Critica Sociale - Anno VI - n. 16 - 16 agosto 1896

CRl1'10A SOCIALE 2,10 slione che ru discussa. nl congresso di Uologna 1>orgli istituti conressionali. Debbono lo nostro Banche sovve– nire col credito quello Società cooperative, degno di esser sonenulo, elio si rormassero sollo l'auspicio doi socialisti, Chi scrh·e questo note non esita a r·ispondero afl'ormoUvnmente. Valgono 9ui le stesse ragioni per cui a. Bologna si convenne dt non negare 11 credito ai sodalizi ca1tolicl quando por la loro bontà. economica ne appaiano degni; o non è il caso di ripeterle ai nostri lettori che hanno seguito quella interessante controversia. Anzi, so non vado errato, si devo esitare a~sai meno ad assisler·o lo nuove istituzioni che i socialisti si pl'opongono di pr·o– muovero, che le alil'o ispirate da cattolici politicanti. Questi di fttU i predicano la cooperazione non tanto pcrchè apporta vuntaggi materiali, quanto 1>erchè accresce il numero, la rorza e la coesione <lei loro partito. I so– cialisti in,·oce rinunciano momentaneamente a rar pro• pagandl\ tra i piccoli proprietari (sic) o sollecitano la l'ormaziono di Coopcrath•o agrarie, po,·chò sono convinti che quegli agricoltori no risentiranno 1111 vantaggio ma– teriale. Che importa ni cooperatori so i socialisti c1·0- dono di ricscire poi a persuadere quella br,u•a gente ""~ nel loro ricettario c'è anche lJUalchocosa di meglio 1lolla coopcrozione: h1. na1.ionalii1.azìono del suolo? O la coopcraziono varrà a<l assicurare a questi piccoli pro~ prlotnri una 1lorid11. esistenza, e a.lloru.non s1 vedo come essi saranno disposti a cambiare. O lacoopcraziouo non varrà. a ciò, o si compirà. quella trasformazione che sarà. imposta dalla necessità delle cose. I cooperatori guardano all'oggi, i socialisti al domani. Ma se i socialisti credono di la,·orar oggi d"accordo con i cooperatori, non v'è ragione perchè questi si l'iflutino. In rendo, tra gli uni o gli altri, chi transigo sono i so– cialisti, o si può anche perdonar loro per siffatta transn.– zionecortoaffermazioni che proprio non giovaconrutaroi corno quella. ratta di recente da un socialista italiano, il quale dico che « comincia ora un pc1·iodo di risve– glio, il primo vagito di una nuova coscienza coo1>ern– tiva, por opera dei soci socialisti ». 11 signor Albertini può e: perdonarci• tutto quo llo che crede; ciò prova la bontà del suo animo e gli acquista titoli di grazia presso il Padre Eterno. Ma non deve - se non vuol meritare il purgatorio per un allro verso - alterare il significato delle nostro di– chiarazioni. I socialisti, ò '"ero, considerano la cooperaiione nel– l'ambiento borghese - in quei limiti e con quello cautele che la relazione al Congresso definisce ed il– lustra. - come uri uiezzo pe,· t·aggiungere alt1•i fini,· considero.no la cooperazione monca o frammentario, oggi possibile, e che non è una soluzione, come uno dei tanti mezzi per raggiungere la cooperazione svi– luppata e generalizzata, che sola sarà una. soluzione. Il dilemma, che l"Alberlini pone, non li spaventa dav– ,·ero, perchà i due corni di esso. anzichè essere anti– tetici, si suppongono J>iuttosto l'un l'altro. Non esiste una « esistenza llorida • in senso assoluto: un mi– glioramento (e qui si tratta piuttosto di una remora al peggioramento) ne ra desiderare uno maggiore. D'altronde - è questo il nostro criterio fondamentale e speciftco - lo forme di cooperazio1~e da. noi ammesse ft caldeggiate sono quetle, e quell e sole, che avviano al collettivismo, non quelle che ne allontana.no la pos– sibilità concettuale e la possibilità. efTetliva. I coope– ratori < guardano all"oggi •, l'Albertini dice bene; essi hanno per motto il ca11Je diem e, quanto al domani, per evitare e la discordia•, volentieri chiudono ambo gli occhi; i socialisti guardano