Critica Sociale - Anno VI - n. 18 - 16 settembre 1896

CRITICA SOCIALE 279 di mare che amministrano le ffnanze, sono fatti ordi· no.r1 anche nei paesi più civili. Vedete la. divisione dei partiti in Italia e fuori: è ben lontana. dal corrispondere alle esigenze della so– cietò. moderna; su di essa. non piove luce dai novelli orizzonti che l'intelleLto contemporaneo ha svelati me– r&Yigliosi al nostro sguardo. Che dire poi dei discorsi dei nostri uomini politici, di questi che anranando si atteggiano a reggitori e a riformatori di società, ma che in realtà sono in balla della pil) grande incoscienza, o passano di sorpresa. in sorpresa, come i personaggi di un romnnzomisterioso? Delizioso SJ>eltacolo invero sarebbe il loro, se pur troppo deplorevoli non Cossero IR conseguenze della loro ignoranza. Ecco dunque un falto, dico conchiudendo, che, se non ò certo la prima fra lo causo di esistenza di un go• ,·erno tanto inutile quanto opprossh'o o del dissidio evidente tra la politica e la vita sociale contemporanea, non ò per altro da tenersi in lieve considerazione. f •ellem&re tS96. 1\. CARUGNO. IL SOCfALISMO E L'IMPOSTA Il. Dicemmo la volta scorsa che, se l'ammontare dello imposte sul reddito pagate dalla classe capi– talistica è pari alla estensione della rendita pub– blica od inreriore a questa, come ò in quasi tutta Europa, di una frazione pari, per approssimazione, all'ammontare delle imposte sui consumi pagate dalla istessa classe, ossa rientra completamente in possesso del tributo erogato. Ma se, come già ac– cennammo, tale immunità tributaria, chè a questo torna, è conseguita a patto di una spendita di ca• pitale, rappresentato da tulio il debito pubblico, essa è meramente illusoria e proverebbe, al con– trar•io, come la classe capitalistica sia soggetta al. l'autorit..'l fiscale non diversamente dalle altre classi, che pur non detengono il potere. Se invece la classe capitalistica ottiene dallo Stato la restituzione dello imposte sul reddito, per modo che queste rappre– sentino nel suo meccanismo contabile una semplice partita di giro, o dalla nazione consumatrice gli Interessi del capitale mutuato al potere superiore, la sua esenzione tributaria è incontestata. Intanto è bene innanzi tutto ricordare come ogni imposta sul reddito parta da un minimo esente da tributi, che rappresenta, nel concetto del legislatore, la parte che ò indispensabile alln sussistenza del– l'individuo1 e come un tal minimo sia rispettato in qualunque unità contribuente, da Rothschild al cia– battino che rattoppa le scarpe dei suoi servitori. Inoltre è supposto dal legislatore che la esenziono di questa parte di reddito sia compensata dalla porzione di imposta sui consumi pagata dalrim– poslo, ammessa la coesistenza dell'imposta sul rcd• dito e sui consumi ov,•01'0la traslazione delrimposl.a dirotL,. Ammesso dunque che gli interessi del debito pubblico pagati dal potere superiore ai credito,•i– contl'ibuenti superino l'ammontare dell'imposta pa– gata da tutta la classe capitalistica, questa otterrà sin da principio un interesse netto sul capitalA mu• tuato. Se la classe paga 100 o riottiene 130, ed ha ,·ersato un capitale 2000, al saggio del 5 °/., il gua– dagno ottenuto è già l'ilevante; ma esso non è suf– ficiente. L'imposta, in generale, ra parto del costo di pro– du1,ione e si immedesima nel prodotto in l"J.gione della sua quantità. ~la codesL, verità soll're reali u o restrizioni, secondo le speciali contingenze in cui ò alluabilo il principio della traslazione del tl'ibuto. Senza entrare in particolal'i, assolutamente estranei al nostro soggello, il principio della trasfel'ibilità si ve1•irìcauelle