlul'a esti·anei alla causa della guerl'a, la ,·ittoria fulminea e strepitosa ri– mase a quest'ultimo. L'ultima volta che un corpo di volontari fron - teggiò vitto,•ioso un esercito regolare fu ventisette anni addieti-o, nella guerra franco-prussiana. La rittoria fu essa dovuta al nome e al valore del comandante, o al fatto che allora la gue1•1·a lasciava ancora qualche parte allo slancio e al coraggio pe1·• sanale? La prima ipotesi è oggi l'it>etuta dagli ul– timi fantasticato1·i del grande 1·oma.nzogaribaldino; pur vuolsi 1·ico1·da1·e quella che era la grande ri– so1·sa di Oal'ibaldi: l'atlacco fulmineo, concepito genialmente al momento opportuno, ed eseguito impetuosamente eia uomini degni di quel capo, at– tacco che non riesce possibile se non in condizioni militari cletel'minate. La tattica, cioè l'ai·te cli go~ veruar gli uomini sul campo, è una variabile dello sviluppo tecnico degli armamenti. L'esercito ir1·e– golare, in cui l'arma pili potente sta nell'animo del milite, nella sua fode nella causa, nella sua fiducia

RkJQdWJsaXNoZXIy