Critica Sociale - Anno IV - n. 21 - 1 novembre 1894

334 ORITIOA SOCIALE vità - fenomeno ,1a lungo tempo osse,•vatoe che si va. accentuando, può rientra,~e nella Yecchia teoria del valore .... » Ora, in questo brano, non può non riconoscersi che il Lafargue ammette il profitto del capitale costante, non già corno un'ipotesi desunta dalla teoria av– vers:\l'ia, ma proprio come un ratto, come un fe• nomeno economico da lungo tempo osservato, ecc. È dunque stridente la contraddizione in cui, entro il breve giro di poche righe, incorre lo scrittore france e, rinnegante implicitamente il principio fondamentale su cui s'erge la dottrina marxiana del valore. Data la norma onde il Marx induce il profitto cli tutto il capitale in,·estito nella produzione, il La– fargue potrebbe giustificarsi solo se avesse parlato, anzichò del profitto del solo capitale tecnico o co– stante. del p,•ofittodel capitale complessivo (costante e variabile insieme).Ma egli nonfa cosinè nel b1 1 ano riprodotto nè in altri brani del breve articoletto. lii. - Il Lafargue, parlando sempre di profitto, d'interesse (!) del capi~,Ie costante, n;iostra di cre• dere che il profitto del capitale salarii possa es– sere dtvel'SO per origine, entiu\, ecc., da quello del p1·imo, che possano valutarsi isolalam,enle il pro– Otto dell'uno e quello dell'alll'O, mentre, in realu\, chiunque conosca in quale modo si determina il sa~gio del profitto (come pii, sotto vedremo) non può ammettere tale diversità nè la possibilità di valutare i due elementi isolatidella produzione. IV. - Osservandola forma con cui lo scrittore francese si esprime e penetrando nell'intimo del– l'obbieziono-domanda che egli ci muove, ci accor– giamo che egli attribuisce agli economisti bo1·ghcsi l'opinione, che il capitale costante crni il plus-valore al va,-t del capilale variabile. In realt..l.,codesti economisti borghesi, presi di mii-a dal Lafargue, per quanto spaziino nelle re– gioni lunari. hanno sempre capito che il plus-va– lol'e. nel senso proprio della dotfrina marxiana, costituisce effettivamente un aumento qnasi mec– canico, fisico del valo1·e in quanto è materialmente misurabile in base al lavoro che contiene- menti-e il p,·ofitto che spelta al capitale tecnico dipende da un 1·apportosociale, varia bilo. storico, quale è quello intercedente fra il lavoro e la sua 1·etribnzione ca– pilalistica (come sarà meglio chiarito in appresso). V. - Collegato con ~iffatto errore ò l'altro com– messo dal nostro contraddittore, a11orquando af– ferma che il plus-valore creato dal capitale costante dovrebbe aumentarsi in 1·agione dell'aumentarsi della produttività di questo, • a quel modo che il sala1·io dell'opernio si eleva quanto più il suo la– voro. <lal tavo1·0sem,plice del manovale, si muta nel tavo,·o complesso o q1talt/lcalo del meccanico, del chimico, dell'elettricista, dell'ingegnere • e del sig. P. Lafargue. Anch~ questo parallelo rivela a primo tratto l'erroneità comvlessc, o qualt/lcata che è nel fondo delle obbiezioni diretleci dal nostro brillante cri– tico: pure ciò vedremo fra breve. Notisi, intanto, che il lavoro com,plesso è piit rimunnrato del semplice, perchè, :\ norma della teorica marxiana, il lavoro complesso vale di più,, perchè è una poten,.a del lavoro semplice, perchè ò lavoro semplice moltiplicato in guisa che una data quantil;.\ di lavoro complesso corrisponde a quantità maggiore cli laroro semplice; - e noi sappiamo, che il costo del lavoro semplice è deter– minato dal costo dei prodotti spesi per· formare e mantenere la forw di lavor-o. Invece, raumenbtrsi della produtth•ità del capiL,Ie costante (con le ipo• tetiche conseguenze che il Lafargue ama connettervi) non solo non può derivare dall'aumentarsi del la- Bib 1oteca Gino B1arco voro (e quindi, secondo il Marx, del valore) con– tenuto in questo capitale, ma anzi deve esse!