merci prodotto in condizioni di monopolio, sebbene anche qui vi sia un caso in cui il principio non si può applicare; e non si verirìca. so non in casi dete1·minati, per le merci prlldotte in ch·costanze di concor•renza. Nel primo caso ò evidente corno i consumatol'i debbano addossarsi tutto il peso tributai-io e che non possano sruggi1·,·i se non riducendo i propri consumi, cioè assogget– tandosi ad una pt•iva:;fone. la quale, come tale, rappresenta, in termini psicologici di clolOl'O, l'im– posta cui il consumatore ha cercato di evadere. Dovunque perciò la traslazione dell'imposta non si verifica, il capitalista p1·oduttoro subisce la diretta Incisione del tributo, cioò lo pa(!a dirottamento o seu1.a possibilit:\ di indennizzo, 11 che, corno ab– biamo visto, si verirìca per le merci prodotto in cir·cost.anze cli concorrenza. Se non che, a dispello di ciò che pensano i teo– rici borghesi, immaginando l'im!)Osla quale è, come una circostarua uni(onne per tutti i produttori, in modo che essa colpisca i 101·0 capitali nella istessa misura equa (proporzionale o progressiva); nulla ci vieta di supporro che la concorrenza fra i capi– talisti, per la quale essi, 1·iducendo i prezzi, liberano i produttori dall'ammontare dell'imposta, si sarebbe vel'ificata l'istesso, anche senza lo stimolo detrim– posla, e che quindi la traslazione debba ammetterl!i come vt1·tualn1.enle sempre attiva per tutti i pro– dotti. Bisogna naturalmente escluderne i prodotti agrarii, il cui prezzo ò formato di1·ettamente dal me1·cato, senza che vi sia nel calcolo la considera– zione del costo. Jn questa ipotesi, la rendita fon– diaria è tnclsa dal t1·ibuto in tutta l'estensione del tributo stesso, senza possibilità di traslazione; ma anche qui ci si presenta contro la considerazione dei dazi protettori, i quali - specie come è co– stantemente av,•enuto in Italia - accrescendosi ad ogni accrescimento dell'imposta rondiaria, compen• sano i proprietari dell'imposta da essi pagata, col prezzo accresciuto dei cereali. In un paese dunque a sistema protezionista, la traslazione dell'imposta dai pl'odultori ai consuma– tori ò perciò un fatto innegabile. Ma da chi Ocom• posta la classe policroma dei consumatori1 Codesta domanda non meri la risposta, se non per aver agio di rilevare che, sebbene vi sono inclusi anche i C.'\· pitalisti, occol're escluderli di fronte alle conse– guon1.0 della traslazione, dal momenlo che abbiamo già rilevato, come la loro esenzione dalla quota minima li compensa dell'imposta pagata sugli og– getti di lor personale consumo. Diciamo, a prima evidenza, che, se pa~ano rr in pili nelle p1·opl'io cousuma7.ioni per gli effetti dcli:\ traslazione, r:1.– gano rr in meno nell'ammontaro del loro reddilo. per gli ell'etti della esenzione dal tl'ibuto della quota minima. Dunque, dei consumato1·i, la sola classe lavoratrice sconta nel prezzo delle cose la imposta, qualunque questa sia, come è ovvio: sui consumi o sul reddito o iiU entrambi - propon:io– nalo o progressiva o degressiva, o in quanti altri modi si voglia chiamarla ed escogitarla. Ma.... io dimentico il pror. Flora! Deplorevole omissione. Come ho ratto a spregia1·e il suo ulwse: « date le rigide premesse della dottrina ma1·xista sui salari, il proletariato non pnga imposte » (pa– gina 38)1 Se non lo paga, tanto meglio! Ed allorn tanto vale abolire su· due piedi Lutto le imposte sui consumi o sostituirvi la piii reroce delle imposte sul reddito. Dal momento che i capitalisti pagano tulio. l'imposLt più economica per essi ò quella sul reddito. Av1•erto il pror. Flora che l'antichissimo

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