non soltanto e al do– mani•, come l'Albertinì pretende a modo di antitesi, m& guardano insieme al domani ed all'oggi - te con– statazioni del suo articolo ne sono la migliore delle prove - e l'oggi coordinano al domani, nel quale l'oggi va naturalmente e necessaria.mento a sboccare. Essi non e transigono , a.tratto, essi non e: rinunciano • per nulla, neppure e momentaneamente •, alla loro propaganda tra i piccoli proprietari; gli articoli del Dissolati, quello stesso del Bonzo, la relazione al Con– gresso no sono documenti irrerragablli; a.I contrario intendono, cotesta propago.nda, a rende1•la. piò intensa. o più orflca.ce, e, poichà certe forme di cooperazione possono servire a questo scopo, ben vengano, dicon essi, queste rorme di cooperazione. Essi insomma - noi vogliamo essere schietti tanto coi cooperatori quanto coi piccoli proprietari - ranno in ciò, come i clericali, opera essenzialmente di partito, che vuol diro - in altro p:irole - opera di coscienza e di coerenz.o.; so– nonchè, mentre i clericali, al di là della cooperazione, o.ssicurano il regno dei cieli, i socialisti, al di là della. cooperazione, vogliono che sia assicurato il regno tlolln terra. La «: nuova coscienza cooperatin •, tli cui parlava il nostro Canepa e che l'Albortini accenna con disdegno, è appunto, nell'ambiente cooperativo, la coscienza. so– cialista. FILIPPO TURATI. FORME AGRICOLE NUOVE (Sf.g1l10 • IIH dtlla relnlou 1gn1rla presnlata 11Cogreno di Plruu) l.• I salariati. (Contadini ditobbligati, avvenli.:f, ecc.) Il salariato sorge spo11taneodalla dissoluzione delle vecchie rorme di contratti a$rtu·i, perché la grande coltul'a, si mista che specializzata, ratta in "ista del mercato unico, ha bisogno del lavoratore u– Dero, ossia del lavo1•ato1·0mel'CO. Al suo inizio il salariato é un annesso, quasi un membro della famiglia del padro11e,del filtal'olo, del mezzad1'0, del colono. Il suo lavoro è continuo o quasi, il suo salario viene, nel maggior nume1'0 dei casi, completato dal pl'Ovento di industrie domestiche esercitate nei giorni cli l'iposo. L'accentra1•sidell'indu– stria e il suo specializza1'S1 danno un rorte colpo al suo bilancio o loobbligano n mandare le donne ai campi, ove la,·ore1'anno per Mla1·i irrisori. Poi, specializzan– dosi le coltu1·ee introducendosi macchino, le giornate di disoccupazione aumentano - e il sala1·iato devo diventar nomade, rifugiarsi nelle città, entrare negli stabilimenti industriali, emigra1·e all'estero, do,,e egli - vero chinese d'Europa - ra sbassare i salari, rende più gravosi i cottimi e più lunghe le gio1·nato di lavo,·o, eccitando oclì e rappresaglie sanguinose. Questa massa del salariato è quefla su cui la no– str-.i propaganda devo csm-cit.arsi immediatamente. Conquistato il salariato, la propngn11da si allarga nelle file degli altri celi tra cui esso s'infiltra. E la nostra propaganda deve tendere anzitutto a sve– largli il ti-anello che si nasconde sotto le conces– sioni di appe1.zamenti di terreno o le tenui coin– teressenze di cui t1'0viamo diffusissimo il costumo in tante pa,·ti d'Italia. Bisogna cominciare dal persuaderlo che di lali concessioni si e tenuto pil'.1che conto nel computo del salario, e che pe1·tanto esso dovo chiedere, mCl'Cè rorganizzazione o la 1•esisten1.a,l'inte1'0 salario in cc,ntanti. salvo chiederne anche l'aumento. Il salt\l'iato avventizio, di solito, lavo1•acol sistema del cottimo (dissodamenti, impianti, mondature, rac– colte), irreggimentato e spesso sfruttato di seconda mano da caporali o capi d'opera. Combattere il cot– timo e contribuire alla rormazione di ca·meredel lavoro e u(flci del lavo,·o, di cw,tttve di opemt, ma sopra tutto e avanti tutto organizzare la resi– stenza, ecco il nosh'O còmpito.

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