·e in ragione inversa di siffatto lavo1•0: chè se non fosse cosi, non comprenderemmo più che cosa potrebbo significare at<menlo di produlttvità, - aumento che appunto s'effettua, quando, a parità di valori consumati nella produzione, aumenta la quantit.\ (non il valore) della ricchezza prodotta. VI. - Ed eccoci alla domanda fulminea che deve, nella sanguinea illusione del Lafargue, disperdere, distruggere, poiverizzare i profanatori della teoria marxiana. • Se è vero che il capitale cosk,nte, dopo aver riprodotto il proprio valore, cJ'ea un altro valore; qua.sto plus-valore dovrebbe non solo rimanere costante, ma aumentare, quanto piti il macchinismo, in cui s'immobilizza, si perfeziona e ricorre, per mettersi in OJ>era,all'applicazione delle forze na– turali... e delle scoperte chimiche, fisiche, mecca– niche, ecc. •· Per ciò, l"tnle,·esse det capitate co– stante dovrebbe aumentare in proporzione. Ma, nella realtà, accade tutto il contrario, perchè quanto P.!~~l~1 1 .::~.chi1~ismo si perfeziona, tanto pili scema Lasciando da parte alcune minori obbiezioni. brillano nella e"posta domanda la confusione fra i concetti di valore e di ,·icc/Je;;za, fra aumento di valore ed aumento di produttività, o il disconosci– mento completo della legge dete,·minante l'aumen• tarsi o lo scemare ciel profitto, determinante cioè il saggio ciel profitto. Lo dimostriamo, non si spa– venti 1I lettore, in poche 1·ighe. Aumento di p1'0duttività - come sopra abbiamo notato - non può significare, caete1·is pa1·tllus, aumento cli , 1 alore, ma significa soltanto aumento di l'icchezza, a parità di costo, a parità cioè dei valori consumati nella produzione. Ora, aumento cli ricchezza vuol dire, nel caso no fro, diminuzione ciel valore unital"io dei singoli 1wodotti di cui com– ponesi la totale ricchezza prodotta. che, complessi• vamente, rimane di valore eguale a quello che aveva pl"ima dell'immaginato accrescimento cli pro– duttività. Pertanto, non ignorando l'elementare no– zione, che 1·tcche;;a ò l'abbondanza dell~ utilità non g,·aluite e valore ò l"espressione della difficoltit relativa dell'acquisto di due mel'CÌ, si comprendo subito, che, cae/e,-ts paribus, l'aumentarsi della produttività del capitale tecnico (per usare i termini del Lafargue) aumenterà la quantità di ricchezze di cui componesi il profitto ciel medesimo, ma ne lasce1.. ~ im 1 ariato il valore di scambio. Per maggio1·O chia1·ezza, ricordel'ò che l'ottimista O. B. Say cade nell"identiça confusione di concetti elementari e, ad un tempo, essenziali. in cui cade il socialista P. Lafargue (oh! ibrido contatto!) Il rico,~lato economista, infatti, propose ai posteri, come « una delle difficolu\ maggiori che possa of• frire lo studio cieli' Economia politica •• il quesito seguente: come mai avviene che la ricchezza cli una nazione sia tanto più grande, quanto meno di valore vi hanno i prodotti! - La confusione del concetto di valore (dt/ficoltà di produzione e d'ac– quisto, rapporto f1•adue beni...) con quello di ric– chezza (i beni stessi e la loro abbondanza...) è cosi evidente, che, ora anche uno scolaretto saprebbe ri– solvere « la difncoltà più grande dell'Economia politica•! lnnesL,ta con l"errore precedente è la presuppo• sizione su cui il Lafargue basa la sua obbiezione• domanda, che il profitto, anzi, più correttamente, il saggio del profitto del capik,Ie costante debba dipendere dalla produttività cli questo. Il lettore ricorda che a questa scoperta si collega, come ah biamo rilevato, il parallelo istituito dal Lafarguc

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