Critica Sociale - Anno VI - n. 15 - 1 agosto 1896

228 CRITICA SOCIALE A proposito di programmi minimi CARO TURATI, lo parlo certamente in modo deplore,•ole, ma, a mia :rr:~~~::~~ 0:oi~I~~ i 0 Sli°'l~~o r 1 ~ ~c~~~~~ r~~~tJ~c~s~:s~ come il mio modo di esporre, accetto una cosa sola: il gmdizio che dai di ciò che avrei detto .... t.la come mai poteva saltarmi in testa di dire che il programma minimo dev'e!lsere « qualche cosa di esclusivo al par– tilo socialista• quando avevo già affermato, nella Lotta di classe, •ho es!lo rappresenta. l'insieme dolio rirorme che il partito si propone di attuare nell'orbita della società. borghese 1 Secondo l'umile parere del sotto– scril lo, è «esclusivo» al partito socialista soltanto il senso ed il carattere di quelle riforme, onde, determi– nandoli, si mostra poi quali delle rirorme propugnate da riformisti e democratici possono incorporarsi nel nostro programma. Nella mia relazione orale, ad evitare contese inutili, mi limitai, al riguardo, ad esporre i risultati tielle discussioni avvenute in Germania, e lo dichiarai in limine litis. E non cercai di stabilire solamente un tal punto, ma, pigliando protesto dal!!(gonfiezza. del vecchio programma minimo, cho è, viceversa, per sapienza di Congresso, ancora il nuovo, mi domandai onde quella idropisia derivasse e questo trovai nello ,trano amalgama di proposte di massima e disposizioni p1·alìche. Esempio del primo genere: il ,·efr.:rendmni del secondo: l'auto– nomia comunale, la riforma. dei patti agrari, ecc., le quali ultime non ,·ipug11a110 alla nostra legislazione, anzi Yi sono implicitamente riconosciute. Nel pro– gramma minimo includeremo bensì lo riforme di mas– sima, ma. escluderemo quelle che rappresentano solo uno sviluppo di principi già.ammessi nel nostro diritto. E come in Francia non domanderemmo la repubblica od in Italia l'abolizione della pena. di morte, così non parleremo di quelle riforme, nel nostro programma minimo, che non riformano niente. Est-ce clair1 Sola– menle così io intesi parlare di riforme e senza.riscontro nella. legislazione vigente> (ifalianal, come tu scrivi. Su di un altro punto io mi fermai che, non osservato nbbastnnza - sempre por colpa. di quel mio tleplorato modo di parlare - dalla signora Kuliscioff, lo fece scovrire delle analogie, fra :dcune delle mie idee cd altre sostenute dal Kautsky, che non esistevano. lo sostenni che, teoricamente, per i socialisti il pro– gramma. minimo va considerato come un'attenuaz-ione del programma massimo, e la società. che lo realizza, praticamente, come un'attenuasione della società.comu– nistica. Questa idea, che non mi ricordo d'aver letta in nessun teorico del socialismo, sebbene parmi, a mio modo di vedere, un corollario delle loro premesse, serpeggiava. in tutta. la mia relazione; ed ero sicuro cho intorno ad es!!lasi sarebbe combattuto, ed avevo nella. 1uia faretra una buona dose di freccia per gli M'versari. Ora recito il con/Ueor per non esaermi pi– gliato il lusso di presentare, iltampate in nitidi carat– teri, le mie proposte. Ma non ci ho colpa; tanlo ora lontano dalle mie previsioni (la Bignora.Kuliseioff lo sa) il trovarmi a.Firenze, talchò poi mi trovai costretto a metle1'e insieme alla meglio una qualunque relazione orale, che servisse al più come liO\'ito tli discussioni. Per altro non ho dubbi intorno alla sorte che alla mia relazione, stampata. o no, era prepa.ra.tn. li Congresso ci tene\'a, molto a respingere elettora1mente compro– messi e transigenza, ma. gl'importava niente che quel monumento di sapienza che ò il programma minimo attuale dices,e proprio il contrario. Scuso.,caro Tura.ti, la. retliftca. lo mo la sarei rispar– miata se non sapessi che i tuoi lettori per solito fanno collezione della O,•itica. Non volevo rimorsi per il futuro giudizio della storia. Xapoll, fJ lugllo. Alf.mo ARTURO LABRIOl,A. Il modo plU spiccio per abbonarsi consiste nel mandare cartolina vaglia da L. 8 all'Ufficio della CRITICA SOCIALE, Portici Galleria, 23, Mi– lano (scrivere chiaro l'indirizzo del mittente e Indicare 81 si tratta di nuovo abbonatoo di aemplloe rinnovazione). B1u 1ult:l;è1 rn 1u 01a u La lotta diclasse n i proverbii sic liani (I) Il oontadino siciliano odia la classe borghese - i galantuomini, i capJ)etldt - perché sa di essere disprezzato. La gente di città tratta quella di cam– pagna, e la gente delle marine tratta quella delle montagne con epiteti dispregiativi: palatuccht, pantw·,·t, zaui·dt, fatuccht, testi cottt a tu suli, pedi ptlusi, ,nammatucchi, ecc. Queste voci bar• bariche oriç'inano dall'epoca del servaggio: ma,n– ,nalucco, d1 fatti, viene datrarabo memttih - che significa « posseduto » - e davasi in titolo agli uomini di condizione servile sotto il dominio mu– sulmano in Italia. Gli stessi artigiani rappresentano una classe più elevata dei contadini e trattarw questi ultimi con superiorità. Il palermitano, poi, pe1• tradizione del– l'epoca feudale, chiama ancora indistintamente vtl– lant tutta la gente dell"interno dell'isola; e molti fratelli del continente designano per barbari i si– ciliani in massa. Si dico che questi pregiudizi devono col progresso scomparire; sì, ma essi rivelano sentimenti di classe, e devono perciò essere da noi notati. La lotta di classe fu sempre condotta a solo , 1 an– taggio delle classi dominanti di tutti i tempi, le quali, disprèzzando il proletariato, tengono a non redimerlo, perché non manchi la materia sfrutta– bile. li p1·oletariato al disprezzo non può corrispon• dere che con l'odio; solo il socialismo può rimet– tere nel mondo rimparo dell'amore, quando, con la vittoria della classe proletal'ia, sarà. cessata ogni lotta di classe, e la società non sarà composta che di soli lavoratori. Quest'odio contro le classi dominanti é stato il movente unico di tutte le sommosse innumerevoli e continue dei siciliani. Queste sommosse sono state sempre esplosioui spontanee, o propagantisi cli città in cith\ per imitazione, o 1•imaste isolate a dati luoghi e perciò meno note nella stol'ia. l siciliani, secondo li chiama Cicerone, sono oenus aculum et susptctosuni; esprimono sempre i loro sentimenti in un motto a1·guto, in un'espressione felice, che diventano poi proverbi sapienti. Nel volgo siciliano chiamossi 1na/ia la Massoneria, ed in generale la setta dei miscredenti per spirito di nuova bottega; e fare Italia una significò ra• pina, ladreria e simili. Con la parola sorci, poi, si designavano tutti i mangtalori (magnaccia) del partito governativo sotto il rag-ime borbonico. Nei pro,•erbi siciliani il proletariato mostra ad un tempo la coscienza ed il rancore della sua infe1·iorità di classe. Dai seguenti prover·bi, così come ci è riuscito di raccoglie1·li, rilevasi la lotta di classe in Sicilia. Alcuni di essi trovano risconti-o in altri proverbi di alti-i paesi; ma altri sono evidentemente propri df\l popolo siciliano o nel pensiero o nella forma. I) A li 1·icclli ,·tcc/ti;zi, e a li vovirt sca.-stz~i. L'acqua stnni va a mart, e li t·tcchiz:.t chto• vtnu (piovono) nnt li ,·tccltt. 1'Ulti li missi (le messe) a l"alla1-u maggtw·i. Questi proverbi ed altri simili rivelano nel volgo la coscienza che le ricchezze e gli onori tendono ad accentrat•di e accumularsi nei soli privilegiati. 2) A tu tingtulu Ungttu. Come i beni tendono ad accentrarsi nei privile– giati, così le miserie e le sventure si accumulano sugli sventurati. - Tingere vale rendere misero. I') vegRIUli nel penultimo numero (n. 13)della Critica ra.rticolo dello eiesso 11.11tore: SoctaW:iiamo la /erra! Con1idera1.loni di un slelliano, ecc., a.I quale Il presente scritto ,iene In continuiuione. (/Xota della CRITICA),

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